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Dilemmi dem

Letta, Draghi e Conte. Si può arrivare al voto senza volerlo? Parla Zanda

Gianluca De Rosa

Letta riunisce i gruppi e mette alle spalle al muro Conte: "Se il M5s strappa c'è solo il voto". Ma tre i dem si oscilla tra ottimismo e l'"effetto Sarajevo": alle urne ci si arriva anche senza volerlo. Il senatore dem Luigi Zanda lo dice chiaramente: "Il M5s al Senato deve votare la fiducia, non c'è un'altra via"

Il momento è politicamente drammatico. Enrico Letta cita financo lo sparo di Sarajevo. La crisi di governo come la Prima guerra mondiale. Giuseppe Conte come Gavrilo Princip. Meccanismi imprevedibili e pericolosissimi. Il segretario lo dice chiaro ai suoi: “Lo diciamo sommessamente: se cade il governo si va al voto. Non lo diciamo per ripicca nei confronti dei 5 stelle, è semplicemente nella logica delle cose”. E però i toni drammatici stonano con l’atteggiamento del pubblico in sala, i gruppi parlamentari al gran completo con l’aggiunta dei due ministri dem Dario Franceschini e Andrea Orlando.

 

Mentre Letta parla prevedendo l’abisso, loro parlottano e ridacchiano sotto le mascherine. Insomma, al fatto che si vada a votare davvero, come dice il segretario, ci credono in pochi. Tutti lo ammettono: nessuno sa come finirà. “I comportamenti dei 5 stelle non ci hanno mai autorizzato a fare previsioni. Sono imprevedibili, per definizione”, spiega l’ex capogruppo al Senato Andrea Marcucci. Ma in generale tra i parlamentari dem si percepisce una certa fiducia, la sensazione che alla fine Conte non strapperà. “Prevarrà la ragionevolezza”, è il pensiero-auspicio più diffuso tra le truppe Pd. “Che dentro al M5s ci sia stato un dibattito molto importante è evidente”, dice Luigi Zanda, senatore dem vicinissimo al presidente Mario Draghi che però è convinto che la situazione sia tale per cui strappare sarebbe davvero una follia. Insomma che alla fine anche tra i 5 stelle prevarrà la ragione. “Non c’è soltanto la guerra in corso – dice – ma ci aspetta anche un autunno di difficoltà molto serie sull’economia: l’inflazione certo, ma anche il rischio recessione, l’energia, il gas. La simultaneità di tutti questi problemi rende necessario che la Italia abbia un governo forte”.
E se gli si chiede se in fondo un ruolo nella rinnovata anima d’opposizione dei 5 stelle non sia nella tempistica, non proprio felice, della scissione di Luigi Di Maio, Zanda replica così: “Le ragioni delle scissioni sono spesso imperscrutabili, ma sono dei fatti politici che vanno gestiti con l’accortezza necessaria. Non do consigli, ma noi ne abbiamo avute ben quattro, due hanno portato via dal partito due ex segretari, anche dopo siamo andati avanti, ancora più forti”. 

 

E però  Zanda è anche tra coloro che l’imprevedibile scivolata verso le urne non la esclude. Che succederebbe ad esempio se tra i grillini prevalesse la linea dell’astensione oggi, ma con la disponibilità di votare una nuova fiducia successivamente?  “A quel punto – dice il senatore – starebbe al presidente del Consiglio valutare che fare, ma per una forza politica che sostiene il governo è ovvio che il voto naturale deve essere la fiducia”.  Insomma, un voto del genere potrebbe minare la credibilità dell’esecutivo, non garantirgli la necessaria “capacità di fare le cose” che due giorni fa Draghi ha indicato come essenziale, ragion d’essere del governo.

 

E così le variabili sono molte, forse troppe, e il rischio che la situazione precipiti non può escluderlo nessuno. “Oggi – spiega il deputato dem Claudio Mancini – Letta ha fatto un paragone molto puntuale: ha citato lo sparo a Sarajevo, purtroppo il rischio è che si possa arrivare al voto anche senza che qualcuno lo voglia davvero”. 

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