Pierre Gramegna (AP Photo/Olivier Matthys) 

La nuova strigliata a Meloni sul Mes

Valerio Valentini

Il boicottaggio della riforma da parte del governo finisce anche nel dibattito americano intorno alla stabilità del sistema bancario europeo. Il presidente del Fondo salva stati Pierre Gramegna: "Così l’Italia blocca tutti gli altri 19 paesi. Ma era al tavolo delle negoziazioni nel 2019 2020"

“Convincere”, e non “attendere”. E’ forse solo un indizio: ma è il segno, evidentemente, di una pazienza che va esaurendosi, di un’insofferenza che cresce. L’insofferenza, cioè, del presidente del Mes, Pierre Gramegna, di fronte alla cocciuta riluttanza del governo Meloni nel ratificare il nuovo trattato del Fondo salva stati. Per cui, se finora Gramegna, e insieme a lui il presidente dell’Eurogruppo Paschal Donohoe, pur non nascondendo un certo fastidio, erano sempre stati molto attenti nel rimettersi al volere di deputati e senatori italiani, stavolta il messaggio arriva più chiaro. “Continuo a dire ai membri del governo italiano che spetta a loro, ovviamente, convincere il loro Parlamento”, spiega Gramegna. “Si tratta di un paese sovrano, ma sfortunamente se l’Italia non ratifica, blocca tutti gli altri 19 paesi del Mes. Per cui io confido e mi aspetto che l’Italia mostrerà solidarietà con gli altri”, insiste il presidente del Mes. E lo fa durante un’intervista all’emittente statunitense Cnbc registrata venerdì scorso. Quando si dice: farsi riconoscere. Ecco insomma che il boicottaggio della riforma del Fondo salva stati da parte di Meloni finisce anche nel dibattito americano intorno alla stabilità del sistema bancario europeo.

  
Stavolta, però, i toni scelti da Gramegna, rispetto al suo fare accomodante del recente passato, sono netti. “Io credo che molte spiegazioni siano necessarie”, dice. Si riferisce a quelle che Meloni dovrebbe fornire per giustificare la sua contrarietà a un progetto voluto da tutta l’Europa. “Perché non c’è dubbio che il nuovo trattato sarebbe particolarmente utile in caso di turbolenze finanziare, come quelle a cui stiamo assistendo sui mercati proprio ora, dal momento che il Mes diventerà il backstop del Fondo di risoluzione unica in caso di necessità”.

 

E oltreché incomprensibile sul piano del merito, l’atteggiamento di Meloni è insostenibile anche su quello del metodo. “L’Italia era al tavolo delle negoziazioni quando si decise di rafforzare il ruolo del Mes, nel 2019 e 2020. Io stesso ero ministro delle Finanze del Lussemburgo, presi parte alle trattative”. E qui forse Gramegna pecca di ingenuità. Non sa che, a dispetto della posa da “grande Nazione” che Meloni mostra, nulla funziona meglio, nel Parlamento italiano, che dire questo: “E’ l’eredità dei precedenti governi”. E pazienza, poi, se a Bruxelles ci prendono poco sul serio. 

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  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.