Il governo pensa alla procedura d'emergenza sul Pnrr: uno stop fino a sei mesi

Valerio Valentini

In affanno sugli obiettivi di giugno, a Palazzo Chigi si valuta l'ipotesi di chiedere un congelamento sul raggiungimento degli obiettivi. Intanto Fitto prova a superare le perplessità della Commissione e sbloccare i 19 miliardi di dicembre. Il pagamento slitta ancora. E c'è l'incognita sulla governance

La prima a incapparvi è stata la Lituania: le nuove procedure di verifica sul Next Generation Eu hanno la prima vittima. Per via di ritardi nella riforma del fisco, con due milestone mancate da parte del governo di Vilnius, la rata prevista è stata sospesa, e ora rischia di essere decurtata. Ma la campana suona ben oltre i confini dei baltici. E infatti anche a Palazzo Chigi c’è chi sta pensando di ricorrere alla nuova procedura d’emergenza: richiedere sei mesi di sospensione del Pnrr.

Non che la decisione sia presa. La si pondera, semmai. Fin dal 21 febbraio, quando sulla scrivania di Raffaele Fitto sono giunte le nuove linee guida sulla revisione del Recovery. E uno, tra i vari, era stato il capoverso cerchiato in rosso dai suoi collaboratori. Capitolo 3, paragrafo 3: “Nuova metodologia per la sospensione dei pagamenti”. In sostanza, vi si stabilisce questo: che se un paese non ha potuto conseguire gli obiettivi previsti nel periodo indicato, può richiedere di rinviare la verifica da parte della Commissione. Fino a sei mesi: tempo che va impiegato per raggiungere i target e le milestone concordati, così da potersi ottenere la rata conseguente, benché in ritardo.

E’ questo lo scenario che a Palazzo Chigi iniziano a prendere in considerazione, se è vero che, a dispetto della nettezza con cui si liquidava questa evenienza qualche settimana fa (“Meglio non parlarne”), ora, tra i consiglieri di Fitto, c’è chi dice che in fondo “non sarebbe una tragedia”. E certo, l’affanno con cui procede l’attuazione del Pnrr in questa fase, i ritardi che si vanno accumulando, giustificherebbero una simile richiesta. Con un’avvertenza, però, non trascurabile. E cioè che, se si accedesse a questa procedura di emergenza, oltre a dare un segnale non esattamente confortante all’estero, bisognerebbe davvero “mettersi alla stanga”, come ha spronato ieri Sergio Mattarella. Perché, scaduto quel termine supplementare di sei mesi, gli obiettivi non raggiunti vengono considerati definitivamente mancati, e il pagamento decurtato.

 “Ereditiamo una situazione tutt’altro che agevole, non siamo certo noi ad avere prodotto i ritardi”, è il refrain di un Fitto che spesso sembra voler mettere le mani avanti. Lo ha fatto, pare, anche nell’incontro di due giorni fa con Paolo Gentiloni. Anche col commissario europeo, infatti, si è discusso delle difficoltà che il governo sta incontrando sull’attuazione del Pnrr. E a testimoniarlo c’è il quasi scontato rinvio del pagamento della terza rata del Ngeu, quella relativa ai 55 obiettivi fissati per dicembre 2022. Sull’attuazione del ddl Concorrenza ci sono ancora incognite da sciogliere. Quello sul teleriscaldamento è un altro capitolo dibattuto. E così, il pagamento della rata da 19 miliardi che era prevista per febbraio, e che Fitto sperava poi d’incassare almeno entro fine marzo, verrà probabilmente rinviata ancora: a metà maggio, a quanto pare.

Nel frattempo, bisognerà farsi approvare da Bruxelles il piano per il RePowerEu, con le richieste di modifica del Pnrr: entro il 30 aprile. Tempo che verrà impiegato, a Bruxelles, anche per ottenere i chiarimenti richiesti a Roma sul cambio della struttura di governance. Il decreto che la definisce è finito impantanato nel traffico parlamentare. L’Aula del Senato lo discuterà a partire dal 4 aprile. Poi passerà alla Camera. La Commissione, che potrà valutare compiutamente il testo solo dopo la sua conversione,  vorrà vederci chiaro sul riassetto della cabina di regia. Ed è un dossier delicato. Perché, sulle eventuali storture delle strutture di controllo, non si possono chiedere sospensioni di giudizio  e tempi supplementari: in quel caso, i pagamenti vengono interrotti. “Mettersi alla stanga”, dunque. E subito.
 

Di più su questi argomenti:
  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.