Foto di Tunisian Presidency Handout, via Ansa 

colloqui diplomatici

Tajani alle prese col rebus Saied per arginare la crisi in Tunisia

Valerio Valentini

Impedire il collasso di Tunisi è necessario. Per cercare di sciogliere i nodi è arrivato a Roma il ministro degli Esteri tunisino Ammar per incontrare il suo omologo. Ma la strada per convincere Washington sembra ancora lunga

Saied chi? La domanda, al netto della celia, inizia a circolare tra gli osservatori europei. E dice di un timore crescente, condiviso anche da diplomatici italiani, rispetto all’impegno che il governo Meloni va assumendosi per convincere alleati europei e americani a sostenere il regime tunisino.

Non che ci sia un ripensamento, questo no. E del resto l’interesse italiano nell’evitare un collasso a Tunisi resta concreto: per la crisi migratoria che ne scaturirebbe, e per i conseguenti rischi imprevedibili sulla sicurezza energetica. Dunque, sì, todo modo per puntellare il presidente Kais Saied, ed è in questo sforzo che s’iscrive anche la visita del ministro degli Esteri tunisino, Nabil Ammar, che ieri sera è arrivato a Roma per avviare – partendo da una cena a tre al Circolo degli Esteri, location esclusiva sul Lungotevere – dei colloqui con Antonio Tajani e Olivér Várhelyi, il commissario europeo per le Politiche di vicinato.

E però, se lo zelo della Farnesina resta immutato, cresce anche, tra i corridoi di Palazzo Chigi, la consapevolezza dei rischi che l’esposizione italiana su questo dossier comporta. Il destino di Saied, stando a report di analisti europei molto letti dai nostri diplomatici in queste ore, pare assai periclitante, e questo al netto delle sue pur non brillanti condizioni di salute. Al tempo stesso, però, è lì che rimane concentrato il potere vero: negli immediati dintorni del presidente-despota, nella corte che lo circonda.

Una rete ristretta di legami, che tocca i servizi segreti locali e i vertici dell’esercito, impenetrabile o quasi agli stessi ministri del fatiscente governo tunisino. Per questo, anche la fatica per ottenere promesse e garanzie da parte di Ammar, come della prima ministra Najla Bouden, finisce spesso con l’essere vana. Il che rende difficile convincere Washington a promuovere il prestito del Fmi da 1,9 miliardi (al momento, non è neppure stata calendarizzata la data dell’eventuale discussione), ma rende difficilissimo ipotizzare, quando mai quelle risorse venissero sbloccate, una gestione ordinata del prestito.

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  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.