Giorgia Meloni (Ansa)

Effetto Michetti 

Il casting ministeriale di Meloni s'è inceppato

Salvatore Merlo

La ricerca del superministro dell’Economia, del grande tecnico e garante, procede a rilento: anche Daniele Franco e Dario Scannapieco pare abbiano per il momento declinato la proposta. Panetta e Cingolani rifiutano (e non si trova un portavoce). Alla leader di FdI deve sembrare di rivivere i mesi prima delle comunali di Roma

Pare che la ricerca del superministro dell’Economia, del grande tecnico e garante, insomma Fabio Panetta, Daniele Franco o Dario Scannapieco, si sia arenata su una triste sponda, come una vecchia barca: tre ipotetici ministri, tre uomini sicuri, e tre no altrettanto sicuri che forse soltanto Sergio Mattarella potrebbe sciogliere. Anche Roberto Cingolani non vuole restare al ministero della Transizione ecologica, ha infatti un’offerta nel settore privato, e potrebbe trasferirsi in Giappone. Così adesso qualcuno ha portato al sesto piano della Camera, nell’ufficio di Giorgia Meloni, lì dove il governo dovrebbe nascere ma stenta, il curriculum di Antonio D’Amato, l’imprenditore, l’ex presidente di Confindustria. Sarebbe un buon ministro dello Sviluppo e della Transizione ecologica, dicono i suoi sostenitori per convincere la leader. Ma il fatto è un altro.

 

Il fatto è che una sfortuna, stranamente e sinistramente contagiosa, quasi come può esserlo una malattia, improvvisamente avvolge i casting e quelle ricerche di alto profilo che Meloni aveva iniziato ancora prima di vincere le elezioni ma che soltanto adesso, arrivati al dunque, fatalmente, non s’incastrano più. Tu credi di far combaciare tutte le tessere del puzzle, e le tessere per un po’ ti ubbidiscono, ma c’è sempre quel fattore umano, per forza di cose imperfetto, di cui non si può fare a meno: c’è il candidato ministro che ha altre ambizioni nella vita, c’è quello che gratta gratta non si fida, c’è quello che  ha paura di sporcarsi, c’è quello che guadagna troppo e sta bene così...

 

Persino la ricerca del portavoce, che per ambizione e saggio calcolo si voleva esperto, presentabile e non di famiglia, estraneo al mondo della destra, ha preso l’andatura dello zoppo che corre. Andrea Bonini, giornalista di Sky, serio ed elegante, ha rifiutato. E ieri alla Camera è stato visto entrare Gian Marco Chiocci, il direttore dell’agenzia AdnKronos, giornalista conservatore, che però ha rifiutato pure lui. Dicono che per adesso Giorgia Meloni, indispettita dal leggere sui giornali sue frasi riferite ai cronisti da qualcuno degli uomini che le stanno più vicini, provi una piccolissima e fugace sensazione di angoscia di fronte a queste difficoltà. Uno di quei particolari dispiaceri che tuttavia ancora stanno alla grande disperazione come la puntura di una spina sta alla ferita inferta da un coltello. Anche se un po’, a Meloni, adesso deve sembrarle di rivivere quei mesi che l’anno scorso precedettero le elezioni comunali a Roma, quando lei, con tenacia e ambizione, aveva in effetti cercato i migliori candidati possibili per fare il sindaco della capitale d’Italia, gli imprenditori, i grandi professionisti, i presidenti delle associazioni di categoria, ma aveva ricevuto soltanto sorrisi e gentili dinieghi. Così, scendendo sempre più di quota, finì con il candidare a sindaco Enrico Michetti. Un simpatico gaffeur. Ma è presto per disperarsi. Non c’è ancora nemmeno l’incarico, e il presidente della Repubblica non è entrato in partita con la sua capacità di persuasione sui riluttanti. Malgrado appaia innegabile che la nascita del governo non stia scorrendo tranquilla e incanalata come un ruscello di cui osservando la sorgente si possono prevedere con una certa approssimazione il percorso e la lunghezza. Se ne sono accorti pure Matteo Salvini e Silvio Berlusconi, che attendono sulla riva, a braccia conserte, un lieve sorriso: “Meloni ha detto che ci mette la faccia? Vediamo, ce la metta”.  

 

Di più su questi argomenti:
  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.