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L'astuto Giuseppi

Conte non è andato al funerale di Berlusconi “per rispetto”. Gli altri si vede che sono andati per dispetto

Salvatore Merlo

Il leader del Movimento 5 stelle rompe il silenzio che durava da qualche ora e spiega così le motivazioni della sua assenza alla funzione funebre del Cav. Complimenti per la straordinaria tenuta logico-consequenziale

Col suo eloquio così adeguato Giuseppe Conte non manca di pensiero. Spremere le meningi, infatti, gli è sempre costato molto. Ma è un’attività che non l’ha mai tradito. Ieri siamo stati dunque lieti di ritrovare l’onorevole, dopo qualche giorno di silenzio. Era infatti da mercoledì che non parlava. Cioè da quando si trovava a Roma al ristorante “Poldo e Gianna” a mangiare baccalà con l’ex ministro Patuanelli (attenzione: non si trattava di cannibalismo). In quell’occasione i giornalisti gli avevano chiesto come mai non fosse andato a Milano al funerale di Silvio Berlusconi. “Ve lo spiegherò presto”, aveva promesso lui.

Essendo Conte non soltanto un logico, ma anche un uomo di parola, la spiegazione non si è fatta attendere troppo. Sicché ieri mattina ha preso la forma di un lungo post su Facebook. In questi tempi di videomessaggi è da apprezzare che Conte scriva lettere come Jacopo Ortis. Lettere di questo tenore: “… ritengo una forma di rispetto nei confronti sia del dolore delle persone vicine a Berlusconi sia della storia del M5s non aver partecipato alla funzione funebre”. Insomma Conte non è andato al funerale per rispetto. E non fa una piega, ovviamente. Si vede che gli altri invece ci sono andati tutti per dispetto. Il concetto è persuasivo, convincente, ineccepibile: non per niente Conte guida il partito di Danilo Toninelli (l’indimenticabile ministro dei Trasporti che confondeva un rimorchiatore con un incrociatore).

Per essere ammessi nei 5 stelle, si sa, bisogna d’altra parte rispettare certi standard di acume. Figurarsi per guidarli. Dopo aver scritto (anzi condensato) un pensiero così complesso, così ben argomentato, di così straordinaria tenuta logico-consequenziale, un altro uomo si sarebbe sentito distrutto. Ma non lui, non Conte. Non Giuseppe. Lui sta benissimo. Infatti un nostro amico, che è anche suo amico, ha telefonato ieri sera a casa sua per chiedere notizie e le ha avute ottime. “E la faccia, com’è la faccia?”. “Bruna, levigata, a tratti marcati: sembra di bronzo“. Ecco, appunto.

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  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.