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Il Pnrr procede con qualche prevedibile problema. La relazione della Corte dei conti

Giacinto Della Cananea

Vi è il serio rischio che molti comuni non riescano a gestire presto e bene quelle risorse, soprattutto per le opere pubbliche. Preoccupano le difficoltà gestionali, derivate da procedure obsolete e tecnologie divergenti, e la carenza di competenze tecniche

Pochi giorni fa, il Presidente della Repubblica ha formulato un chiaro e condivisibile monito sulla necessità di dare piena e tempestiva attuazione al Pnrr. Richiamando il discorso di De Gasperi sulla “stanga”, Mattarella si è rivolto a tutti, affinché lavorino per il bene dell’Italia. Non si è, ovviamente, soffermato sugli aspetti di dettaglio. Per comprendere quali azioni stiano andando per il verso giusto e quali – invece – richiedano aggiustamenti, è molto utile l’accurata relazione della Corte dei conti sullo stato di attuazione del Pnrr, che è stata presentata ieri mattina.

   

Tra gli aspetti più positivi, vi è, anzitutto, il completamento del sistema informativo ReGIS, ben gestito dalla Ragioneria generale dello Stato e indispensabile nella logica secondo cui occorre “conoscere per deliberare”. Vi è, inoltre, il conseguimento dei 55 obiettivi relativi al secondo semestre dell’anno scorso, pur se essi riguardavano più le riforme, come la giustizia civile e tributaria e la concorrenza, che gli investimenti, per i quali si registrano comunque progressi prevalentemente sul versante delle infrastrutture ferroviarie. Molto significativa, in rapporto alla spesa europea destinata al nostro paese, è la sua distribuzione territoriale, giacché quasi il 40 per cento è concentrato nel Mezzogiorno e nelle Isole, quasi il 30 per cento al Nord e il 15 al Centro, al di là delle misure non riferibili a singole regioni.

   

Ma vi è l’altro lato della medaglia. Secondo la Corte dei conti, il condivisibile obiettivo di ridurre i divari territoriali è stato perseguito mediante un approccio che “si mostra efficace nel preservare il Mezzogiorno da un dirottamente delle risorse”, ma non è altrettanto efficace nell’assicurare che i ritardi accumulati, segnatamente nel settore digitale, possano essere recuperati. Un secondo problema riguarda la riorganizzazione della governance del Pnrr. La scelta del governo Meloni di modificarne l’assetto richiederà un impegno notevolissimo per “evitare che la fase di avvio delle nuove strutture sia caratterizzata da … difficoltà simili a quelle” emerse all’inizio. Lo richiederà tanto più in quanto il picco di spesa, più di 45 miliardi, si concentrerà nel biennio 2024-25. Infine, vi è il nodo dei comuni, che devono attuare oltre il 55 per cento dei progetti e più di un quinto delle risorse finanziarie complessive. Confermando i timori già espressi da altre sedi istituzionali, la Corte dei conti segnala i problemi derivanti da difficoltà gestionali, cioè da procedure obsolete e tecnologie divergenti, e la carenza di competenze tecniche. Vi è il serio rischio che molti comuni non riescano a gestire presto e bene quelle risorse, soprattutto per le opere pubbliche.

 

Volgendo in positivo le osservazioni della Corte, può dirsi che, se il governo ha davvero compreso quanto il Pnrr è importante per l’Italia, soprattutto per i giovani, deve agire con coerenza, non minacciando l’esercizio dei poteri sostitutivi rispetto agli enti territoriali in ritardo, bensì predisponendo interventi e misure di supporto. Quale modo migliore può esservi per realizzare l’interesse nazionale?

 


    

Il testo della relazione della Corte dei conti

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