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Terzo polo al bivio

Obtorto collo, Renzi e Calenda in tregua informale in Senato

Marianna Rizzini

L'ex premier dà il suo ok al documento unitario dei due partiti. Il leader di Azione conferma: "Il gruppo parlamentare resterà unito"

Partendo dalla fine, cioè dalla riunione congiunta in Senato dei senatori di Azione e Italia Viva, la linea pare quella di non rompere i gruppi e passare senza troppe scosse per la riunione di domani alla Camera, dove le asperità sono minori, per presentarsi uniti (anche se, per i falchi, obtorto collo) all'evento romano di Renew Europe di mercoledì 24 maggio con un progetto di una lista comune di tutti i riformisti nel 2024 (non conviene a nessuno andare divisi alle Europee, per non dire dei gruppi in Parlamento, è il concetto). E si capisce dal lessico che è tempo di sospensione obbligata delle ostilità, quando, durante la riunione serale in Senato dei senatori di Azione-Italia Viva, esce una nota di Iv che invita “le forze politiche a collaborare per la creazione di una lista unitaria per le elezioni europee del 2024, allargata a tutte le forze che si riconoscono in Renew Europe” e esorta i “singoli senatori del gruppo ad attenersi ai principi di lealtà e correttezza come previsto dall'art. 14 del Regolamento del gruppo”. Poco prima, da Azione, era giunta la precisazione che segnava il confine calendiano: “Come dichiarato da Calenda sul Corriere della Sera di domenica, Azione parlerà con tutti i soggetti appartenenti a Renew e deciderà autonomamente in autunno come e con chi andare alla europee anche sulla base dei comportamenti tenuti dai potenziali partner”. Fatto sta che la tregua, pur forzata, si è materializzata nel “ciao” detto in Senato da Renzi a Calenda e da Calenda a Renzi, dopo giorni di afasia diretta e iper-loquacità indiretta.

Uno (Carlo Calenda, leader di Azione) aveva detto al Corriere di “aver preso”, da Italia Viva, “ogni giorno una randellata”. L'altro, Matteo Renzi (leader di Italia Viva e direttore del Riformista), aveva detto alla Stampa che Calenda, da lui nominato “ministro, viceministro, ambasciatore”, forse non era “adatto per la leadership” di un partito, pur essendo adatto a fare altro, per esempio il sindaco di Roma, carica per cui Calenda si era candidato, sostenuto da Renzi medesimo. E se Calenda era apparso accorato rispetto ai comuni destini (“senza i gruppi parlamentari crolla tutto”), Renzi era sembrato sibillino quanto basta per far pensare, nelle retrovie di Azione, questa mattina, che la situazione, da grave ma non seria (Ennio Flaiano dixit), fosse diventata grave ma anche serissima (“…quanto alla rottura dei gruppi, non saremo noi a provocarla”, ha detto l'ex premier, tuttavia aggiungendo che “il problema non è rompere i gruppi ma smettere di rompere le scatole ai cittadini”). E insomma, i due fratelli coltelli quasi separati si erano così predisposti, con sottofondo di opposte ansie presso tutto lo stato maggiore dell'uno e dell'altro partito, alla riunione in Senato, prevista all'inizio per sabato e poi spostata, anche per la difficoltà di trovare un eventuale punto di caduta comune dopo i giorni, se non dell'odio, quantomeno della forte insofferenza reciproca. Già nel pomeriggio di oggi, però, si era capito che l'entità della posta in gioco (il prezzo elettorale da pagare, in un modo o nell'altro, per non dire della perdita di risorse) non rendeva certo più negoziabile, per i renziani, il confine della trattativa, anche vista la presenza in agenda dell'evento di Renew Europe. Della serie: o lista unica per le Europee o niente.

Intanto la capogruppo in Senato di Italia Viva-Azione Raffaella Paita aveva annunciato l'intenzione di presentarsi in Senato con un documento da sottoporre all'attenzione dei colleghi calendiani per chiedere “un impegno esplicito sulla lista unica alle Europee”. Da mettere ai voti? “Proponiamo di interrompere le aggressioni personali e di rilanciare la scommessa europea. Vediamo chi ci sta e chi è contrario, basta attacchi in stile grillino”, diceva Paita. Renzi, nel frattempo, intervistato da Metropolis (gruppo Gedi), ripercorreva i giorni passati, quelli che Calenda sul Corriere aveva cercato di chiudere in una scatola per rilanciare i gruppi disegnati in origine dal mandato elettorale comune. “Trovo imbarazzante quello che è successo”, diceva Renzi nel frattempo: “Di fronte ai casini mondiali, il Terzo polo ha fatto una figura incredibilmente negativa... la questione politica che ci si trova ad affrontare è una: vogliamo andare insieme elle Europee, si o no? Se dite che ognuno va per i fatti suoi, partita chiusa, ognuno va per i fatti suoi anche nei gruppi...Se invece dite andiamo insieme, vogliamo fare un'operazione che allarghi, noi ci stiamo”. Anche Calenda aveva accennato, d'altronde, “alle ora drammatiche” vissute dall'Emilia Romagna (“no alle polemiche spicciole”, era il corollario).

Fatto sta che, mentre i renziani, a monte della riunione, ribadivano il passaggio del confine Iv-Azione per il confronto sui punti “fine ostilità mediatiche” e “lista comune alle Europee”, trapelava la notizia della presenza, in vista della riunione in Senato, di un documento firmato da tutti i senatori e deputati di Azione, Calenda compreso, con richiesta di condivisione oggi al Senato e domani alla Camera. Punti focali, proprio lo “stop alle ostilità”, la ripresa di un lavoro di “leale collaborazione a livello parlamentare e territoriale” e la “valutazione, con le forze di Renew Europe, di una lista comune per le Europee”. Postilla: con gruppi comuni uniti. “Se hanno cambiato idea bene”, era il commento di Renzi, prima della riunione propedeutica latregua. “Premesso che”, si legge nel testo del documento-proposta che Azione ha portato in Senato, “Azione e Italia Viva hanno dato vita a una lista unica alle elezioni politiche”, e che “la lista ha preso più di due milioni di voti, equivalenti al 7,78 per cento del totale dei voti espressi”, che “i due partiti hanno dato vita a gruppi unici alla Camera e al Senato, e si sono impegnati a mantenerli per la durata della legislatura; che Azione e Italia Viva siedono nello stesso gruppo, Renew Europe, al Parlamento Europeo e che il processo di costruzione del partito unico si è interrotto e il rapporto tra i due partiti si è profondamente deteriorato nelle ultime settimane”, i parlamentari di Azione ritengono che “i gruppi parlamentari debbano rimanere uniti, essendo questo un mandato preciso degli elettori del Terzo Polo”, che “debbano immediatamente cessare tutte le iniziative ostili” e che “occorra valutare, con tutte le formazioni politiche e le associazioni appartenenti all’area di Renew Europe, a partire da PiùEuropa e dai liberaldemocratici europei, la possibilità di costruire una lista comune per le elezioni europee del 2024”.

Il partito unico è morto prima di nascere, si intende (“la decisione verrà presa in piena autonomia dagli organi di tutti i partiti coinvolti nei tempi utili alla partecipazione alle Europee”), ma la speranza che il tutto non deflagri irreparabilmente era palpabile, prima che la riunione cominciasse, con due opposti scenari possibili: rottura o ricomposizione parziale, a partire da due documenti in qualche modo fusi in un terzo.

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.