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l'intervista

Castagnetti: “L'effetto Schlein non c'è stato. All'opposizione non serve il turismo politico”

Marianna Rizzini

Siamo sicuri che lo spostamento a sinistra, sempre più a sinistra, "sia la risposta alla difficoltà del momento?", dice il dem riformista cattolico (ex diccì). "L’opposizione deve combattere in Parlamento ribaltando punto per punto quello che non va. Non ci si può permettere di scivolare via dai temi urgenti"

“Non è un anno di turismo politico, quello che ci aspetta, e non si può surfare sui problemi”. Pierluigi Castagnetti, nome storico non soltanto della vita dem ma della Dc, oggi presidente della Fondazione Fossoli, già segretario del Ppi, deputato, eurodeputato, vicepresidente della Camera, al Pd “vuole bene”, dice, ma, visti i risultati del voto amministrativo (“un effetto Schlein non c’è stato”), non crede si possa tacere su quelle che gli appaiono, oggi, come pericolose criticità, tanto più “visto il rischio di ritrovarsi, nel giro di dodici mesi, e cioè nell’estate del 2024, con un’Europa snaturata nella sua natura solidaristica, e con la prospettiva di una saldatura tra forze nazionaliste che sanno, oggi, di essere a pochi centimetri dall’obiettivo” di uno stravolgimento tale “da rendere irriconoscibile la Ue” per come l’abbiamo conosciuta finora.

“Non ci si può permettere di scivolare via dai temi urgenti. L’elettorato, specie quello più giovane, chiede che si lavori su temi concreti, concretissimi”, dice Castagnetti, di fronte a una segreteria Pd “che ha perso l’occasione di riunire la direzione subito dopo il voto amministrativo, per un’analisi profonda della sconfitta. In questo si è dimostrata in linea con i predecessori, Elly Schlein. Ma se vuole, come ha detto, essere diversa, non dovrebbe allora fare qualcosa di diverso, a partire dall’affrontare i nodi fermandosi, esaminandoli, studiandoli e mettendoci la faccia?”. E ieri Elly Schlein la faccia l’ha messa, su Instagram, per ribadire il suo “siamo qui per restare, mettetevi comodi”. Restare, sì, ma come?, è però il problema secondo l’ex uomo diccì Castagnetti che, a distanza di decenni, scherza sull’aggettivo “doroteo” di democristiana memoria, in un momento in cui il disagio cattolico e riformista nel Pd è alto, per esaltare “l’arte del mediare anche quando non se ne sente la necessità immediata, perché non abbiamo bisogno di radicalismi, adesso” e per sottolineare il concetto: siamo sicuri che lo spostamento a sinistra, sempre più a sinistra, “sia la risposta alla difficoltà del momento, specie in una fase di transizione, in mezzo alle facili risposte dei populismi, quando invece bisognerebbe, come dicevo, studiare e dimostrare a un elettorato esigente che si è capito come intervenire”?

Attenzione a non sentirsi “comodi” nell’opposizione fatta soltanto di frasi reiterate sulla falsariga del refrain “Giorgia Meloni venga a riferire in Parlamento”, dice Castagnetti – che ha notato, nei telegiornali della sera più spostati a destra, “una sorta di intuizione malevola: far vedere, appunto, i dirigenti della sinistra che battono sempre sullo stesso tasto, chiedendo al governo di riferire in Parlamento: “Ma intanto l’opposizione deve combattere, in quello stesso Parlamento, ribaltando punto per punto quello che non va, ogni giorno, sul campo, a partire dalle scadenze legate al Pnrr, e non solo. Lo si metta sottosopra, il Parlamento, se occorre, sui problemi urgenti”. Per esempio quello della Sanità pubblica, dice Castagnetti: “Sappiamo che non ci sono medici, che quelli che ci sono oggi spesso vanno nel privato; sappiamo che le liste d’attesa per analisi e visite sono lunghissime. Per non dire della scuola pubblica. Ecco, ci sono argomenti che vanno tradotti, adesso, nella lingua parlata da persone che vogliono poter credere che la politica è pronta a proteggere, proporre, agire”.

A Castagnetti pare insomma che non si stia facendo opposizione come la situazione grave richiederebbe: “Si può continuare a dire no al Mes? No che non si può; su questo l’opposizione mobiliti se stessa e il paese”. Il paese però non è parso, nell’urna, sufficientemente mobilitato pro Pd. “Per guidare un partito”, dice Castagnetti, “bisogna coinvolgere, e coinvolgere prima di tutto i ragazzi e le ragazze che hanno votato Schlein come nuova segretaria, sull’onda di un forte investimento emotivo. Ma, una volta finito l’agonismo delle primarie, bisogna che il linguaggio nuovo venga usato per dire delle cose, altrimenti quei ragazzi saranno i primi a incalzare il partito. Altro che discussione sui capilista alle Europee, per la verità frutto di ragionamenti di alcuni nuovi dirigenti pd, e non tanto di quelli della neo-segretaria. Ma davvero stiamo discutendo di questo? Davvero, di fronte al pericolo di un’Europa a trazione nazionalista, vogliamo farne una questione di genere, e discutere se il capolista dovrà essere o meno un uomo del calibro di Paolo Gentiloni? Qui il punto è aver presa sull’elettorato, e prendere consapevolezza di quello che si muove attorno a noi, in Europa e nel mondo”. Si responsabilizzino i gruppi parlamentari, dice Castagnetti, “per assumere le iniziative che servono, al di là degli slogan. Non basta dire ‘l’ascensore sociale deve ripartire’. Bisogna comprendere e fare scelte. Dirsi dove si è sbagliato. O si vuole avere paura della verità?”.

 

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.