Viale Mazzini

I pensieri del dg Rai, Giampaolo Rossi, e i messaggi alla Lega: "Se la Rai cade, l'Italia cade"

Carmelo Caruso

Contro l'amichettismo di sinistra e contro gli affossatori della Rai. "C'è l'idea che la Rai sia da chiudere, è il partito che tifa contro la Rai". L'uomo di Giorgia Meloni in difesa della tv pubblica

Chi vuole bene alla Rai parla così: “C’è chi tifa la chiusura di questa azienda e chi crede invece che la Rai sia un’azienda dalla sterminata ricchezza. C’è chi si batte per la fine della Rai e chi ritiene invece che senza la Rai saremo italiani meno liberi, meno colti, meno informati. Io appartengo ai secondi. Se la Rai cade, l’Italia cade”. Sono pensieri del nuovo direttore generale della Rai, Giampaolo Rossi, il signor Rai di Giorgia Meloni e sono pensieri che ci vengono trasferiti da persone care a Rossi. E’ giusto precisare dunque che sono infedeli nella forma, ma fedelissimi nella sostanza. Sono imprecisi nello stile, ma rigorosi nel contenuto. C’è oramai più verità nei colloqui afferrati, e riformulati, che nelle interviste rilasciate per convenienza e riscritte con la penna della vanità. Rossi e Roberto Sergio, l’ad Rai, si presenteranno domani in Commissione di Vigilanza Rai e risponderanno alle domande dei parlamentari. Ne mancherà una che invitiamo il Pd a formulare: “La posizione del governo Meloni, sulla Rai, qual è? E’ quella di Rossi o è quella della Lega, che deposita disegni di legge per abolire il canone? L’idea della Lega, di Matteo Salvini (e si può condividere o meno, ma è la sua) è che il canone vada progressivamente superato (entro cinque anni) e che la Rai vada messa sul mercato.  La Rai deve vivere o  deve morire?


L’idea di Rossi (ma è anche quella del ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano) è questa: razionalizzazione dei costi, ma salvaguardando il canone. Sembra essere la stessa posizione del Mef.  Dice Rossi che “nei prossimi anni, le forze di maggioranza, la Lega per prima, dovranno decidere cosa vogliono fare della Rai, un’azienda che ha un milione di difetti, ma anche un miliardo di pregi. Si tende a dimenticare che Rai significa audiovisivo, cinema. Senza Rai non avremo cinema italiano, fiction italiana”. Ma l’Italia si può permettere la Rai? Per il governo Meloni sarà decisivo rispondere. Per Rossi “è indiscutibile rivedere i costi della tv pubblica, ma prima ancora si deve invertire il racconto. La Rai in questo momento va difesa da chi la maltratta, da chi la vuole ridimensionata. C’è un partito anti Rai sempre più consistente che pensa che la Rai vada affossata”. La Rai si trova a un bivio. E’ sfidata, nei contenuti, da colossi come Netflix e Amazon Prime, ma è sfidata anche da Google che punta a strappare pubblicità e che vuole pesarsi con Auditel. Per i nuovi dirigenti Rai il progetto di Google è addirittura più ambizioso. I grandi colossi vogliono scardinare il sistema Auditel che offre delle proiezioni. Al contrario di Auditel – si ragiona in Rai – Google può vantare dati precisi che riguardano le visualizzazioni. La richiesta di Google, e raccontata dal Foglio, mira a demolire un sistema come Auditel che finora è stato il metro unico per vendere pubblicità. Gli effetti sarebbero drammatici. Chi lavora nel settore immagina che questa offensiva aprirà scenari e contenziosi che coinvolgeranno anche l’Antitrust. E’ un caso, o forse non lo è, ma, proprio ieri,è stato  sostituito Michele Ainis, membro Antitrust, il cui mandato era terminato. La scelta è caduta su Saverio Valentino, figlio dell’ex senatore Giuseppe Valentino (Msi, Pdl).

 

E’ una nomina fortemente voluta da Ignazio La Russa. La Rai finirà per saldare sempre più FdI e Forza Italia e per allontanare la Lega da FdI. E’ una battaglia che Salvini, con il suo fiuto, non intende abbandonare. Ha promesso il superamento del canone tra cinque anni. Parlare di “Rai 2030?” non è una fantasia. Giancarlo Giorgetti ha una posizione diversa, più prudente rispetto a quella del suo segretario, ma solo per via dell’incarico che ricopre. E’ dell’opinione che il canone vada tolto dalla bolletta, ma è consapevole che la Rai senza canone sarebbe una sciagura sociale. Non ci sono solo i tredicimila dipendenti, ma anche i collaboratori. Si parla di quarantamila. Per l’abolizione del canone si batte il sottosegretario leghista Alessandro Morelli. Secondo Rossi sta vincendo il racconto di una Rai quasi da decarbonizzare come fosse l’Ilva. “La Rai ha senza dubbio pagato quel fenomeno di amichettismo che ha portato a gonfiare i costi delle produzioni. E’ stato l’amichettismo il vero guasto della Rai”. E’ una Rai che “non ha allontanato né Fabio Fazio né Lucia Annunziata”. E infatti, per Rossi, “legittimamente, sia Fazio sia Annunziata, hanno scelto l’addio, ma per ragioni che non hanno nulla a che vedere con le ragioni editoriali”. Si avrà una Rai, e lo si vedrà già nei prossimi palinsesti, sicuramente più parsimoniosa, e sarà una Rai chiamata a risolvere anche il caso dei 247 lavoratori atipici. Elly Schlein non si è neppure accorta che una delle battaglie di cui tanto parla, la combatte il giornalista che spesso, per conto della Rai, raccoglie le sue dichiarazioni. In Rai sono 247 gli atipici, lavoratori esterni, giornalisti, conduttori, inviati, assunti come programmisti ma che svolgono lavoro giornalistico. Sia Sergio sia Rossi potrebbero concludere il loro percorso di “stabilizzazione”. Dice sempre Rossi, ma sono pensieri dalla sua pipa, che oggi in Rai non esiste la destra e la sinistra, ma solo due partiti. Uno è quello dei becchini Rai, l’altro è quello degli infermieri Rai. Solo il Pd non si  avvede che sta perdendo pure questo fondaco. I leghisti sono arrabbiati neri con la Rai e i neri di Meloni sono gli unici Rossi della Rai.
 

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio