Lombardia dinamite

Letizia Moratti spacca la sinistra. Renzi: "Candidiamola". Letta sceglie Cottarelli

Carmelo Caruso

Per Azione e Italia Viva l'ex assessora della Lombardia è un'opportunità", il Pd sceglie Cottarelli perché teme Renzi. "Il suo è un tentativo per spaccarci ancora". Calenda rilancia con il Lazio

E’ la donna che in due giorni sconvolse il mondo, Vladimir Ilic Letizia Moratti. A Lenin ne servirono dieci. Nelle prime ventiquattro ore, con le sue dimissioni, ha “bruciato” il Pirellone, Palazzo d’Inverno della destra. Nelle seconde, con l’aiuto di Renzi, ha occupato il Pd, “Lettagrado”. La candidatura della Moratti in Lombardia è ora un affare del centrosinistra. Renzi e Calenda chiedono a Letta di sostenerla. Lui: “Abbiamo Cottarelli”. Ha dato la disponibilità. Calenda e Letta si sono parlati. Calenda: “Il Pd non esclude Moratti”. La rettifica del Pd: “Escluso”. Siamo tornati alla corazzata “Calettionkin”. Renzi è sempre Eisenstein, il regista.


Possiamo avanzare solo delle congetture, ma confortate dalla realtà. Se Letizia Moratti vivesse a Roma anziché a Milano, Salvini smetterebbe di fare il talent manager del ministro Matteo Piantedosi e il Pd avrebbe già convocato il congresso. E’ Letizia “crolla imperi”, un acceleratore di particelle, sconvolge partiti, è  “dinamite democratica”. Un deputato del Pd lo spiega: “La destra dice che Moratti toglie voti a sinistra. La sinistra dice che li toglie a destra. La verità è che da sola non può vincere ma è sicuro che qualcuno a causa sua è destinato a perdere”. Viene rimpallata come una bomba a mano.

 

Basta guardarla da una parte, quella di Giuliano Pisapia, e del Pd socialista, e resta Letizia Moratti, ex sindaco di Milano della destra, amica di Silvio Berlusconi, vicepresidente della giunta Fontana: “Non possiamo sostenerla mai. Si è contaminata con la giunta Fontana”. Basta guardarla dall’altra, quella di Beppe Sala, e diventa “la grande opportunità”. Il Pd: “Ma Sala mica è il Pd!”. Ovviamente che l’opzione Moratti sia da valutare seriamente lo pensano pure i riformisti del Pd ma non lo possono dire altrimenti manca poco e li processano per deviazionismo. Non lo possono rivelare neppure alcuni grandi intellettuali milanesi, di sinistra, ma loro sono giustificati. Gianni Cervetti, che, attenzione, non lo pensa, ma che è sempre uno da ascoltare quando si ragiona di Lombardia, lui che è il maestro dei comunisti meneghini e autore de “L’Oro di Mosca” (La Nave di Teseo) consiglia di “far passare un po’ di tempo. Sono giorni complessi. Sta cambiando il clima, comincia a far freddo”. Un altro di cui non faremo mai il nome invece lo pensa: “Moratti è un’occasione per la sinistra”. Dunque lo diciamo? “Non si può”. I sindaci del Pd, sparsi per la regione, dei campioni che hanno dimostrato che si può vincere anche con la nebbia, basti pensare a Varese (Davide Galimberti), Brescia (Emilio Del Bono; era un nome del Pd per sfidare Attilio Fontana), Bergamo (Giorgio Gori), Mantova (Mattia Palazzi) hanno ormai compreso che in questo partito, tormentato di suo, “la migliore parola è quella che non si dice”. Attendono e daranno poi una mano, e bene, come sempre.

 

E’ dal 1992 che la sinistra non espugna la regione Lombardia. Ci riuscì una donna, Fiorella Ghilardotti. Sono passati ben trent’anni. Il candidato ufficiale in regione, per i dem, è oggi Cottarelli anche perché, spiegano dalla segreteria, “abbiamo tutto il diritto di fare un nostro nome”. E lo è davvero ma da ieri, dopo che Renzi ha dichiarato, a La7, che “se fossi il segretario del Pd chiamerei immediatamente Moratti” Cottarelli è “candidatissimo”.

 

Per il Pd dietro ogni azione di Renzi c’è infatti il maligno: “Spinge Moratti per spaccarci”. E maligno genera maligno: “Sieti sicuri che Calenda sia d’accordo con Renzi? Magari Calenda potrebbe appoggiare Cottarelli. Renzi lo ha scavalcato”. Se si telefona ad  Azione la vicenda è chiara, quasi chiara. Una prima telefonata: “Calenda dice che bisogna attendere e che in campo ci sono due nomi, quello della Moratti e di Cottarelli. Nessuna frizione con Renzi”. Seconda telefonata: “Cottarelli persona rispettabilissima ma, diciamolo, non vince. Non è un civico. Moratti ha possibilità”. L’attore (non) protagonista, che è il professore Cottarelli, nelle intenzioni del Pd, potrebbe fare ticket con Lia Quartapelle che del vecchio e caro Cervetti, e di Giorgio Napolitano, è l’allieva, la tradizione che continua. Questo sabato si terrà la direzione regionale del Pd e il nome di Cottarelli verrà ufficializzato. Ma giustamente non è che Azione e Italia viva siano da meno. Il 19 novembre c’è l’assemblea di Azione “e lì capiremo qualcosa in più” garantisce lo staff di Calenda. Ma il 25 novembre c’è pure quella di Italia viva. E se dobbiamo essere pignoli, non si può slegare il destino della Lombardia da quello del Lazio. Per Calenda serve la bis alleanza: Lombardia-Lazio. Per Letta i casi vanno differenziati. Nel Lazio per  il Pd si deve tentare l’alleanza con M5s (inciso; oggi al Cdm verrà proposto di scucire e ricucire la loro legge bandiera: il Superbonus dal 110 si abbassa al 90 per cento e con parametri di reddito).

 

Insomma, sedetevi e prendete posto. Al nuovo cinema Inferno del centrosinistra si ripropone la classica pellicola. E’ “il disprezzo”. In Lombardia potrebbe probabilmente finire con Letizia Moratti che si rivede Bernardo Bertolucci: “Io mi candido da sola”.

 

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio