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EDITORIALI

Scommettere subito sulle primarie per ridare una speranza a Forza Italia

Redazione

La nomina di Antonio Tajani a presidente è giusta, ma la sua destinazione naturale non è quella del capopartito. Serve una figura in grado di avere iniziativa politica, di contribuire in modo riconoscibile all’alleanza di centrodestra con un taglio liberale

La nomina di Antonio Tajani a presidente di Forza Italia incaricato di preparare il congresso non era solo scontata: è anche giusta. Nel corso degli anni Tajani ha dato prova di serietà e impegno, ha disimpegnato funzioni istituzionali di grande prestigio, a cominciare dalla presidenza del Parlamento europeo, con impegno ed equilibrio. Naturalmente non è, non può essere e probabilmente non pensa di essere l’erede di Silvio Berlusconi, se non nel senso che ricopre la stessa carica apicale nel partito. D’altra parte sarebbe un errore cercare un erede, nel senso di una persona che abbia la stessa originalità e influenza nella vita pubblica e privata degli italiani.

Quello che si può augurare a Forza Italia è di individuare, meglio se attraverso un confronto franco e una verifica con consultazioni primarie, una figura in grado di avere iniziativa politica, di contribuire in modo riconoscibile all’alleanza di centrodestra con un taglio liberale. L’appellativo moderato, che viene usato a proposito e a sproposito, non basta a caratterizzare una presenza che viene dalla tumultuosa e creativa esperienza berlusconiana. A Tajani spetta il compito, tutt’altro che facile, di aprire una fase di confronto interno in cui non pesino tanto le cordate quanto l’originalità (ovviamente razionale) delle idee e delle proposte. Il contenitore ha una forma partito piuttosto anarchica e quindi spetta a chi detiene la presidenza far funzionare una macchina piuttosto arrugginita. Fare un congresso vero, cioè contendibile, di Forza Italia sarebbe, sarà vogliamo sperare, una novità assoluta e se Tajani ci riuscirà avrà diritto alla riconoscenza di tutti. La sua destinazione naturale non è quella del capopartito, piuttosto è quella di chi può ricoprire qualsiasi carica istituzionale, compresa la più alta, e forse è proprio la consapevolezza di questa destinazione personale che può dargli la forza e l’autorità per guidare un processo difficile definendone i princìpi e le regole per poi lasciare ad altri lo spazio per misurarsi.

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