Letizia Moratti (LaPresse)

editoriali

L'opzione Moratti per il Pd

Si chiama politica: non è “di sinistra”, ma insieme possono battere la destra

"Se l’opposizione ha ragione a presentare questa destra come il peggiore dei mali, e ce l’ha, non può sciupare un’occasione così chiara per accelerarne il declino". Così si chiudeva ieri un articolo in prima pagina di Repubblica di Stefano Cappellini – giornalista e testata non certo sospettabili di destrismo – a proposito della “opportunità” per il Pd della candidatura terzopolista di Letizia Moratti in Lombardia. Spesso in Italia i buoni argomenti politici si trasformano nel senno di poi, e il tempo stringe, se non è già finito. Sarebbe un errore politico, peggio di un peccato. Bisogna essere politicamente miopi per non cogliere che l’uscita di Moratti dal polo di destra con nette motivazioni antisovraniste, europeiste, pro vax può essere uno strappo da sfruttare. Invece piovono miopie ideologiche o di bottega, à la Brando Benifei: “Saremo in campo per battere le destre in Lombardia, entrambe”.

 

Chiamare “destra” l’alleanza Terzo polo con una liberale conservatrice è evidente pochezza politica. Ovvio, considerare  Letizia Moratti di sinistra non ha senso, ma è una donna e civil servantliberale, attenta al sociale, antifascista (è storia di famiglia) e sostenitrice delle ragioni di Kyiv (esattamente come il Pd su questo: o no?). E’ stata favorevole all’agenda Draghi (quella con cui Letta voleva fare gli occhi di tigre). Non un alleato, non una coperta di Linus identitaria come spesso sono i candidati perdenti della sinistra; ma un un buon “avversario” politico con cui si potrebbe cercare un patto contro il vero grande nemico. Si chiama fare politica.

 

Lo abbiamo scritto: c’è l’occasione di trasformare Letizia Moratti in un argine contro la destra nazionalista, costruire attorno alla sua candidatura un blocco elettorale che potrebbe vincere, e sarebbe un’incrinatura forte in una destra che ha già dimostrato di non essere monolitica. Sostenere Moratti passando per un accordo chiaro e senza finzioni è politicamente interessante. Di certo più sensato di perdere da soli. Lo sanno Beppe Sala, l’area di Base riformista e molti altri a sinistra. Niente senno di poi.

Di più su questi argomenti: