"Al Pnrr serve un tagliando, così non va. E occhio con l'accentramento dei poteri". Parla il leghista Morelli

"La governance a Palazzo Chigi? Fitto si assume un compito gravoso. Gli faccio i migliori auguri"

Valerio Valentini

Il sottosegretario alla Programmazione economica, uomo fidato di Salvini, lancia avvartimenti a Fitto e Meloni sul Recovery. Le assunzioni "robuste", i comuni in difficoltà, la nuova governance. "Con Bruxelles bisogna negoziare una modifica del Piano". La stoccata sulla Rai

Il ruolo di “anti Fitto” lo rifiuta risolutamente. “Semmai”, dice, “accetto quello del grillo parlante”. E insomma, sia pure ostentando garbo e cortesia, Alessandro Morelli ci tiene a ricordare che lui lo aveva detto. Ipse dixit, cioè, che le strutture di governance del Pnrr andavano cambiate al più presto. “Lo suggerii a  novembre in un vertice a Palazzo Chigi”. Giorgia Meloni lo azzittì. “Diciamo che mi obiettò che non era il momento”. E ora che il momento è giunto, ora che il Cdm vara il decreto con cui Raffaele Fitto ridisegna le strutture direttive del Pnrr, ora che insomma il senatore leghista, sottosegretario alla Programmazione economica, può rivendicare le sue ragioni di un tempo, ci tiene a offrire altri suggerimenti. “Che magari ora verranno accantonati, ma poi chissà”, sorride Morelli, uomo fidatissimo, tra quelli fidati di Matteo Salvini. I consigli, dunque. “Uno riguarda l’utilizzo dei poteri sostitutivi. L’altro i contenuti del Pnrr, che necessita di un tagliando, perché così non va. Infine, occhio all’accentramento dei poteri”.

Anche Morelli, dunque, paventa il pericolo dell’uomo solo al comando? “Ma no. Dico solo che il ministro Fitto si assume un compito assai gravoso. E gli faccio i miei migliori auguri, ma sono sicuro che saprà fare tutto al meglio”.  E del robusto piano di assunzioni contenuto nel decreto, cosa pensare? Ci sono centinaia di nuovi ingressi nei dipartimenti delle Politiche europee e anche al ministero dell’Agricoltura. “Eh, diciamo che concordo sul fatto che sia  robusto”. Troppo robusto? “No, non so valutarlo e non starebbe a me dirlo. E confido che in Fratelli d’Italia abbiano fatto tutte le riflessioni del caso”.

In “Fratelli d’Italia”, sibila. E forse gli scappa detto, nulla più. Ma pare comunque rivelatore, il dettaglio: significa che nella Lega non hanno visto il testo del provvedimento se non a cose fatte? “Lo abbiamo letto quando era pronto per andare in pre Consiglio. Ma non mi soffermerei, su questo. I problemi sono altri”.

Quali? “Uno riguarda i poteri sostitutivi. Bisogna cambiare logica. Se un ente locale è in affanno nella realizzazione di un progetto del Pnrr è giusto che il governo intervenga per superare i ritardi. Però bisogna intendersi: se io, da Roma, devo commissariare un sindaco che non riesce a costruire l’asilo, devo anche avere il diritto di rivedere il progetto di quell’asilo, e i modi con cui lo si vuole realizzare”. Un commissariamento a tutto tondo, insomma. “Non un’esautorazione dei sindaci, ci mancherebbe. Tutto si può concordare. Però magari il comune ha dato il via libera a un asilo con una cupola artistica e cento finestre, e si può convenire che la cupola artistica non sia indispensabile, e di finestre ne bastino trenta”. Il rischio, sennò, è che si cambino i responsabili, ma le inadempienze rimangano? “Purtroppo, sarebbe più di un rischio”.

E qui allora si viene all’altra critica di Morelli: “il tagliando”. “Sì, perché al di là della governance, bisogna rivedere i contenuti del Pnrr. Bisogna aprire un negoziato con la Commissione per modificare le priorità del Piano e i progetti da inserirvi, sennò si rischia di perdere questa opportunità”. Ma una certa flessibilità è stata già contrattata, con Bruxelles: se i progetti non possono essere realizzati per “circostanze oggettive” come la guerra o l’inflazione, si potrà cambiarli. “Troppo poco. Il ripensamento deve essere più incisivo”.

E però è forse vero anche il contrario: che, cioè, anziché coglierla, questa opportunità, anziché dannarsi l’anima per far fruttare 190 miliardi di finanziamenti europei, l’Italia pensi più che altro a lagnarsi. Che è, anche questo, un modo per mancare la sfida. “Ribalto il ragionamento. Se davvero, come io credo, il Recovery è un progetto straordinario, allora perché si è accettato di inserirvi progetti tutt’altro che straordinari? Il rinnovo della piazza del borgo sugli Appennini; il rifacimento di uno stadio. Davvero queste opere colgono il senso dell’eccezionalità del Pnrr?”. Ma è stata l’Italia a inserire quei progetti. “Un altro governo, anzitutto. E poi, qualcuno a Bruxelles le ha validate, quelle proposte. Forse bisognerebbe ripensarci. E, quantomeno, prolungare la durata del Pnrr, chiedere una proroga oltre il 2026”. La Commissione s’è mostrata scettica, al riguardo. “La Commissione sa che ci sono comuni del sud, in pre dissesto, che hanno 13 dipendenti, che hanno vinto 100 milioni di bandi Pnrr? Secondo voi quelle risorse verranno messe a terra di qui al 2026?”.

Insomma gli piace, questo ruolo di responsabile del Dipe, a Morelli. “Un lavoro che mi assorbe”. E che però non lo distoglie, non fino in fondo, dall’altra sua grande passione: la Rai. L’uomo di Salvini per Viale Mazzini è lui. “In realtà riesco ad occuparmene molto meno, preso come sono dal nuovo incarico”. Bisogna credergli? “Bisogna. E del resto, forse è proprio perché me ne sto occupando poco che lì è tutto fermo”. Come a dire che se fosse stato per la Lega, l’èra di Carlo Fuortes sarebbe già finita? “Quella è stata una scelta di Meloni. E sulle decisioni del mio presidente del Consiglio, io non mi pronuncio”. Quasi mai.

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  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.