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"Le parole di Berlusconi indeboliscono Mattarella". Parlano i costituzionalisti

Ruggiero Montenegro

"Non c'è nessun automatismo per cui il presidente dovrebbe dimettersi", dice Giovanni Guzzetta. Mentre Andrea Pertici avverte: "Legare una possibile riforma costituzionale al presidente in carica rischia di sminuirne la figura"

“Non esiste nessun automatismo”. La risposta del costituzionalista Giovanni Guzzetta è chiara, quando gli chiediamo se davvero il presidente della Repubblica Sergio Mattarella dovrebbe dimettersi come ha detto Silvio Berlusconi, qualora il centrodestra portasse a casa la riforma sul presidenzialismo nella prossima legislatura

“Sicuramente una legge di revisione della Costituzione si dovrebbe far carico, come è accaduto in altre occasioni, di una disciplina transitoria che stabilisca anche il momento dell'efficacia. Ma non ci sono automatismi, né strade obbligate. Questo è il piano formale. Poi ci sarebbero eventuali considerazioni politiche che spettano al presidente della Repubblica”, spiega al Foglio il professore ordinario di diritto pubblico a Tor Vergata, che invita inoltre a “distinguere chiaramente tra campagna elettorale e stesura di un testo tecnico". 

C'è una bella differenza, in effetti: "Oggi dichiararsi presidenzialisti dà un'indicazione netta – continua – ma bisogna anche dire di quale presidenzialismo si parla, se quello americano o il modello semipresidenziale francese, che a mio parere sarebbe più adatto all'Italia”. Berlusconi, per non sbagliare, li ha citati entrambi. “Ma prima di dilungarsi nella tecnicalità, sarebbe necessario un chiarimento in questo senso”, sottolinea Guzzetta.

Sono grossomodo gli stessi dubbi che, sul piano tecnico, solleva anche Andrea Pertici, docente di diritto costituzionale a Pisa. “Non sappiamo ancora niente di come verrebbe concepita la riforma e non ci sono meccanismi automatici previsti dalla Costituzione”. Piuttosto, quando si parla di presidenzialismo, “occorre evitare di parlarne in maniera superficiale per evitare di generare inutile confusione. Il modello statunitense per esempio è molto ben presidiato dal cossidetto check and balance, i meccanismi di bilanciamento dei poteri. Non è semplicemente l'elezione diretta”.

Anche per questo i due professori considerano ancora prematuro soffermarsi sul come verrà scritto il testo di un'eventuale riforma. Quello si vedrà. Nel frattempo ci sono effetti più immediati che derivano da certe dichiarazioni avventate e che possono essere analizzati subito.

Uno sforzo di chiarezza aiuterebbe a svelenire un po' il dibattito che mi sembra molto sopra le righe”, ragiona Guzzetta ponendo innanzittuto una questione di metodo: “C'è il problema di come arrivare al risultato. Tante volte si è tentato di fare riforme in Italia senza successo. È difficile che nel prossimo Parlamento ci sia una parte politica in grado di cambiare da sola la Costituzione, per cui bisogna chiedersi anche come realizzare una riforma che non sia eccessivamente divisiva e che quindi non fallisca a causa di riflessi incodizionati di tipo elettoralistico”. Non è un caso infatti che subito dopo le parole di Berlusconi siano arrivate le reazioni di ferma condanna da parte di tutte le forze politiche al di fuori del centrodestra, a difesa di Mattarella.

“Occorre stare attenti", sottolinea Pertici: "Legare una possibile riforma costituzionale al presidente in carica rischia di portare a un indebolimento della sua figura. Che invece, come si è dimostrato negli ultimi tempi, è bene che sia una figura solida e che venga dunque salvaguardata”, prosegue il docente di Diritto costituzionale. Potrebbe essere insomma un messaggio rivolto al presidente, prima ancora che agli elettori, il senso della dichiarazione di Berlusconi? “È sempre difficile valutare le intenzioni. Mentre è più facile valutare il fatto che non era una dichiarazione necessaria, ma certamente è stata voluta e ricercata”, dice sibillino Pertici: “Berlusconi è in politica da 30 anni, non fa dichiarazioni a caso. Mi sembra ragionevole pensarlo”. 

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