Foto di Vincenzo Livieri, via LaPresse 

l'intervista

“Il gasdotto si dovrà fare, ma sia Draghi a dirlo. Non posso passare da traditore”. Parla Marsilio

Valerio Valentini

Il presidente dell'Abruzzo (FdI) riconosce che l'infrastruttura di Sulmona è irrinunciabile, ma chiede un dialogo. "La regione sabotatrice? Ereditiamo una contrarietà vecchia di anni. Ma spero che non si mandino i carri armati. Si ascolti il territorio"

Rassegnato, più che convinto. “L’opera s’ha da fare, e si farà. Ma deve essere il governo a metterci la faccia, non posso passare io come quello che tradisce l’Abruzzo”. Chiarezza, dunque. “Perché Palazzo Chigi mi accusa di bloccare il gasdotto incriminato, gli esponenti locali del Pd mi descrivono come un vile per volere acconsentire alla realizzazione dell’infrastruttura”. Eccolo, il presidente tra due fuochi. Ma chi è, al dunque, Marco Marsilio? “Uno che prova a fare le cose che servono”. E il gasdotto, allora, va fatto oppure no? “Se il governo ritiene che sia un’opera strategica...”. Be’, lo è: se la dorsale adriatica del gas, 680 chilometri di tubi, si interrompe a Sulmona, si crea un tappo che impedisce di pompare gas dalla Puglia e dalla Sicilia verso il nord.

 

Altro che Transmed dall’Algeria, altro che raddoppio del Tap. Un intero sistema energetico che resta monco. La diversificazione che va al macero. E quell’idea cara a Giorgia Meloni, quella per cui il sud d’Italia andrebbe trasformato nell’ hub del gas d’Europa, resta uno slogan da campagna elettorale, se poi tutto s’impantana a Sulmona. “Ma allora il governo agisca di conseguenza”, s’impunta Marsilio, presidente meloniano dell’Abruzzo.

 

Solo che il governo, in verità, ritiene che proprio la giunta Marsilio faccia ostruzionismo. “Ma io sono pronto a confrontarmi con Mario Draghi, purché a Palazzo Chigi cambino atteggiamento”.

 

Questione di stile? “Roberto Garofoli, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, mi ha telefonato il 31 agosto scorso. Ero con Giorgia Meloni, a Pescara, stavamo per salire sul palco per un comizio”. Momento inopportuno? “Certo. Garofoli voleva portare in Cdm, l’indomani, la norma per superare il nostro dissenso sul gasdotto. Sono riuscito quantomeno a convincerlo ad attendere”. Ma sono mesi che a Palazzo Chigi attendono un parere del presidente Marsilio. “E io sono pronto a spiegare le nostre ragioni al ministro Cingolani. Che però, ultimamente, è stato spesso all’estero. Spero di riuscire a vederlo la prossima settimana”. 

 

Solo un problema di agende, dunque? “Confrontandoci, troveremo di certo un compromesso. Perché se quel gasdotto tra Sulmona e Foligno è strategico come dicono, allora è il caso di risolvere alcune problematiche”. In verità, nell’ultima riunione tecnica col governo, a metà giugno, i funzionari della regione hanno dovuto ammettere che di obiezioni tecniche non ce ne sono. Manca solo il via libera della giunta. “Quello è stato un parere strettamente tecnico. E anzi, al termine di quella riunione sono dovuto intervenire perché Palazzo Chigi aveva redatto un verbale, che ho poi fatto correggere, in cui si  affermava che l’Abruzzo ritirava ogni contestazione”. E non è vero? “Quella è una richiesta specifica sulla procedura urbanistica, su cui  non c’erano incompatibilità. Non potevamo dichiarare il falso”.

 

Ma quindi ora la regione è favorevole o contraria, all’installazione del gasdotto? “La sede per stabilirlo è una conferenza dei servizi decisoria, alla quale sono pronto a partecipare già domani”. E in quel caso si direbbe favorevole? “In quel caso esporrei le ragioni del nostro territorio. E voglio ricordare che noi ereditiamo una contrarietà vecchia di anni, che risale alla presidenza di Luciano D’Alfonso, del Pd. Ed è una contrarietà trasversale, radicata nella popolazione della Valle Peligna: e la sinistra, e i comitati ambientalisti, e gli ordini dei medici... perfino il vescovo di Sulmona ha guidato cortei di protesta”.

 

Verissimo. Ma è anche vero che la giunta Marsilio ha portato avanti tutti i ricorsi contro il gasdotto rimasti pendenti dalla passata giunta. “Per continuità amministrativa, appunto. Perché qui la situazione è surreale. Io mi ritrovo con Pd e M5s che accusano me di cedere alle richieste di un governo, quello di Draghi, a cui i loro partiti hanno votato per un anno e mezzo la fiducia, non certo noi di FdI che stavamo all’opposizione. E pure il sindaco di Sulmona, che è contrario all’opera, è del Pd”.

 

Ma insomma ora cosa direbbe, Marsilio, a Draghi? Il gasdotto si farà? “Credo che si farà, certo, perché ne va, a quanto pare, dell’interesse nazionale. E però, se è così, deve essere chiaro che non è Marsilio che tradisce la sua terra, è il governo che deve assumersi fino in fondo le sue responsabilità. Magari ascoltando il territorio. A Sulmona c’è un nucleo industriale in grande declino, e le imprese energivore che sono qui potrebbero usufruire di energia a basso costo, se  si farà il gasdotto. Insomma, si possono studiare delle compensazioni per fare in modo che anche la popolazione deponga questa contrarietà aprioristica. E magari si possono valutare modifiche specifiche all’opera, come quella sul tracciato del gasdotto tra Navelli e L’Aquila”. 

 

Ma davvero dopo undici anni – è del 2011, infatti, la prima Valutazione d’impatto ambientale favorevole – si dovrebbe ripartire da capo? “Non è obbligatorio, certo. Possono sempre andare in Cdm e forzare la mano approvando l’opera, e poi magari venire qui coi carri armati e militarizzare tutto. Ma credo che non sarebbe la strada più saggia: la rigidità porta allo stallo. Al contrario, nel caso in cui si optasse per un atteggiamento pragmatico, io mi offro come mediatore, per fare sì che si superino i dissensi e le paure del territorio”.  

 

Eppure è bizzarro: FdI si presenta come partito del fare, sempre attento a tutelare gli interessi nazionali. E poi a Piombino il sindaco meloniano minaccia sfracelli contro il rigassificatore. In Abruzzo, le cose vanno come vanno. Non è che persiste un retaggio populista di quando la Meloni faceva campagna per il referendum contro le trivelle? “Ma no, queste sono semplificazioni. A Piombino è solo una coincidenza che il sindaco sia di FdI. Quella città ha vissuto ferite terribili, e gli abitanti hanno tutte le ragioni per essere arrabbiati e sfiduciati nei confronti dello stato. Quanto all’Abruzzo, direi che c’è una cultura del No che non ha colore politico, e con cui anche io faccio i conti ogni giorno: il mio progetto ferroviario per abbattere i tempi di viaggio tra Roma e Pescara, che pure è ben avviato, si scontra con le proteste di comitati, sindaci spesso di sinistra, ambientalisti di ogni risma. E, devo dire, anche la stampa ha una sua responsabilità nel dare eccessiva visibilità a chi contesta a prescindere”. 

  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.