Elly Schlein (Ansa)

Tentazione Aventino

Riforme istituzionali? No grazie. Il Pd pronto a strappare. Meloni: “Ma io vado avanti”

Simone Canettieri

La segretaria Schlein non crede alla possibilità di modifiche costituzionali collaborando con la destra: "Le priorità sono altre”. I dem vogliono sfilarsi per buttarsi sulla protesta. La premier: "Ho ricevuto il mandato dagli elettori”

Apertura concessa al minimo sindacale. Forse più una mossa mediatica  che altro. Sarà  la seconda volta di Elly Schlein  al cospetto di Giorgia Meloni. E questo basta agli stregoni della comunicazione del Pd. Quanto al merito della faccenda la segretaria ci crede poco e nulla alla possibilità di riforme condivise con la destra. E soprattutto se in mezzo c’è “la Costituzione più bella del mondo”. Dunque andare ed esserci, per poi sfilarsi al motto “le priorità sono altre”, dice Schlein nel giorno delle critiche del senatore dimissionario Carlo Cottarelli. 


E dunque no al presidenzialismo mai semipresidenzialismo, dicono dal Pd. Avanti con il modello tedesco del cancellierato. Ed è il minimo della concessione per farsi dire di no in un momento in cui l’ala riformista del partito che siede in Parlamento mostra segnali di insofferenza. Lo raccontano gli appelli di Lorenzo Guerini e le smentite di Pina Picierno (“Non lascio il Pd”). Sicché ieri la segretaria dem ha riunito deputati e senatori in vista di oggi. Il succo della proposta del Pd è questo: no all’elezione diretta del presidente del Consiglio e, men che meno, del presidente della Repubblica. Apertura, invece, all’ipotesi di cancellierato, con un pacchetto di norme che comprende anche la sfiducia costruttiva.

 

Il sospetto della segretaria è che al fondo della convocazione delle opposizioni ci sia la volontà di Giorgia Meloni di alzare una cortina di fumo sui dossier più impellenti e delicati per la maggioranza, dal Pnrr alla sanità, passando per i temi del lavoro e alcuni dossier internazionali. Fra questi, anche l’elezione del prossimo segretario Nato. Si parlerà anche dell’Autonomia differenziata. Al Nazareno è opinione diffusa che il dossier sarà portato avanti in parallelo a quello del presidenzialismo, per evitare strappi fra le forze politiche che sostengono il governo, ma anche per rassicurare i territori al Sud, dove l’ipotesi di Autonomia differenziata continua ad alimentare qualche malumore.

 

n questo caso a Meloni potrebbe tornare utile l’opposizione del Pd visto che gli storici dubbi di Fratelli d’Italia sull’autonomia tanto cara alla Lega. Assieme a Schlein, domani nella delegazione Pd ci saranno i capigruppo di Senato e Camera, Francesco Boccia e Chiara Braga, e il responsabile Riforme e Pnrr della segreteria dem, Alessandro Alfieri. “Andiamo a sentire cosa ha da dirci”, dice ancora Schlein  nel giorno delle opposizioni divise davanti alle riforme. Il M5s di Giuseppe Conte è sulla stessa linea del Pd.

 

Tentazione Aventino, manifestazioni e la speranza di sconfiggere il progetto al momento del referendum. Per l’ex premier il dialogo con Meloni può essere anche un’occasione per tornare più che centrale, sopratutto a discapito di Schlein. Ecco perché i rossogialli si annusano, pianificano strategie a lungo termine ma al momento sono pronti a marciare divisi. Così come il Terzo polo, unica forza che è pronta a porgere una mano “sull’idea del premierato e sull’idea di superare un bicameralismo che non funziona più”, dice Carlo Calenda anche lui oggi presente a Palazzo Chigi. Meloni dal palco di Ancona per una tappa elettorale ieri sera ha avvisato i naviganti con parole nette: “Della riforma costituzionale parlo con le opposizioni perché voglio che sia il più possibile condivisa, ma la faccio. Perché il mandato l’ho ricevuto dagli elettori”.

 

E queste parole della premier armano l’ala più oltranzista del Pd, quella che è pronta a gridare contro la deriva autoritaria della destra sulle riforme, appena la delegazione uscirà dalla sala della Biblioteca dove si svolgono gli incontri. C’è un pezzo di partito che dice a Schlein di sedersi per essere davvero della partita, per fare in modo che si compia la democrazia matura. E su questo aspetto vengono in mente le parole e gli appelli di Enrico Letta che da segretario del Pd ha partecipato a molte iniziative proprio con Meloni. Tuttavia la leader dem persegue un’altra strategia: conflitto, movimentismo, piazze. E il cantiere che prenderà il via oggi sarà solo un espediente per caricare la fionda del Pd.  L’esecutivo sembra voler far sul serio. Della delegazione governativa, con Meloni, faranno parte i vicepremier Matteo Salvini e Antonio Tajani, il ministro per le riforme istituzionali, Elisabetta Casellati, il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, i sottosegretari alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano e Giovanbattista Fazzolari, e il costituzionalista Francesco Saverio Marini.

 “L’atteggiamento che mi aspetto è lo stesso che offro io: è di apertura” , sostiene la premier. Che continua: “Cerchiamo di capire se ci sono dei punti di sintesi in cui ci si può trovare tutti. Certo da alcune dichiarazioni che leggo vedo delle chiusure pregiudiziali del tipo non vogliamo nemmeno parlarne e non è quello che auspico”.  Si inizia alle 12.30.

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.