(foto Ansa)

Anatomia di un istante

Il Salvini scostato. Giorgetti lo sfotte in conferenza stampa, ma lui nemmeno se ne accorge

Salvatore Merlo

Le parole del ministro dell'Economia contro lo scostamento di bilancio sono un colpo di teatro, ma solo parzialmente riuscito. Perché il segretario della Lega nemmeno lo ascolta, tutto preso dal Ponte sullo Stretto

La scena è improntata a una notevole efficacia rappresentativa, si consuma in un lampo e racconta meglio di mille editoriali quali siano i rapporti dentro il governo e quale sia la considerazione che gran parte del gruppo dirigente leghista ha ormai del suo leader sgarzolino, Matteo Salvini. Insomma di quel tizio che guida il partito con una mano sola, tipo Gassmann nel “Sorpasso”, e che adesso li ha portati naturalmente tutti sotto la soglia di guardia del 7 per cento. Almeno stando ai sondaggi. La scena è questa: Giancarlo Giorgetti è seduto accanto a Giorgia Meloni, a meno di un metro da Salvini, e sta presentando la manovra economica in conferenza stampa. Dopo aver ripetuto in maniera persino eccessiva e insistita le parole “prudenza” e “coraggio”, ecco che il ministro dell’Economia (“in quota tecnici”, ha voluto precisare Salvini al momento della formazione del governo) lascia cadere con noncuranza la seguente frase: “In tanti invocavano sforamenti di bilancio di qua, e sfondamenti di là. Si aspettavano che facessimo un po’ di follie. Mi dispiace non aver assecondato questo tipo di aspettative”. E mentre Giorgetti pronuncia queste esatte parole il suo sguardo si poggia per un attimo su Salvini. E’ un istante. Ecco. Chi mai aveva invocato sfondamenti, sforamenti e scostamenti? Chissà chi. Uno a caso, oltre a Giuseppe Conte. Lui, ovviamente. Salvini Matteo dal Giambellino. Eccolo iniziare il 12 luglio scorso, col governo Draghi dimissionario e le elezioni imminenti: “A Draghi dico che ci vuole lo scostamento”. Rieccolo  il 18 luglio (“non sono d’accordo con Meloni, ci vuole lo scostamento”). Arieccolo il 20 luglio (“la soluzione è lo scostamento”). E poi di nuovo, instancabile, pure sotto l’ombrellone, in spiaggia, incurante dei diritti del calendario, il 28 agosto: “Le bollette non possono attendere: subito lo scostamento”.

Ma pure il 2 settembre, il 4 settembre, il 9 settembre, il 13 settembre, il 15 settembre, il 10 ottobre, il 23 ottobre...  “Mi dispiace non aver assecondato questo tipo di aspettative”, dice allora Giorgetti in un soffio, ma caricando d’ironia lo sguardo.  Un gesto troppo calmo per non essere stato preparato con la pignoleria dovuta a un colpo di teatro. Parzialmente riuscito, tuttavia. Perché Salvini, vispo come una talpa, nemmeno se ne accorge. Le parole di Giorgetti cadono come una palla di stracci su un mucchio di sabbia. Quello non lo sta manco ascoltando. Preso com’è dal fatto che in Cdm hanno deciso di accontentarlo, di fargli ricominciare l’eterna filastrocca del ponte sullo Stretto di Messina, una cosa che sta alla realtà come i viaggi interstellari del vulcaniano Dottor Spock stanno alla moderna scienza dei trasporti,

Salvini è soddisfatto così. Di più: è felice. Ebbro.  Ha qualcosa da dire finalmente. Da tentare di vendere. Il ponte, e l’occasione di poter sedere in conferenza stampa al fianco del presidente del Consiglio, davanti alle telecamere, e per giunta senza l’impaccio di condividere la scena con l’altro vicepremier Tajani, lo ha fatto riemergere gongolante dalla sua tana di smacchi e confronti perduti. Dunque non si accorge nemmeno della complicità esibita di Giorgetti con Meloni, che in conferenza stampa, davanti a tutti, si sorridono e parlottano.

Lunedì sera l’hanno scritta loro due la manovra, insieme, con Alessandro Rivera, il direttore generale del Tesoro. “Ma sì, qualcosa gliela dobbiamo pur far fare a quello”, s’erano detti. Il ponte, dunque. Il penultimo imbonimento per intrattenere il venditore di pentole appannato. Ed è quanto gli basta, a Salvini. Solo che la felicità lo acceca, mentre quegli altri lo guardano ormai con la stessa espressione che si riserva  a una lumaca nell’insalata. “Invocavano sforamenti di qua e sfondamenti di là. Si aspettavano follie. Mi dispiace averli delusi”. 

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  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.