(foto Ansa)

il duello

Schlein e Bonaccini non si vedono (e nemmeno si parlano). Ma che succede nel Pd?

Luca Roberto

La segretaria chiede al governo un commissario alla ricostruzione "che conosca il territorio". Ma dimentica di fare il nome del presidente dell'Emilia-Romagna. E il rapporto tra i due è sempre più enigmatico

I malpensanti sostengono che non si sopportino affatto. E forse arrivano a conseguenze un poco affrettate. Perché in realtà tra Elly Schlein e Stefano Bonaccini corre semplicemente la distanza che corre tra due personalità che non potrebbero essere più diverse. Quasi inconciliabili. E anche se tra i due i rapporti rimangono secondo i più “cordiali”, per quanto almeno un po’ enigmatici, non c’è mai stato un momento in cui si percepisse, anche prima di sfidarsi alle primarie, che fossero esattamente sulla stessa lunghezza d’onda.

 

Ieri la segretaria del Pd ha insistito, in chiave anti governativa, sulla necessità di nominare un commissario per la ricostruzione nelle zone alluvionate dell’Emilia-Romagna. Dovrebbe essere, nelle indicazioni di Schlein, una personalità “che conosca il territorio e che sappia lavorare con una filiera istituzionale già rodata”. Più o meno quanto aveva detto il giorno prima durante una diretta su Instagram. In quell’occasione aveva chiesto a Meloni di non assecondare “scelte politiche o interessi di bottega”. Solo che da quando è scoppiata l’emergenza in Emilia-Romagna, a molti non è sfuggito un dettaglio: la nuova capa dem si è sempre scordata di avanzare un nome preciso. E cioè per l’appunto quello di Stefano Bonaccini. Quanto meno singolare visto che dopo averlo battuto nei gazebo a fine febbraio Schlein ha sempre professato la volontà di tenere unito il partito, promuovendo il suo sfidante di allora al ruolo di presidente del Pd. E allargando la sua segreteria a fedelissimi di Bonaccini come Davide Baruffi, nominato nuovo responsabile degli Enti locali.

 

Chi col governatore si confronta quotidianamente dice di non vederlo preoccupato dal rapporto con la sua segretaria. E infatti sempre ieri Bonaccini ha voluto difendere pubblicamente Schlein. Le elezioni amministrative sono state “una sconfitta netta del Pd” e una “vittoria netta della destra”, ha spiegato. “Ma addossare responsabilità a chi è arrivato da pochi mesi sarebbe un errore clamoroso. Nel Partito democratico  sono stati consumati troppi segretari da quando è nato perché al primo risultato non positivo ne nasce un processo. E’ troppo presto per questo”, ha aggiunto. Da vero uomo di apparato, provenienza Pci, non avrebbe mai inferto un colpo alla sua leader. Non ha intenzione di farlo nemmeno nelle settimane a venire. Perché, come ha detto ad aprile, “abbiamo il dovere di andare d’accordo con Elly”.

 

Certo, così come ha apprezzato la visita non scontata di Meloni, le foto che li ritraggono insieme in un abbraccio nelle zone colpite, le parole di elogio della premier che del presidente dell’Emila-Romagna ha parlato come di una persona “con cui stiamo lavorando molto bene”, Bonaccini riconosce come in effetti una manifestazione di vicinanza della sua leader di partito pure sarebbe stata bene accetta. Perché è vero che Schlein in Romagna c’è stata, nell’imolese, il 23 maggio. Però è anche vero che della sua visita non sapesse nessuno (se non alcuni amministratori locali). Sembra anzi essere stata studiata con l’obiettivo di evitare photo opportunity. Quasi che volesse nascondere il passato da vicepresidente di Bonaccini con una delega specifica al “patto per il clima” che comprendeva il contrasto al dissesto idrogeologico.

 

Chi li osserva da Bologna, ne conosce i pregressi, il modo in cui si sono conosciuti, la frequentazione ai vertici delle istituzioni emiliane, racconta il loro rapporto come inficiato da un grosso scontro culturale che almeno in parte viene temperato dalla beltà delle maniere. Anche se un po’ l’impressione di scarsa riconoscenza c’è. Perché Schlein, in effetti, la politica italiana l’ha scalata facendo emergere tutte quelle istanze che di più la allontanano da quello che per oltre due anni e mezzo è stato il suo presidente. E adesso che lui ne prende le difese, percepisce che forse dall’altra parte non c’è tutta questa volontà di ricambiare. Anche perché Bonaccini con Schlein ha lo stesso problema che hanno con lei altri dirigenti e parlamentari del Pd: è difficile da rintracciare, ci parla raramente. Di sicuro meno che con il governo e con la premier.

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