(foto LaPresse)

I temi urgenti (oltre alla nuova segreteria)

Road map per un Pd che sia solida opposizione. Parla Matteo Orfini

Marianna Rizzini

"Sul Pnrr dobbiamo fare da presidio di fronte a una situazione potenzialmente dannosa per il paese". Colloquio con il deputato dem

Il tempo stringe, il Pnrr aleggia come fonte di speranza e di paura (paura di perdere i fondi europei) e il principale partito d’opposizione, il Pd, per quanto non premiato dal voto in Friuli-Venezia Giulia, si accinge a inaugurare una segreteria nuova di zecca (quella che la neosegretaria Elly Schlein varerà entro le prossime 48 ore).

 

Ma ci sono cose che il principale partito d’opposizione non può non fare (né può aspettarsi che le facciano altri, da altre istituzioni): per esempio definire una road map tematica su quello che conta davvero per poter attraversare con basi solide i prossimi anni di legislatura. Il deputato Matteo Orfini – che alle primarie non ha votato Elly Schlein ma che della nuova segreteria ha apprezzato l’iniziativa di andare a Cutro  – come molti colleghi è in attesa, dice, di capire su che cosa ci si concentrerà, “nell’ottica di costruire le condizioni per battere in futuro gli avversari politici nelle urne”. Per Orfini, intanto, il Pd “dovrebbe cercare di fare da presidio di fronte a una situazione potenzialmente dannosa per il paese. Non ci possiamo permettere di perdere i fondi europei, dobbiamo mettere in sicurezza, per così dire, questa grande opportunità che il quadro del Pnrr offre”.

Come? “Penso sia urgente”, dice Orfini, “agire in trasparenza. Il governo venga in Parlamento, tiri fuori le carte, esponga qual è lo stato dell’arte e come ha intenzione di procedere. Ripeto: la prima cosa è la trasparenza sui progetti. Solo così, poi, si potrà agire, evitando di danneggiare il paese e soprattutto non nascondendosi dietro altro – altre polemiche, altri soggetti – per aggirare gli ostacoli”. E ieri il governo si è detto disponibile a confrontarsi. Secondo punto della lista di priorità, per Orfini, è la questione del “consolidamento del rapporto con una parte del paese che ci ha votati, ma anche del recupero di un dialogo con chi ha votato centrodestra ma si sente già tradito. Alludo al blocco sociale che si aspettava provvedimenti che potessero alleviare condizioni di disagio, povertà, emarginazione. Ecco, si intravede una faglia in questo blocco, specie presso le fasce più deboli. E noi dobbiamo e possiamo evidenziare le contraddizioni della destra su questi temi, costruendo una strategia che ci permetta di intercettare chi si sente abbandonato, oltre alle tante persone che si sono rifugiate nell’astensione. Non solo: anche sul tema fiscale, sul sostegno alle imprese, sulla politica industriale c’è molto da fare. La destra ha fatto tante promesse; il Pd può aspettarla al varco della realtà e intanto porsi come forza politica propositiva”.

Quanto al lavoro, argomento molto battuto durante la campagna per le primarie, per Orfini “bene ha fatto Schlein a sottolineare la presenza di ‘milioni di lavoratori poveri’, quelli che non riescono a uscire dalla precarietà, magari anche sottopagati. Ora però il Pd deve fare uno sforzo per intercettare e poi rappresentare questi mondi. E la battaglia sul salario minimo –  sacrosanta e condivisa nelle opposizioni – non risolve tutti i problemi. Abbiamo tanti strumenti, a partire dalle leggi di iniziativa popolare, per cercare di agire, di far capire, di fornire un’altra prospettiva”.

 

C’è poi quella che Orfini definisce l’urgenza di “spezzare il nesso tra immigrazione e sicurezza, quando quello che manca è invece la capacità di integrare e di gestire. Non si può accettare la violazione dei diritti umani. Chiudere le persone nei lager per non farle partire non è una soluzione. Bisogna costruire le condizioni perché i diritti umani vengano rispettati, diciamolo forte”. E se alcuni ministri si sentono in diritto, dice Orfini, “di riscrivere la storia d’Italia”, le aree della scuola e della cultura “devono essere tenute al riparo da rigurgiti di revanscismo reazionario e da una certa visione securitaria. Abbiamo il compito di vigilare. Questo governo, il primo dopo il quarto governo Berlusconi, è un governo politico, sorretto da una maggioranza politica che si erge a rappresentante di un blocco sociale. Ecco, la destra in parte lo ha già tradito con la prima legge di bilancio, cerchiamo di disarticolarlo”.  

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.