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La premier e l'Europa

Meloni e la ratifica del Mes: “Ora si vada in Aula”, dice Luigi Marattin

Marianna Rizzini

Le parole che la premier ha detto a questo giornale potrebbero sembrare un'apertura alla ratifica del meccanismo europeo di stabilità. Ma le intenzioni del governo sono incerte. Parla il responsabile economico di Italia Viva

L’Europa, la guerra, l’economia, la ratifica del Mes. La premier Giorgia Meloni ne ha parlato ieri con questo giornale, con parole che potrebbero sembrare di relativa apertura (“…se invece il Mes si trasforma in un veicolo per la crescita – cioè quello di cui oggi ha bisogno un’Europa che affronta l’impatto economico della guerra in Ucraina con l’affrancamento dalla Russia, la concorrenza tra blocchi e i cambiamenti profondi provocati dalla pandemia, pensi all’impatto sul commercio al dettaglio, all’esplosione del commercio digitale e alle modalità di lavoro flessibile – allora siamo pronti a discutere. Questa è la linea del mio governo”).

Ma come si tradurrà, se si tradurrà, questa posizione in fatti? E come si può, dall’opposizione, incalzare il governo sull’argomento? Lo chiediamo a Luigi Marattin, deputato e responsabile economico di Italia Viva. “La presidente continua a fare una confusione incredibile”, dice Marattin, “e uso il termine ‘incredibile’ non come intercalare, ma sottolineando il fatto che è davvero difficile credere che un capo esecutivo possa non avere totale familiarità con gli strumenti dell’integrazione europea”.

Dicendo che “il Mes non va bene, e che serve invece l’unione bancaria”, Meloni dimentica “incredibilmente”, dice il deputato di Iv, “che la riforma del Mes fa parte dell’unione bancaria, in quanto attribuisce al Mes la funzione di ‘paracadute’ al Fondo di Risoluzione Unico in caso di gravi crisi bancarie di natura sistemica nel territorio dell’Unione. Quindi la riforma del Mes rende più forte ed efficace l’Unione bancaria, non sono in contraddizione. Che poi l’unione bancaria necessiti di completamento è fuori di discussione”. Secondo aspetto critico, per Marattin: “Che l’integrazione europea abbia bisogno di nuovi strumenti e nuovi avanzamenti è fuori di dubbio (anche se fa impressione vedere questa necessità in bocca a chi ha costruito una carriera politica contro l’Europa). Non solo serve completare l’unione bancaria, ma servirebbe una capacità fiscale a livello Ue, a mio avviso non aggiuntiva bensì sostitutiva rispetto a parte di quella nazionale, oltre a rendere strutturale l’esperimento del Pnrr (dopo aver dimostrato di saper spendere questo, perlomeno…) e oltre all’emissione di un ‘safe asset’ comune, il finanziamento dei beni pubblici europei, e tanto altro ancora”.

Si deve evidenziare poi, dice Marattin, che “il Mes ha un’altra funzione rispetto a tutti gli strumenti sopra citati: deve intervenire in caso uno stato membro perda l’accesso al mercato dei capitali. Se non c’è più nessuno disposto a prestargli i soldi per far funzionare la macchina pubblica quotidiana, invece di sedersi e vederlo fallire, glieli presta il Mes (ovviamente assicurandosi che non ripeta i comportamenti che lo hanno portato sull’orlo del precipizio). E questa funzione — anche qui, è incredibile che la presidente non lo sappia — è stata svolta bene dal Mes: in Grecia, in Irlanda, in Portogallo, in Spagna. E’ ovvio che quei paesi hanno passato guai seri, ma non va confusa la malattia con la medicina (e tutti ora si finanziano a tassi inferiori a quelli italiani, tra l’altro). Per ripetere una metafora che ho fatto spesso, dire quello che dice la Meloni equivale a dire ‘invece di mettere il defribillatore accanto ai campi di calcio, dovremmo rifare gli spogliatoi’. Sono due cose diverse, due funzioni diverse. E servono tutte e due”. Dal punto di vista politico, poi, chiede Marattin, “come si può pensare che si possano ottenere risultati favorevoli sui fronti elencati dalla Meloni se ci si mette di traverso su una questione (il Mes) che non solo è stata ratificata da tutti, ma che non ha creato neanche un istante di protesta in tutto il territorio dell’Unione? Le fesserie che si sono dette in Italia sul Mes (da Meloni e Salvini in primis) in Europa non le ha dette nessuno. In commissione Esteri c’è, a mia prima firma, il disegno di legge di ratifica della riforma del Mes. La maggioranza vuole fare audizioni per perdere tempo. Di tempo ne abbiamo perso anche troppo. Si vada al voto in Aula e facciamo esprimere il Parlamento sovrano”. Hanno sempre detto “sul Mes deciderà il Parlamento. Bene. Diamogli la parola”. 

 

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.