Il racconto

Pd e Terzo polo candidano D'Amato per il Lazio: nasce l'asse del termovalorizzatore

Gianluca De Rosa

Al teatro Brancaccio l'assessore ha ufficializzato la sua candidatura per le prossime regionali. In sala fanno irruzione manifestanti anti inceneritore, tra i presenti Gualtieri e Calenda. Il Nazareno certifica: il candidato è lui. Resta il nodo primarie per cercare di tenere in coalizione Sinistra italiana, Europa verde e civici

“Che è tutto ‘sto casino a quest’ora?”, impreca un passante. Ore 18, Roma. Davanti al teatro Brancaccio non si passa neanche a piedi. “Ce sta Checco Zalone?”. Macchè. Tra gli astanti che si sono assiepati su via Merulana già prima delle 17, in realtà si parla di politica, ma anche di convegni di ortopedia. Eh sì perché Alessio D’Amato è comunque stato per cinque anni il titolare della Sanità regionale. E si vede. A parlottare qui fuori ci sono direttori generali di Ospedali, primari ed infermieri. Sono una parte consistente della platea, pienissima, neanche in scena ci fosse miracolosamente Gigi Proietti. “A me gli occhi please”, questa sera, lo dice Alessio D’Amato. Si apre il sipario su uno spettacolo tutto politica e monnezza, va in scena “L’asse del termovalorizzatore”. Protagonista: Alessio D’Amato, che si presenta alla mejo Roma (c’è persino Corrado Augias) come candidato del Pd (con bollino ufficiale del Nazareno) per il dopo Zingaretti: “Non regaleremo la Regione alla destra, torniamo a vincere”. Coprotagonisti: Carlo Calenda, inventore della candidatura, ma “D'amato non è del Terzo Polo, è del Pd”e Roberto Gualtieri, il sindaco che con il suo termovalorizzatore ha involontariamente terremotato l’alleanza rossogialla in Lazio. “Sarà un ottimo presidente", garantisce il sindaco. Non mancano neppure i colpi di scena. Mentre l’assessore sciorina i successi della sanità laziale durante la pandemia dentro la sala irrompe un  manipolo di manifestanti anti-inceneritore. Commedia o tragedia?

 

Di sicuro non manca l’elemento drammatico. Negli stessi minuti in cui D’Amato rivendica il suo passato alla segreteria del Pdci e la gioventù a Labaro che ne fa la faccia “vera dei progressisti, non come chi firmava i decreti Sicurezza (ogni riferimento a Giuseppe Conte è del tutto voluto ndr)”, in via Cristoforo Colombo, dentro al palazzone affacciato sulla Garbatella che ospita la Regione Lazio, Nicola Zingaretti, dopo 10 anni alla guida dell’ente, firma le sue dimissioni. È la fine di un’era. Una fine amara. Carica di rimpianti. Zingaretti lascia un Pd sotto ricattato del M5S che per allearsi vorrebbe in cambio lo stop al termovalorizzatore di Roma. Il mega impianto si staglia come il simbolo del più grande fallimento del governatore: non avere mai affrontato il dossier rifiuti. Ma torniamo in sala.

 

Per il Pd i presenti sono tantissimi: ci sono anche il braccio destro di Enrico Letta Marco Meloni e il responsabile degli enti locali Francesco Boccia. Poi: Monica Cirinnà, a Valeria Fedeli, Walter Verini, Emiliano Minnucci e Luigi Zanda. C’è anche l’ex capo di gabinetto di Zingaretti e Gualtieri Albino Ruberti. Arriva il segretario regionale Bruno Astorre che nel pomeriggio ha incontrato al Nazareno Letta e Boccia. Anche lui, sostenitore fino a pochi giorni fa del vicepresidente Daniele Leodori, sconfitto insieme al campo largo, conferma: “D'Amato è il candidato del Pd con una preferenza espressa anche da Calenda”. I giochi insomma sono praticamente chiusi. Astorre però lascia ancora uno spiraglio: “Martedì si riunirà la direzione regionale. Sarà la coalizione a decidere se fare le primarie, probabilmente la prossima settimana”. L’obiettivo è evitare di perdere oltre al M5s, anche Sinistra italiana ed Europa verde che in Lazio possono valere anche il 4 per cento. Alle eventuali primarie correrà sicuramente Marta Bonafoni, agguerrita consigliera della sinistra civica. Mentre il nome della sinistra dem potrebbe essere quello dell’eurodeputato Massimiliano Smeriglio, amico di Calenda (che con lui nel 2021 sognava un ticket per il Campidoglio e lo definisce “un comunista, bravo però”), ma anche tra i nomi di spicco di Sinistra ecologista, la componente più “de sinistra” che governa con Gualtieri in Campidoglio. “Il suo – assicurano – è un nome che può convincere Sinistra Italiana ed Europa verde a non andare con i 5 stelle”, assicura chi lo sostiene.

Sembra molto complicato. L’asse tra sinistra e grillini è già cementata in parlamento da due emendamenti che chiedono di limitare i poteri di Gualtieri come commissario ai rifiuti, levandogli di fatto la possibilità di realizzare un inceneritore. Lo certifica Calenda. “Sinistra e Verdi in coalizione? L’importante è che capiscano che bisogna aiutare Gualtieri a fare il termovalorizzatore, se la pensano in modo contrario è un problema, innanzitutto per loro”.