Perché Letta finora ha sbagliato a inseguire l'agenda di Meloni

Ermes Antonucci

La leader di Fratelli d'Italia parla poco ma detta i temi della campagna elettorale. Il segretario dem prova la svolta con i manifesti neri/rossi e con il suo volto. "Scelta coraggiosa", ci dice Lelio Alfonso (Comin & Partners)

Parla poco, non grida, segue l’inerzia dei sondaggi elettorali, che la danno vincitrice alle prossime elezioni. Eppure, le poche volte che parla, è lei, Giorgia Meloni, a dettare l’agenda della campagna elettorale: tasse, reddito di cittadinanza, immigrazione, presidenzialismo, persino lo sport contro le “devianze giovanili”. E tutti le vanno dietro. “E’ assolutamente così. In questo momento, come spesso succede, chi è davanti nei sondaggi diventa in automatico l’obiettivo degli altri”, dichiara al Foglio Lelio Alfonso, grande esperto di comunicazione (in passato responsabile della comunicazione della presidenza del Consiglio e di Rcs, consulente per Eni e Rai, oggi managing partner di Comin & Partners). “Certo, bisogna stare attenti – aggiunge – perché i sondaggi ogni volta finiscono per rivelarsi non pienamente corrispondenti alla realtà, quindi bisogna evitare di cadere nella trappola di una campagna elettorale dettata dalle bolle”.

La Meloni – spiega Alfonso – in questo momento sta giocando al gatto col topo, ma non perché abbia una sua strategia, ma semplicemente perché la strategia gliel’hanno data gli altri. La situazione assomiglia un po’ a quella che era successa a Salvini quando era all’apice della popolarità, soltanto che il leader della Lega rispondeva agli avversari punto su punto con la famosa ‘Bestia’. La Meloni non risponde punto su punto, perché non ha una vera e propria macchina di propaganda mediatica sui social. Fa una serie di iniziative molto tradizionali. Anche le sue pagine social spesso si limitano a riprendere i luoghi dei comizi oppure a rilanciare le sue dichiarazioni. E’ infatti lei a guidare in prima persona la campagna elettorale, praticamente gli altri esponenti del partito non esistono. Tanto è vero che Letta, correttamente, ora ha iniziato a fare la stessa cosa”.

Alfonso si riferisce all’ultima iniziativa del segretario dem. Manifesti basati sulla contrapposizione cromatica nero/rosso: da una parte le parole d’ordine della destra, dall’altra quelle del Pd, con il volto di Enrico Letta. Un esempio: “Con Putin/Con l’Europa. Scegli”. “Questi manifesti rappresentano una svolta”, dice Alfonso. “E’ la prima volta che un segretario del Partito democratico, o comunque del centrosinistra, ci mette la faccia. E’ un segno di coraggio, perché i rischi ci sono nel farlo, ma è anche la dimostrazione della consapevolezza del proprio ruolo. Bisognerà poi vedere quanto questo sarà accettato dalla base e dai dirigenti, perché a sinistra non c’è mai la voglia di seguire il capo come a destra”.

 

L’uso del colore nero rischia di rinfocolare le polemiche sull’evocazione del pericolo fascista? “No, dal punto di vista tecnico è giusto fare così – replica Alfonso – Bisogna semplificare il messaggio e cosa c’è di più semplice del colore nero? Che non vuol dire fascismo, ma vuol dire sovranismo, oscurantismo. Il rischio, piuttosto, è nel farsi rosso e quindi andare a legittimare l’esistenza di un centro. Ma non c’erano alternative. La battaglia è tra Meloni e Letta”.

Lelio Alfonso, comunque, non ha dubbi: “Nell’ultimo mese di campagna elettorale ne succederanno di tutti i colori”. Le polemiche legate al video dello stupro rilanciato sui social da Meloni sono state solo l’antipasto: “Ci sarà una battaglia senza esclusione di colpi, anche all’interno degli stessi schieramenti. Alle punzecchiature si sostituiranno gli atti di ‘guerrilla marketing’, che andranno ad alzarsi sempre di tono. Teniamo presente che praticamente Salvini ancora non ha cominciato a fare campagna elettorale”.

Per l’esperto di comunicazione, infatti, chi al momento sta sbagliando tutto è proprio il leader della Lega: “L’elettore leghista e salviniano si aspetta qualcosa di più forte – dice Alfonso – Salvini è un po’ imprigionato tra il leghismo più governativo e quello più legato ai tempi di Pontida. Sta tentennando, ma intanto i giorni passano e la Lega si ritrova a non incidere sul dibattito politico”.