(foto Ansa)

L'intervista

“Schlein fa bene a fare come fa”, dice il dem Francesco Boccia. Praterie al centro?

Marianna Rizzini

Il capogruppo del Pd al Senato: “Possiamo porci come forza trainante del campo progressista. Su alcuni valori si può condividere un percorso, ma ci sarà tempo fino al 2027. Sull’abuso d’ufficio ragioniamo per una limitazione”

C’è Elly Schlein, segretaria Pd, che dice “siamo qui per restare” e cita Diodato (“fare rumore”, ha detto in direzione, per accompagnare il lancio dell’estate militante, e parlare di “ciò che ci fa bene” invece di chiudersi “in un silenzio innaturale”). E ci sono i critici interni ed esterni di Elly Schlein, tra i moderati di centrosinistra, che avvertono: attenta a non regalare alla destra battaglie fondamentali, dalla crescita alla giustizia (i sindaci Pd hanno salutato con favore l’intervento di Carlo Nordio sull’abuso d’ufficio), e attenta alle ambiguità su Ucraina, M5s (no rincorse) e diritti (non inasprire su temi divisivi). Road map schleiniana per un Pd movimentista alla mano, si è consapevoli delle conseguenze, per esempio riguardo a un futuribile gonfiarsi di un centro moderato? Il capogruppo dem al Senato ed ex ministro Francesco Boccia non ha dubbi: la strada è quella giusta, le Europee sono il primo obiettivo “e non c’è tutta questa fretta di fare la contabilità dei futuri alleati”.

 

“Le critiche nei confronti della segreteria pd”, dice Boccia al Foglio, “partono dal punto di vista sbagliato: si tende a guardare la società di oggi con gli occhi di ieri, si ragiona in termini di consenso alla persona e non di consenso legato a un senso di appartenenza che si sviluppi attorno a valori condivisi e non attorno a leader solitari condivisi”. La sensazione, dall’esterno, è però quella della fatica dem di ritrovarsi attorno allo stesso tavolo. Boccia insiste: “Se si sottolinea quello che ci divide, invece delle 4850 cose che ci uniscono, è facile cadere in un giochetto che impedisce di vivere la nuova stagione politica. Bene fa Schlein a fare come fa, in vista delle Europee. O si preferisce che il Pd sia quello di gennaio – che i sondaggi davano al quattordici per cento – rispetto a quello di oggi, dato sopra al venti e orgoglioso di essere un partito che non ha proprietari e al cui interno è aperto il dibattito? Il trend è cambiato in nostro favore, anche se è un equilibrio di porcellana. Dico ai liberali (uso solo questo termine perché anche io mi sento progressista e riformista): siamo di fronte al governo più a destra della nostra storia repubblicana, fatto da forze politiche che in Europa siedono in tre raggruppamenti contrapposti, alcuni dei quali con venature antieuropeiste e nazionaliste e atteggiamenti discriminatori sui diritti. La sinistra ha il compito di parlare chiaro, non edulcorando il linguaggio”.

 

Linguaggio (di Schlein) che spesso non è piaciuto proprio ai riformisti liberali. “Ricordo che il Terzo Polo, nel frattempo diventato mezzo polo, all’inizio dell’anno cercava di indebolirci, mentre i Cinque stelle cercavano di superarci. Ora noi possiamo porci come forza trainante del campo progressista, magnete per movimenti civici e partiti che vogliano costruire un’alternativa a questa destra”. E se il magnete, attirando gli uni, spinge gli altri al centro? “Su alcuni valori condivisi possiamo condividere un percorso, lo facciamo già. C’è il tema del lavoro e della precarietà: noi diciamo no a un sistema di voucher che di fatto sdogana il lavoro a cottimo, e molti la pensano come noi. Anche su diseguaglianze, Pnrr e cambiamento climatico il fronte da costruire può essere ampio, ma non dobbiamo farlo domattina. Ci sarà tempo fino alle elezioni del 2027”.

 

Intanto c’è però chi, su crescita, giustizia e rapporto con il M5s non vuole aspettare domattina, onde evitare lo schiacciamento su Conte. “Sull’abuso d’ufficio noi ragioniamo, non da oggi, su una sua limitazione. Abbiamo il diritto di discuterne, credo. Schiacciati su Conte? Non mi pare. C’è un confronto permanente”. Con Matteo Renzi invece è conventio ad excludendum? “Nessuna preclusione, ma certo non siamo noi ad esserci alleati con la destra sul candidato alle regionali in Molise. Detto questo, in Parlamento la convergenza c’è, su alcune battaglie, con chi ci sta. E ieri, sul dl lavoro, la maggioranza è andata sotto in commissione Bilancio e ha accettato le condizioni dell’opposizione unita. È la dimostrazione che, quando si è uniti, anche questa maggioranza – che ha i numeri, ma è di cartapesta sui valori – può andare in crisi. E bene fa Elly a valorizzare un Pd che deve stare nelle strade, tra la gente, e portare le battaglie nelle piazze e in Parlamento”.

  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.