Piero Fassino con Lorenzo Guerini (Ansa)

L'intervista

Fassino: “Schlein non si fidi di chi vuole il Pd solo all'opposizione”

Gianluca De Rosa

“Non condivido la scelta di chi ha deciso di lasciare il partito. I dirigenti facciano in modo che tutti si sentano nella propria casa e nessuno sia indotto ad andarsene”, ci dice il deputato dem

“Rispetto chi ha scelto di lasciare il Pd, ma non condivido quella scelta perché le battaglie si fanno dentro. Dopo di che chi dirige il partito deve riflettere e fare in modo che tutti si sentano nella propria casa e nessuno sia indotto ad andarsene”. Piero Fassino, ultimo segretario dei Ds, fondatore del Pd e suo deputato, commenta le ultime fuori uscite dal Pd di Elly Schlein. Prima Enrico Borghi, passato al Terzo polo, adesso Carlo Cottarelli che lascerà il suo scranno al Senato. Fassino non ha sostenuto Schlein al congresso, osserva la segretaria con attenzione, ma senza pregiudizi. “Lo spostamento a sinistra del partito – dice – per adesso è una sensazione, anche diffusa, ma non un ancora un fatto. Dal punto di vista fattuale non ci sono scelte politiche che configurino questo spostamento, come si è visto sull’Ucraina. Persino il Jobs act, criticato a parole, non è stato messo in discussione nelle proposte”.

 

Eppure molti osservatori vedono più un’attenzione comunicativa a non far trasparire nelle dichiarazioni questo movimento a sinistra che di fatto starebbe però avvenendo. “Il Pd – dice Fassino – e’ nato come un partito plurale, riformista e per aspirare al governo. Le ragioni che nel 2007 ci spinsero a fondarlo sono valide ancora di più oggi che lo scenario si è spostato a destra. La mia valutazione sulla Schlein dipenderà non da un pregiudizio, ma dalle scelte che farà: se saranno coerenti o meno con le ragioni fondative del Pd e la sua ambizione maggioritaria. Certo non potrei condividere la nostalgia di chi preferisce stare all’opposizione tutta la vita. So che c’è qualcuno che lo pensa ancora, ma sbaglia, e penso e spero che la Segretaria non si faccia condizionare da questo atteggiamento. Se vuole vincere nel 2027 di certo non può rinchiudersi un recinto minoritario”. Il deputato dem non ha alcuna intenzione di polemizzare con lei nemmeno sulla postura, un po’ benaltrista, tenuta durante il dibattito sulle riforme istituzionali. “Il Pd è andato la tavolo senza retropensieri per ascoltare perché c’è l’assoluta convinzione che sia importante dare al paese un assetto istituzionale compiuto, funzionante e decidente. Dopo di che è evidente che bisogna capire come si vuole riformare. L’impressione è che la destra voglia solo l’elezione diretta del presidente della Repubblica o del Presidente del Consiglio, di fatto cancellando la forma parlamentare su cui si poggia il nostro ordinamento. È un impianto populista, che mette a rischio il Paese e le sue istituzioni e a noi questo non va bene”.

 

Eppure le motivazioni della riforma le condivide. “È importante sia stabilizzare i governi, sia dare chiarezza agli elettori – dice –, ma per questi obiettivi non è necessario eleggere direttamente il Presidente della Repubblica, né il Premier. Si possono introdurre la sfiducia costruttiva, la facoltà per il Premier di nominare e revocare i ministri, una legge elettorale con un premio di maggioranza. Cancellierato e modello Westminster sono utili riferimenti”. Sull’autonomia differenziata invece Fassino sostiene che il Pd non sia ambiguo. “Bisogna chiarirsi sulle definizioni”, dice. “Autonomia differenziata, che cosa significa? Perché se stiamo parlando della bozza Calderoli allora quella è una proposta che spacca il paese in due, è sostanzialmente un sistema anarchico di indipendenze regionali. E allora, non possiamo che essere contrari. Se dopo aver definito i livelli essenziali di prestazione per garantire che ogni cittadino abbia diritto alle stesse prestazioni, si apre il confronto tra Governo e Regioni su come riarticolare i poteri, allora se ne può discutere. Non si può riformare il paese con l’etichette, riducendo anche cose così importanti a un tweet. La Lega sfrutta quest’ambiguità per spingere la sua riforma, ma anche i media dovrebbero sforzarsi di aiutare i cittadini a comprendere”. Il sentore dem sostiene che il Carroccio sul tema si muova cinicamente. “Calderoli – dice – gioca su due tavoli, da un lato istituisce una commissione sui Lep con i massimi esperti, a partire da Amato e Cassese, dall’altro prima ancora che quella Commissione abbia presentato un elaborato, incardina in Commissione Affari costituzionali una proposta che spacca l’Italia”.

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