il viaggio

Meloni a Londra contro i tafazzisti: "I mercati sono con noi". Sul Mes tratta

Carmelo Caruso

La premier nella City incontra fondi, operatori finanziari e promette: "Spenderemo tutto il Pnrr". Pronta a cambiare registro su Rai, per il Cdm del primo maggio altre nomine

Meloni pride. Appena torna da Londra, ci pensa lei. Mai più un caso Def. I parlamentari che hanno doppi incarichi (e si intendono le piccole cariche locali) dovranno scegliere. Una sedia. Una sola. Si continua. Sulla Rai, a inizio settimana, si terrà una riunione con Tajani e Salvini, perché così, la Rai, non va. Al prossimo Cdm, primo maggio, oltre ai provvedimenti economici, potrebbero arrivare le nomine del comandante generale della Gdf, del prefetto di Roma. Sul Mes, la posizione del governo non cambia, ma la verità è che Giorgetti, all’Ecofin, tratta modifiche sull’Unione bancaria. E dunque basta fare i disfattisti, basta fare “i Tafazzi, perché non è vero che i mercati sono preoccupati”; “il Pnrr lo spenderemo tutto”, ha garantito Meloni agli uomini in grigio di Goldman Sachs, Lazard, Morgan Stanley, Bank of America, che con lei hanno alzato i calici, all’ambasciata italiana. Forse è servito questo Thursday shame, il giovedì della vergogna, che ha lasciato il segno sul volto del ministro per i Rapporti con il Parlamento di FdI, Luca Ciriani.


Di più cosa poteva fare?  Ciriani si appoggiava a una colonna e ai giornalista diceva : “Ho mandato mail, messaggi ai parlamentari. Di più, cosa potevo fare? C’è stato un ingiustificabile calo di tensione e di attenzione. Ma di più, cosa potevo fare?”. C’era pure chi, con faccia tosta, fra i cronisti, gli chiedeva: “Meloni  le ha chiesto le dimissioni?” e lui, con garbo, “ci conosciamo da tantissimi anni, ci siamo parlati”. Stava per singhiozzare. Era sincero. E infatti non c’era dolo in quelle assenze  dei deputati e non c’era neppure il calcolo, come qualcuno ha malignato (“Salvini voleva far fare una figuraccia a Giorgetti”), non era insomma l’assenza truffa, che, raccontava un vecchio ministro, “necessità di astuzia e, mi creda, l’astuzia difetta”. Avevano solo la testa in ferie ed è il peggiore castigo per il governo “non indietreggeremo”, per il ministro Sangiuliano, lui che ha tirato le orecchie a dirigenti assenteisti. Alla Camera, c’era chi voleva mettersi al muro, chi ha urlato più forte la sua vergogna, come il capogruppo di Fdi, Tommaso Foti, sperando così di ottenere per primo il “perdono” della Meloni: “Scusaci”. La verità è che, da anni,  non si vedeva, di venerdì, un Parlamento con ministri, vicepremier, sottosegretari, tutti quanti presenti, “ci sono, ci sono” per rivotare il Def, una parte, sotto gli occhi di Giorgetti, il ministro incuneato, “oggi non mi occupo di Mes ma solo di Mef”. Il cielo (l’Istat) deve aver avuto compassione di lui, lui che sta in mezzo a Meloni e Salvini, tra il Mes e il Mef. Si è svegliato, e ha svegliato Meloni, con due buone notizie. Il pil italiano, nel primo trimestre, accelera dello 0,8%. La Borsa era positiva. Volava per Stoccolma, per partecipare all’Ecofin, dove gli tocca il solito compito, dire che l’Italia non può ratificare il Mes, perché il Parlamento lo ha bocciato, ma  il governo può a sua volta riprovarci, proporre una variazione, ma, per farlo, serve un approccio più ampio, una modifica di cornice sull’Unione bancaria. Se solo potessero dire quello che pensano in segreto. I leghisti, che si occupano di economia, alla Camera, pregavano: “Se solo Meloni si convincesse sul Mes, che grande segnale darebbe”. Non ne possono più neppure loro di questo Mes e probabilmente neppure Meloni. In questo paese bisognerebbe premiare chi cambia casacca, chi cambia idea, perché non c’è nulla di più bello, anche in natura, delle foglie che mutano. Meloni, ad esempio, aiuterebbe il suo ministro, e dunque il suo governo che a prescindere dal complotto, vero o presunto dei mercati, viene sfidato dai mercati. Il fondo Covalis prosegue la sua battaglia su Enel. 

 

Che sciagura deve essere restare prigionieri del passato, ma anche vedere fantasmi ovunque, temere sempre che un giornalista sia, come negli anni Settanta, “un nemico da affrontare”. Da Londra, i colleghi italiani, che seguivano Meloni, ci telefonavano e  ci facevano sapere che, giovedì sera, si è improvvisato un punto stampa, ma solo con le agenzie, mentre “oggi una specie di tonnara, all’ambasciata. Sembrava di stare al Vinitaly. Imprenditori che cercavano di agganciare Meloni e che le porgevano bottiglie di vino con i bigliettini da visita. Scene che non ti dico.Tramezzini,  bollicine e Mes”. E’ vero che i giornalisti sono a volte dei satanassi e che, altre, non riescono a lusingare, ma non hanno motivo di nascondere che Meloni è “stata ricevuta al Policy Exchange”,  o che Lord Charles Powell, consigliere politico di Margaret Thatcher e di John Major abbia detto, della premier, “speriamo che resti a lungo”. Non eravamo a Londra, ma perché non dovremmo credere, come  comunica Palazzo Chigi, che era “nutrita la presenza del mondo della Finanza  e che i manager delle nostre grandi banche  erano allo stesso tavolo dei colleghi della Banca europea,  o, ancora,   che la premier ha sposato la linea Sunak sui migranti (“il modello Ruanda non è deportazione”?). A sera, Meloni concludeva la sua visita.

Notizie. A giocarsi la guida della Gdf è corsa a quattro (Cuneo, Carbone, Sirico, De Gennaro. L’ultimo non avrebbe il favore della Lega). Prefetto di Roma, il favorito è  l’attuale capo della Polizia o il suo vice. Infine. Elly Schlein, alla Camera, non voleva parlare di armocromia.

 

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio