Foto di Massimo Percossi, via Ansa  

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La proposta di legge sul matrimonio egualitario è un'idea di civiltà, scrive Scalfarotto

Ivan Scalfarotto

Dopo le unioni civili, è arrivato il momento di fare un passo avanti. Ormai i paesi occidentali si sono quasi tutti adattati ai tempi: Italia e Grecia sono le eccezioni più vistose 

L’uguaglianza di tutti davanti alla legge è un principio costituzionale e la Repubblica si è data il compito di rimuovere gli ostacoli che la limitano. Questo Parlamento, tutto insieme, può decidere di eliminarne uno ormai assolutamente anacronistico e senza valide ragioni per esistere, ma ancora visibile e concreto. 

Il 20 maggio 2016 entrava in vigore la legge 76, che istituiva in Italia le unioni civili, un nuovo istituto destinato a riconoscere una sostanziale parità di diritti e di doveri alle coppie formate da due uomini o due donne. Adozioni e filiazione a parte, dall’approvazione di quella legge le coppie civilmente unite godono in Italia degli stessi diritti e degli stessi doveri delle coppie sposate. Sono passati sette anni e quella legge ha dato buona  prova di sé: possiamo dire con tranquillità che i timori di chi pensava che questa legge avrebbe introdotto elementi di corruzione morale nel paese e provocato il collasso della famiglia eterosessuale erano, come ebbe a dire Mark Twain commentando la notizia della sua stessa morte, gravemente esagerati.

Il matrimonio è ugualitario in quasi tutti i paesi occidentali, Italia e Grecia sono le eccezioni più vistose. Alcuni paesi (Spagna, Stati Uniti) hanno introdotto il matrimonio per tutti direttamente, per legge o sentenza costituzionale. Altri – tra cui Francia, Regno Unito, Svizzera e Germania – hanno fatto invece una scelta diversa: partire con un istituto ad hoc, come le nostre unioni civili, per poi passare a un estensione del diritto al matrimonio per tutti. 

Il tempo per questo passaggio è arrivato anche per noi, non c’è una sola ragione valida per opporsi a una norma di civiltà che è pacificamente in vigore in tutti i paesi con cui amiamo confrontarci. È per questo che il disegno di legge che ho presentato si rivolge a tutte le forze politiche, alla sinistra come alla destra, come anche a tutte le anime del Terzo polo (anche da noi esistono sensibilità diverse): del resto, quando il primo ministro conservatore Cameron decise di introdurre il matrimonio ugualitario nel Regno Unito, disse che non lo faceva nonostante fosse un uomo di destra ma perché, proprio da conservatore, all’amore libero preferiva il matrimonio. 

È una legge sul matrimonio, la mia, ma è anche una legge che si occupa di eliminare l’unica discriminazione di diritto positivo che sia prevista nel nostro paese. La libertà di contrarre matrimonio costituisce un diritto fondamentale sia nella Dichiarazione universale dei diritti umani (articolo 16) che nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (articolo 9). Se alle persone omosessuali questo diritto è negato, non può che essere perché si pensa che non abbiano o la capacità o la dignità per poterlo fare valere. Un pensiero accettabile nella Russia di Putin o nell’Ungheria di Orbán. Certamente non a Roma, la città dove settant’anni fa è nato il sogno dell’Europa.

Ivan Scalfarotto
senatore Azione-Italia viva

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