(foto Ansa)

Il caso

Conte e i dubbi sulla maternità surrogata. Così il M5s si smarca dal Pd e guarda alla Chiesa

Simone Canettieri

I rapporti dell'ex premier con il mondo cattolico: dopo la guerra cerca una sponda anche sui diritti civili

Non è solo per il santino di Padre Pio che custodisce nel portafoglio. Lo ostentò da Bruno Vespa e ancora se lo porta dietro (lo scorso mese nel bar del teatro Mancinelli di Orvieto, dopo lo show di Grillo, al momento di pagare l’aperitivo l’immaginetta è spuntata fuori, ma il barista accettava solo contanti…). Il cattolico Giuseppe Conte in questa fase è più attivo che mai. Anche nelle assenze, come dimostra il forfait dell’ex premier alla manifestazione di sabato sui diritti. Alla quale a fronteggiare la paladina del Pd Elly Schlein ha inviato, di proposito, l’ex sindaca di Torino Chiara Appendino e la senatrice Alessandra Maiorino. Lui non si è fatto vedere. Certo, è a favore della trascrizione delle coppie dei figli omogenitoriali, ma sulla maternità surrogata coltiva più di un dubbio. Glielo hanno chiesto ieri anche gli studenti della Luiss: presidente, cosa ne pensa? “No, guardate mi mettete in imbarazzo: evitiamo”. 


E in questa non risposta si vede in controluce subito Villa Nazareth, collegio universitario alla periferia di Roma, da decenni snodo di relazioni politiche, culturali ed ecclesiastiche (non conservatrici). Conte l’ha frequentato per anni come studente e poi come tutor di diritto amministrativo (il suo nome è ancora bene stampato nel board del comitato scientifico). L’attuale segretario di stato vaticano Pietro Parolin è stato presidente del centro. Villa Nazareth è stata anche la casa del potente cardinale Achille Silvestrini, scomparso nell’agosto del 2019 proprio nel giorno del secondo incarico come premier del suo pupillo: l’avvocato di Volturara Appula (di cui ha celebrato anche le nozze).

La premessa è doverosa e non racconta solo i dubbi del cattolico adulto Conte, ma serve a decifrare le mosse del capo del M5s alle prese con logiche di riposizionamento nel mercato politico dopo l’avvento di Schlein. I silenzi del capo del M5s guardano all’ala dei cattodem, a disagio per la spinta del nuovo Pd sui diritti, e poi in un batter d’occhio cadono sulla guerra in Ucraina. Anche oggi in Senato i grillini sono pronti a distinguersi dagli alleati (per mancanza di prove) del Nazareno con una risoluzione che ponga fine al continuo riarmo di Kyiv, in favore di un negoziato di pace “che sembra volere solo Papa Francesco”, come ripete spesso Conte. I rapporti tra l’ex premier e il Pontefice sono buoni. Ai tempi di Palazzo Chigi i due ebbero “intensi” colloqui riservati, mai usciti sui bollettini della Santa sede. Almeno tre, a quanto risulta al Foglio. Un rapporto gesuitico che si intensificò ai tempi del Covid quando per esempio in una notte si cambiarono i protocolli, all’inizio molto più restrittivi, per consentire la  partecipazione alle messe dalla tarda primavera del 2020. Il filo del telefono fra i due non si è spezzato. E questo potrebbe essere un canale da scavare per Conte che cerca di uscire dalla morsa del nuovo Pd, pronto a riprendersi i voti in libera uscita dalla sinistra.

 

Tutto si tiene in questa fase, fra diritti e bombe. Come racconta anche il rapporto che sempre l’ex premier può vantare con la comunità di Sant’Egidio: fu lui a far girare più di un anno fa, ai tempi dell’elezione del capo dello stato, la carta di Andrea Riccardi, presidente della “ong di Trastevere”. Così come si è schierato con il deputato eletto con il Pd, ma proveniente da Sant’Egidio via Demos, Paolo Ciani quando in dissenso con il gruppo ha votato contro l’invio di armi all’Ucraina lo scorso gennaio. Il M5s sembra giocare dunque di rimessa, secondo dettami rassicuranti e sempre dalla parte dei più deboli nell’eterno derby tra diritti sociali e diritti civili. In questa battaglia c’è anche un alleato fatto d’inchiostro: è il quotidiano Avvenire. Il giornale della Cei è diretto da Marco Tarquinio, unico giornalista invitato lo scorso settembre alla scuola di formazione lanciata dai grillini prima del voto. Titolo della lezione: pace e politica. Un’intesa che ha fatto chiacchierare il Palazzo su una possibile candidatura alle Europee del giornalista (ipotesi per ora smentita).

E poi c’è il mondo delle Acli, la difesa strenua dei poveri attraverso il Reddito di cittadinanza, l’ecologia applicata fino all’estremismo del no ai termovalorizzatori. Tutti segnali che Conte invia e riceve dalle multiformi ramificazioni della Chiesa. Sperando di occupare, con opere e omissioni, uno spazio elettorale che Schlein potrebbe perdersi per strada. E ora non c’è più solo la questione della guerra in Ucraina. 

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.