La road map

Schlein verso l'assemblea del 12, con gli occhi fissi al ruolo della minoranza interna

Marianna Rizzini

Oggi in aula Piantedosi riferisce su Crotone, ma intanto in agenda c'è il tema Bonaccini. "Tocca a Elly per prima valutare un’eventuale proposta al sottoscritto", dice il governatore dell'Emilia-Romagna. Calenda: "No a pregiudiziali"

Non ha, Elly Schlein, nello zainetto sostitutivo di quello rubatole in treno tempo fa, una strategia precostituita rispetto al caso del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi (che oggi riferisce alla Camera sul naufragio di Crotone). Nel senso che l’ex movimentista e neo segretaria del Pd osserverà e valuterà che cosa fare all’esterno sia verso il governo sia sul fronte alleanze, reduce com’è dalla prova di campo largo a Firenze e dall’apertura parziale al Terzo Polo (a “Che tempo che fa”, su Rai3). “Possibili battaglie comuni”, ha detto la neo segretaria pd; “no a pregiudiziali su Schlein”, ha risposto il leader di Azione.

 

Su Piantedosi, sempre nel salotto tv di Fabio Fazio, Schlein ha sì anticipato un canovaccio di linea (“noi siamo stati il primo gruppo che ha chiesto un’informativa”, ha detto, “ciò che è successo è una ferita profonda sulla quale il ministro ha polemizzato anziché farsi la domanda giusta su cosa si può fare”), ma, nei taccuini metaforici che la neo-segretaria riscrive a mente dopo il suddetto furto, lo spazio maggiore è al momento occupato dalla questione interna: come gestire il futuro del partito nei rapporti con la corposa minoranza che voleva come segretario il governatore dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini? I due si sono visti venerdì scorso a Bologna, e c’era chi ieri si aspettava di ritrovarli a un secondo colloquio, tanto più che Schlein, da Fazio, aveva ribadito il suo vade retro alle scissioni.

  

E però lo stesso Bonaccini, ieri, faceva capire di essere ancora in piena navigazione verso il 12 marzo, giorno di assemblea pd e di definizione del nuovo organigramma: “Tocca a Elly Schlein per prima valutare un’eventuale proposta al sottoscritto che possa essere utile a comporre un quadro di un Pd che certamente ha una segretaria che ha vinto le primarie, ma anche un partito che nei miei confronti ha visto quasi la metà degli elettori dare la propria preferenza, e la maggioranza assoluta degli iscritti qualche settimana prima”. Tradotto: un conto è la presidenza del partito, che Bonaccini non rifiuterebbe (anzi); altro conto sarebbe il ruolo di vice che si pensa voglia offrire Schlein. “Si prova a lavorare su una soluzione unitaria, nessuno si impicca su nulla”, diceva ieri una voce schleiniana. “Siamo ancora in alto mare”, dicevano dall’area Bonaccini. “Positivo intanto che ci si parli, e si sa che non si faranno prigionieri”, ribadiva un parlamentare di maggioranza interna. “Certo non auspichiamo un assetto in cui la minoranza faccia da foglia di fico; meglio allora un ruolo meno coinvolgente che permetta collaborazione nella chiarezza”, rispondevano dalla minoranza. Intanto Bonaccini spiegava che il suo “provare a essere utile” significa “dare una mano per l’unità del Pd, decisiva per costruire un nuovo centrosinistra in cui il Pd sia il partito più forte, più  strutturato, più radicato – che possa costruire l’alternativa alla destra di oggi e tra qualche anno tornare al governo del paese perché avremo vinto le elezioni e non perché chiamati al governo da qualcuno”.

 

E insomma: soltanto dopo aver deciso la collocazione interna di Bonaccini, che non per niente ieri ha parlato pubblicamente, si potrà decidere sui capigruppo di Camera e Senato e quindi sui nomi su cui Schlein punta (a partire, tra gli altri, da Francesco Boccia, passando per Marco Furfaro, Chiara Gribaudo, Marco Sarracino, Chiara Braga, Alessandro Zan e Stefania Bonaldi). Un posto sembra pronto anche per i “rientrati” da Articolo 1. Non a caso ieri il deputato Nico Stumpo plaudeva alla nouvelle vague schleiniana, da Radio Immagina, al grido di “mai più le correnti come luoghi di potere”. Parlava anche Boccia, a “Metropolis”: “Schlein unirà il Pd; Bonaccini sarà il suo sostenitore”.
 

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.