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Berlusconi ha segnato una generazione, su Putin serve una riguardata

Giuliano Ferrara

La memoria condivisa non darà mai al Cav. quel che è suo perché è più facile condividere il pregiudizio, ma l’uomo dell’anno è lui 

C’è un’Italia furbetta e sciocchina che continua a considerare Silvio Berlusconi, per noi il Cav., un evasore fiscale (condannato da un collegio presieduto da un futuro collaboratore regolare del giornale di Travaglio, e ho detto tutto o quasi); un puttaniere (origliatori e guardoni si compiacciono sempre di razzolare male tra le lenzuola degli altri mentre predicano bene tra le loro); un riccone pacchiano (i quattrini li ha fatti con le sue industrie, lo stile ambrosiano-brianzolo è meglio di tanti altri, e comunque è affar suo); un vecchione indementito che non ha mai imparato a fare politica (l’età è quella, e tanti complimenti, la demenza si vede e non si vede mentre è certificata la stravaganza, anche quando era un giovanotto, e quanto al fare politica, ora viene il bello). Certo, c’è il putinismo amicale e sodale di Berlusconi, e quello lo consideriamo figlioccio di una fase in cui Putin poteva diventare il nostro figlio di puttana, anche grazie alla verve del Cavaliere, fase ampiamente superata con la caduta del possibile “nostro” e la persistenza e aggravamento del resto, e comunque semel in annis licet insanire, una grave ubriacatura non pregiudica la verità generale dei fatti.

       

La verità è che il Cav. ci ha dato in successione: l’alternanza, di cui il governo Meloni è la più recente testimonianza, per di più al femminile, comunque lo e la si giudichi e per chiunque altro si sia votato; la trasformazione del vecchio e inservibile Msi in altro, un sofisticato riciclaggio ecologico; la costituzionalizzazione della Lega, che a parte la parentesi autolesionista del salvinismo 2018, è riuscita alla grande nelle regioni e a livello nazionale; il maggioritario, la cui quota incarnata dal governo del 1994 e sopravvissuta in tutte le leggi elettorali successive e in tutte le esperienze conosciute, ha portato il paese che amiamo a essere com’è adesso, una nazione europea intrisa di normalità istituzionale.

     

La memoria condivisa, questa grande fregnaccia truffaldina, non darà mai al Cav. ciò che è suo. La cosa più condivisa al mondo è il pregiudizio, specie quello fazioso e moralistico. Ma resta per fortuna la memoria divisa, quella conflittuale e dialettica, veritativa e realista, che dovrebbe restituirgli invece il famoso onore politico. Non è solo quel che abbiamo elencato sopra, e già ce ne sarebbe per non una, ma due o tre vite politiche italiane. Conta anche la funzione della persona nella leadership, da Berlusconi a Meloni passando per Renzi, e non vengono in mente altre storie di successo e incidenza. Il linguaggio o l’attitudine verso le cose e le persone è un altro aspetto della vittoria del berlusconismo: per una volta cito il professor Orsina non per sbertucciarlo, visto che l’ha detta giusta (per una volta): la sinistra è il mondo dell’astratto pensiero, la destra è il mondo dell’inquieto vivere. Chi se non il Cav. ha iniziato le danze dell’inquieto vivere? “Io sono Silvio”, con qualche ridondanza in più e qualche allegro bauscismo, è il progenitore di “Io sono Giorgia”, o no? 

     

Ora, non è vietato considerarsi del tutto estranei a questa parabola, è legittimo averla combattuta con tutto il clamore che si vide, essere stati sconfitti con i mezzi ordinari della democrazia politica e vendicati con quelli straordinari e sommari della malagiustizia. Non è permesso però saltare la logica di una storia italiana così particolare, così resistente anche nelle circostanze di minorità in cui alla fine il Cav. si trova a operare dopo aver segnato una generazione. Ha inventato il centrodestra e, per contrappasso, anche il centrosinistra della seconda Repubblica, quello ulivista che lo batté invano due volte, quello renziano che lo emulò con buoni risultati, ha trasformato un’azienda in partito, spendendo parecchio per trasformare le zucche in carrozze, quando si è visto quanto sia facile, tra vini e consulenze, trasformare una carriera repubblicana in una aziendina personale, percorso di guadagno forse meno virtuoso. Il Cav. può continuare a sbagliare e stravagare, a parte Putin sul quale deve darsi una riguardata, perché ha accumulato un vantaggio che glielo consente. Uomo dell’anno.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.