Il caso

Meloni si affida a Colle, ma la mina è Berlusconi: "Domenica giuro, non tratto più"

Simone Canettieri

Contatti fra la premier in pectore e Sergio Mattarella. La leader di FdI non vuole più trattare sui ministri. Ballano ancora sei dicasteri, il nodo dello Sviluppo economico

 “Domenica voglio giurare”. Giorgia Meloni prova a sottrarsi al rumore di fondo della coalizione e soprattutto all’ombra lunga di Silvio Berlusconi. Passa la giornata a fare incontri riservati lontana da Montecitorio. Ha contatti con Sergio Mattarella.   Anche oggi, alla vigilia delle consultazioni al Quirinale, non si farà vedere. Domani alle 10.30 salirà al Colle con tutti i partiti che dicono, con più o meno convinzione,  di sostenerla. Con lei ci saranno la delegazione di Matteo Salvini, quella dei centristi e Silvio Berlusconi, accompagnato dai capigruppo dunque anche da Licia Ronzulli. Sarà la prima foto tutti insieme da quando Meloni ha vinto le elezioni. L’istantanea di una famiglia   che ha iniziato a tirarsi i piatti prima di mettersi seduta a tavola, cioè al governo. Il problema è il Cav.  I due non si parlano più.  

L’unico ufficiale di collegamento richiamato in campo è Gianni Letta che partecipa all’incontro a Villa Grande fra il Cav. e Carlo Nordio, probabile ministro della Giustizia e nodo della discordia, uno dei tanti. Dura due ore il vertice. Da Forza Italia dicono che il summit non sblocca lo stallo. Giorgia Meloni intanto ha diversi contatti con il Quirinale. Si affida a Sergio Mattarella nel momento più complicato e di totale caos interno. Il confronto con il Colle serve anche a “pulire” la lista, a fare un primo screening per non perdere tempo. La capa non tratta più.  E soprattutto  sembra non fidarsi di nessuno. “La cosa incredibile è che noi conosciamo i suoi ministri, mentre lei ci impone i nomi e le caselle dove devono andare i nostri”, si lamentano dal partito del Cav. La temperatura sale quando alle 17.30 esce l’audio dell’agenzia LaPresse con le parole di Berlusconi su Zelensky e la guerra in Ucraina.

Chi sta vicino a Giorgia le consiglia di interrompere qualsiasi comunicazione con l’alleato considerato “inaffidabile su tutta la linea”. Dentro Fratelli d’Italia girano commenti ingiusti e violenti sul Cav.: “E’ da Tso”. La premier in pectore esce in serata con una nota netta e inequivocabile contro Berlusconi, al punto di arrivare a mettere in discussione anche la nascita del governo. Dice: “Su una cosa sono stata, sono, e sarò sempre chiara. Intendo guidare un governo con una linea di politica estera chiara e inequivocabile. L’Italia è a pieno titolo, e a testa alta, parte dell'Europa e dell’Alleanza atlantica. Chi non fosse d'accordo con questo caposaldo non potrà far parte del governo, a costo di non fare il governo”. Sono parole definitive, quelle di Meloni. Maturate dopo una giornata in cui incontra i futuri ministri e ragiona sulle caselle. Ne ballano diverse. Adolfo Urso, per esempio, non è più dato come inamovibile alla Difesa. Viaggia verso lo Sviluppo economico al posto di Guido Crosetto. E’ uno snodo non banale: il dicastero dello Sviluppo economico muove a cascata altre pedine. Tutto si tiene. Non solo i no a Forza Italia su Giustizia e Mise. Adesso, per esempio, torna oggetto di trattative l’Agricoltura dopo  il passo indietro imposto al leghista Gian Marco Centinaio (“non è stimato da alcune associazioni di categoria”, è la spiegazioni che danno certi meloniani). Ma questi sono dettagli in confronto al problema con Berlusconi: un macigno sulla strada che la porta a Palazzo Chigi, soprattutto alla luce dell’audio che accende la fine della giornata. In cui Meloni con una nota violenta quanto netta fa capire di essere pronta a tutto. Tanto che dice ancora: “L’Italia con noi al governo non sarà mai l’anello debole dell’occidente, la nazione inaffidabile tanto cara a molti nostri detrattori. Rilancerà la sua credibilità e difenderà così i suoi interessi. Su questo chiederò chiarezza a tutti i ministri di un eventuale governo. La prima regola di un governo politico che ha un forte mandato dagli italiani è rispettare il programma che i cittadini hanno votato”. E’ un messaggio verso il leader di Forza Italia, ma anche un avviso a Matteo Salvini viste le dichiarazioni del neo presidente della Camera Lorenzo Fontana sulle sanzioni alla Russia (“attenzione che non diventino un boomerang”). L’inedito ruolo del leader della Lega, calmo e pacificato, nasconde comunque tante incognite. Non caso l’incontro fra il capo del Carroccio e Berlusconi viene letto con una certa agitazione dallo stato maggiore di Fratelli d’Italia. “Siamo circondati”, ripete Meloni. Pronta a dare una scossa nelle prossime 24 ore, rivedendo una serie di pezzi dell’esecutivo. A partire, forse, da Antonio Tajani agli Esteri, che potrebbe andare a questo punto alla Difesa. La linea della premier in pectore è: non tratto più,  dopo venerdì dopo l’incarico risalirò  sabato  con la la lista dei ministri per giurare poi domenica. “Prendere o lasciare”.

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.