i nomi

Le nomine immaginarie di Meloni: Rai, Gdf, Enel. Un magistrato contabile per il Pnrr

Carmelo Caruso

Indecisa se presentare un decreto pro Fuortes, l'ad Rai, la premier è assediata dai fondi su Enel e contende a Giorgetti la Gdf. In Cdm la probabile nomina del prefetto di Roma. Selvaggi alla guida del Pnrr

Sono meloniani immaginari come i loro manager, le loro nomine e le loro purghe. Immaginifiche. Alla guida Pnrr hanno infatti sostituito la coordinatrice  Chiara Goretti con un magistrato contabile: devono “consumare” 190 miliardi  e chiamano una toga alla san Francesco. E’ così che il governo immagina di spenderli? Era immaginaria la nomina di  Donnarumma, come ad di Enel,  oggi senza ruolo. Era immaginario credere che quella di Scaroni fosse accettata facilmente dal mercato. Ed è, ancora, immaginario pensare che il decreto previsto oggi in Cdm (ci sarà?) , il decreto che solleva di peso il sovrintendente del San Carlo di Napoli, il francese Lissner (per fare posto a Fuortes) possa passare come norma “patriottica”. Erano dunque questi gli arditi di Meloni? Fuortes alla Rai, Starace all’Enel, il fondo Covalis, sui giornali, gli hanno già tolto lo scudetto.


E’ vero che Meloni, da domani, potrebbe sgranocchiare un pezzo di Rai, ma a che prezzo prende questa sciagurata televisione? A Palazzo Chigi, ieri, hanno trascorso un’intera giornata a chiedersi: “La mettiamo o no questa norma?”. Se dovessero inserirla (Salvini è indeciso) chi ci crederà che non sia una norma a favore di Fuortes? Lo spiegherà forse Meloni in una conferenza stampa, quelle che non vuole tenere? A Fuortes va perfino dato atto. Da solo, puntando il telecomando sulla tempia della Rai, è riuscito a sottomettere un governo, costringerlo a legiferare. E va precisato. Se questo decreto venisse approvato in Cdm, Fuortes, ne “prenderà atto” e si “confida” che, a inizio settimana prossima, rassegni le dimissioni. A che prezzo? I rapporti diplomatici con la Francia, inevitabilmente, si guasteranno ancora, e di più. Il Quirinale potrebbe avere perplessità. Chi studia diritto vuole vedere come è scritta, ma parla di una norma che rischia di avere “effetti violenti”. A Milano, ad esempio, a Meyer, altro sovrintendente de La Scala, che ha compiuto settant’anni, la norma si applica? Un costituzionalista: “Vige il principio di continuità. Non si applica”. Un altro: “In ogni caso dovranno pagare lo stipendio a Lissner”. Un terzo: “E’ una stupidaggine. I sovrintendenti stranieri sono parificati ai manager d’azienda. Possono essere sollevati in qualsiasi momento. Il problema è che, a sollevarli, nel caso di Napoli, dovrebbero essere il sindaco Manfredi e il governatore De Luca”. A che prezzo?

 

A Napoli, prevedono che De Luca, come è in suo potere, non voterà l’eventuale nomina di Fuortes. La si deve dire tutta. Lissner venne chiamato in Italia dall’ex sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, che voleva darsi un tono. In questi anni, molti hanno criticato l’operato di Lissner. Ma adesso Lissner diventa il “purgato Lissner”. Chi ricorderà le ombre? A che prezzo? Lo stesso fenomeno della Rai si verifica a Enel. L’ex ad Starace rilascia interviste dove si propone di accompagnare l’azienda. Fa in pratica l’outsider. E lo può fare. Lo fa perché i fondi d’investimento, che lo riconoscono, sono scettici sulla nomina di Scaroni a presidente Enel. Non significa che sia una nomina impossibile, né la si vuole giudicare, ma di certo, andava preparata. Racconta, alla Camera, Andrea Orlando, ex ministro del governo Draghi: “Le grandi partecipate sono aziende che hanno memoria e pure i fondi hanno memoria. Non è politica. E’ solo economia, denaro”. Starace, ad esempio, si sapeva che avesse un rapporto speciale con i fondi. Al governo bastava prendere le cronache finanziarie dello scorso anno e copiare. Quando su Generali si è scatenata una battaglia simile, con gli investitori istituzionali, l’ad di Generali (Donnet) e Mediobanca l’hanno vinta  perché hanno presentato progetti e piani. I mercati funzionano così, ma Meloni li conosce i mercati? Davvero Meloni non immaginava che gli americani non avrebbero detto la loro su Scaroni? Lo fanno con interviste, dichiarazioni puntute, come quelle che Alan Riley, del think tank Atlantic Council Global Energy Center, ha rilasciato a Repubblica. Per chi non lo sapesse era lo stesso think tank che ha premiato Mario Draghi. Anche questo è un complotto?

 

Su Enel il governo ha il controllo, la maggioranza, ma se un fondo come Covalis convince gli azionisti, le liste di minoranza, non sono più tecnicamente liste di minoranza. Contare in cda significa controllare il momento della decisione. Decidere è anche lasciare decidere. Sulla Gdf, e pure questa nomina dovrebbe arrivare in Cdm, insieme a quella del prefetto di Roma e di Pasquale Angelosanto (l’uomo che ha arrestato Messina Denaro), per prassi la nomina spetta a Giorgetti, di concerto con Crosetto. Tutti sanno che c’è una contesa tra Giorgetti, che vuole Sirico, e Meloni-Mantovano, che vogliono invece De Gennaro. Ebbene, che figura ci fa un ministro dell’Economia se a decidere il nuovo comandante della Gdf non è il ministro dell’Economia? E Meloni, che figura sta facendo con la sua base? I dirigenti di FdI hanno appeso sulle pareti il santino di Donnarumma, l’ad candidato a tutto. Era ad di Terna, poi era dato per certo a Enel. Ha perso sia Terna, sia Enel. E al momento non è andato alla guida di Cdp Venture Capital. Ora si dice Tim. E’ diventata la parabola Donnarumma come da sei mesi c’è la parabola Fitto. Ha nominato, ieri, il magistrato Selvaggi a capo della nuova struttura di missione del Pnrr. Sei mesi per una nuova struttura elefantiaca che fa dire, a chi ci ha lavorato: “Sembra un pretesto per bloccare il Pnrr”. Il governo Meloni è tutto qui: sono prudenti ma sempre in fuorigioco e quando giocano la lanciano in tribuna. Sono gli arditi imbolsiti.

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio