Foto di Roberto Monaldo, via LaPresse 

L'editoriale del direttore

È ora di un Figliuolo per il Pnrr: senza un commissario, i fondi europei sono fottuti

Claudio Cerasa

Contro l’immobilismo serve seguire la linea di Mario Draghi. Servono deroghe, affidamenti diretti, poteri sostitutivi. E una figura possibilmente con pieni poteri. Subito

La severissima relazione della Corte dei conti sul Pnrr, ossia sul Piano nazionale di ripresa e resilienza, è stata utilizzata per affermare un principio molto caro a questo giornale, e a noi vedove di Mario Draghi, ed è stata utilizzata per dimostrare che quando c’era lui, ovvero Draghi, le cose funzionavano bene, mentre ora che c’è lei, ovvero Meloni, le cose funzionano male. A leggere i due lunghi tomi prodotti dalla Corte dei conti si intuisce però che nella relazione sul Pnrr vi è un elemento ben più interessante della polemica su quale governo ce l’abbia più lungo, il curriculum sul Pnrr, e quell’elemento riguarda il vero oggetto della denuncia contenuto nelle pagine della Corte dei conti: la presenza di un sistema burocratico lento, ingovernabile, inafferrabile, incapace di riformare se stesso in tempi utili per non sprecare l’occasione di spendere i 190 miliardi del Pnrr.

Il tasso di finalizzazione degli stanziamenti, scrive la Corte, è fermo al 41 per cento. Il livello di attuazione finanziaria, si legge ancora nel dossier, è al 6 per cento. E il rapporto tra la spesa sostenuta e il totale delle risorse a disposizione, anche a causa di una non centralizzazione dei centri di spesa (“il 53 per cento dei progetti e il 42 per cento del finanziamento delle misure ripartite vede come soggetto attuatore i comuni”) e anche a causa di una “modalità di reclutamento del personale dedicato al Pnrr con formule non stabili hanno fatto emergere non poche difficoltà, per le amministrazioni, nel garantire la continuità operativa delle strutture”, si attesta al 10 per cento nella maggior parte delle missioni, in tre casi non raggiunge nemmeno la soglia del 5 per cento e solo in un caso, nella missione “Infrastrutture per una mobilità sostenibile”, supera il 15 per cento.

L’incapacità strutturale dell’Italia a spendere i soldi che arrivano dall’Europa è purtroppo un elemento ricorrente nella storia del paese (dei 126,6 miliardi della programmazione dei fondi strutturali europei previsti tra il 2014 e il 2020 l’Italia è stata in grado di spenderne solo 43 miliardi e secondo una relazione presentata il 15 febbraio dal ministero per gli Affari europei, il Sud, le Politiche di coesione e il Pnrr vi è la consapevolezza “preoccupante che l’impiego delle risorse nazionali è fermo a livelli di molto inferiori rispetto alle risorse europee”). 

Di fronte a un quadro strutturale così preoccupante, la maggioranza e l’opposizione, più che giocare al rimpiattino, più che rimpallarsi le responsabilità del Pnrr bloccato, dovrebbero assumere una consapevolezza simile a quella maturata nel 2021 quando Mario Draghi arrivò al governo consapevole di dover dare una svolta sui vaccini. E la soluzione è semplice: scegliere con urgenza, per aiutare il ministro Fitto, una figura simile a quella messa in campo dal governo Draghi sui vaccini, affidare a un generale Figliuolo la gestione pratica dell’attuazione del Pnrr, accentrare il più possibile i processi decisionali e attingere a mani basse dall’articolo numero 12 presente all’interno del decreto legge che regola le norme relative al Pnrr, il decreto numero 77 del 31/05/2021.

Un articolo che recita quanto segue: “In caso di mancato rispetto da parte delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province o dei Comuni degli obblighi e impegni finalizzati all’attuazione del Pnrr, il presidente del Consiglio dei ministri, nel caso in cui sia a rischio il conseguimento degli obiettivi intermedi e finali del Pnrr (…), individua l’amministrazione, l’ente, l’organo o l’ufficio, o i commissari ad acta, ai quali attribuisce, in via sostitutiva, il potere di adottare gli atti o provvedimenti necessari, oppure di provvedere all’esecuzione ai progetti". Meno conferenze dei servizi, più accentramento nella firma dei contratti, più affidamenti diretti, più deroghe, più poteri sostitutivi. Al Pnrr serve con urgenza un commissario straordinario modello generale Figliuolo. Possibilmente con pieni poteri. Grazie.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.