Il racconto

La fuga di Uss manda in tilt il governo. Nordio invia gli ispettori al tribunale di Milano

Simone Canettieri

L'evasione dell'uomo d'affari russo vicino a Putin è un caso nel giorno dell'audizione di Meloni al Copasir. "Non è colpa del governo". Il triangolo tra Servizi, Giustizia e Viminale

L’evasione di Artem Uss dall’Italia diventa un’ombra che insegue il governo, nel giorno della prima audizione di Giorgia Meloni al Copasir. E’ la storia abbastanza surreale dell’uomo d’affari russo nonché figlio del governatore di una regione siberiana molto vicino a Putin, scappato lo scorso 22 marzo da Basilio, un piccolo comune nel Milanese dove era ai domiciliari in attesa di essere estradato negli Usa. Una storia rocambolesca con tanto di braccialetto elettronico risultato poi “difettoso”, auto cambiate per la fuga, documenti falsi esibiti al confine triestino. E poi Slovenia e Serbia fino al ritorno in patria. Con tanto di sberleffo finale del diretto interessato (“Sono in Russia! In questi ultimi giorni specialmente difficili persone forti e affidabili mi sono state vicine. Grazie a loro!”) e del padre (“Grazie Vladimir!”). Questa storia, ancora tutta da chiarire nel cortocircuito tra servizi, ministeri della Giustizia e dell’Interno, si accende proprio nel giorno in cui Meloni varca l’ingresso di Palazzo San Macuto, accompagnata da Elisabetta Belloni, responsabile del Dis, e Alfredo Mantovano, sottosegretario con delega ai Servizi segreti.

 

Un’agenzia Agi,  finita l’audizione durata circa due ore, riferisce che Meloni a proposito di questo caso avrebbe detto  a proposito dell’evasione di Uss che “non è stata colpa del governo, ma di un altro organo dello stato”. Non bisogna essere  Montesquieu per dedurre che la premier avrebbe attaccato la magistratura per la gestione dell’arresto dell’uomo d’affari, bloccato lo scorso 17 ottobre su mandato dell’autorità di New York, per una sfilza di contestazioni: frode bancaria e violazione dell’embargo sul petrolio venezuelano.

 

Mancavano le prove, invece, sull'imputazione più delicata: il traffico di materiale militare “dual use” dagli Usa alla Russia nella prima fase della guerra in Ucraina. Il giallo si infittisce quando però arriva la netta smentita di Lorenzo Guerini, presidente del Copasir che in serata dice: “In relazione ad asserite dichiarazioni attribuite alla Presidente del Consiglio nel corso della sua audizione al Copasir, sulla vicenda della fuga del cittadino russo Artem Uss, si segnala che tali frasi non sono mai state pronunciate in seduta e pertanto sono da considerarsi prive di fondamento”.

 

Le audizioni del Copasir sono segrete, autorevoli fonti contattate dal Foglio confermano la versione di Guerini. Meloni avrebbe illustrato la situazione geopolitica tra guerra in Ucraina, crisi energetica ed emergenze sbarchi. Ma niente Uss. Vicenda da cui prendono le distanze anche i servizi di intelligence italiani contattati dal Foglio: “Ma cosa c’entriamo noi con delle frodi fiscali?”.

 

Rimangono però alcune zone d’ombra da illuminare. Com’è stata possibile l’evasione di Uss? Perché i primi di dicembre ha ottenuto i domiciliari con braccialetto elettronico (poi risultato mal funzionante) in un appartamento affittato per l’occasione, mentre la Procura generale era contraria e il dipartimento di Giustizia americano aveva messo in guardia sul fatto che potesse scappare? Allora forse, al di là della frase non pronunciata da Meloni, qualche problema c’è stato eccome.

 

E qui entra in scena Carlo Nordio, ministro della Giustizia. Nei giorni scorsi il Copasir si è mosso per avere notizie sulla vicenda. E in questo can can è uscita la notizia.

 

Ore 19.45, comunicato di Via Arenula: “Il ministro della giustizia, Carlo Nordio, ha disposto nei giorni scorsi accertamenti di natura ispettiva in merito alla sostituzione della misura della custodia cautelare in carcere con gli arresti domiciliari con braccialetto elettronico nei confronti del cittadino russo Artem Uss, in seguito evaso”. Non si tratta di un’ispezione fisica degli uomini del ministero, ma di una richiesta di documenti sulla vicenda. I campanelli a cui Nordio ha chiesto di suonare sono la Corte di Appello di Milano, il tribunale di Milano e, probabilmente, anche la Procura generale. Insomma, tutti gli attori coinvolti. E così la situazione diventa (si fa per dire) un po’ più chiara. Con le opposizioni che chiedono chiarezza ai ministri Nordio e Piantedosi sulla fuga dell’imprenditore russo. Dice il radicale Riccardo Magi: “Quando è stato arrestato Matteo Messina Denaro si è trattato di una vittoria dello stato di cui il governo si e' preso parte del merito. Sul caso Artem Uss, invece, il governo dice di non avere alcuna responsabilità. Nordio e Piantedosi rispondano alla interrogazione di +Europa e chiariscano come è potuta avvenire la fuga della spia russa nonostante il mandato internazionale”. Intanto al Cremlino forse se la ridono.

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.