Il caso

Cosa lega Conte e Tremonti? Chiedere a Meloni

Claudio Cerasa

Nella pazza estate politica italiana ci sono due romanzi d'appendice che consentono di mettere a fuoco alcune gustose fragilità nelle coalizioni: un ex premier che si agita per sopravvivere, un ex ministro che si muove sognando Chigi

Nella pazza estate politica italiana, ci sono due piccoli romanzi d’appendice da sfogliare che ci consentono di mettere a fuoco alcune gustose fragilità presenti nelle coalizioni. Il protagonista del primo romanzo si chiama Giuseppe Conte e la sua storia è ormai nota: l’ex presidente del Consiglio ha visto i consensi del suo movimento scendere sotto il livello di guardia, ha registrato sconfitte clamorose alle ultime amministrative, ha dovuto fare i conti con una scissione dolorosa e da settimane cerca con poca fortuna un pretesto per uscire dalla maggioranza. Il presidente del Consiglio, Mario Draghi, che ieri doveva vedere Conte e che invece lo vedrà mercoledì, ha fatto sapere al M5s che senza M5s non c’è il governo (sarà vero?),  che è impensabile dar vita a un altro governo dopo questo con una maggioranza diversa dall’attuale (sarà vero?) e ha ascoltato probabilmente con interesse quanto detto domenica scorsa da uno dei leader politici del Pd che per primo teorizzò l’alleanza con il M5s, Dario Franceschini, il quale ha ricordato che per il M5s uscire da questa maggioranza significa rompere per sempre il rapporto con il Pd. Il primo romanzo, quello di Conte, è un romanzo che ci aiuta a capire quello che gli alleati di una coalizione pensano ma non hanno la forza di dire fino in fondo (i giallorossi esistono ancora?).

Ma accanto a questo romanzo, che è alla luce del sole, ce n’è un altro meno conosciuto e meno evidente, ma non meno reale, che riguarda un ex ministro importante, che da tempo sta cercando, come Conte, un modo per rientrare in partita. Il suo nome è Giulio Tremonti, ex vicepresidente del Consiglio, ex ministro delle Finanze, ex ministro dell’Economia, e oggi uno dei volti del centrodestra del passato su cui scommette di più per il futuro la leader di Fratelli d’Italia: Giorgia Meloni. Da mesi, Meloni, ogni volta che ne ha occasione, ogni volta che dialoga con un pezzo da novanta della classe dirigente italiana, lascia intendere che l’ex ministro dei governi Berlusconi ha il physique du rôle per essere il vero federatore del centrodestra: un vecchio amico della Lega, un vecchio amico di Berlusconi, un recente amico di Meloni. E così capita sempre più spesso che gli account social di Giorgia Meloni rilancino i video del professor Tremonti. Capita sempre più spesso di sentir dire ad alcuni parlamentari di Fratelli d’Italia, e a volte anche alla stessa leader, che Tremonti è certamente una carta centrale per il futuro, qualora il centrodestra dovesse vincere le elezioni. E a sua volta, però,  Meloni, che intanto grazie a Tremonti è entrata a far parte dell’Aspen Institute, di cui Tremonti è presidente, si sente spesso ripetere da alcuni esponenti dell’establishment con cui la leader di Fratelli d’Italia ha confidenza, che un nome come Tremonti, per quanto prestigioso, non avrebbe altro effetto, all’interno del centrodestra, se non quello di dividere ancora di più i partiti della coalizione, di enfatizzarne i limiti, di mettere in rilievo le contraddizioni.
 

Meloni, forse per esorcizzare la possibilità che un domani possa toccare a lei giocarsi le carte per avvicinarsi a Palazzo Chigi, da tempo parla di Tremonti come il perfetto candidato premier del centrodestra, ma da quando ha iniziato a lasciare intendere questo scenario, più o meno all’indomani della conferenza programmatica organizzata da Fratelli d’Italia a inizio maggio a Milano, quando a Tremonti venne affidato il compito di mettere insieme una serie di “appunti per un programma conservatore”, da quel momento a Meloni capita spesso di sentirsi rivolgere  domande su Tremonti. Giorgia, ma sei sicura di Tremonti? Ma tu lo sai cosa dice Tremonti di Draghi? Ma tu lo sai cosa pensa Berlusconi di Tremonti? Nella pazza estate politica italiana, ci sono due romanzi d’appendice da sfogliare. Nel primo c’è un ex premier con poche ambizioni che studia un modo di resistere. Nel secondo c’è un ex ministro con molte ambizioni che studia il modo per proporsi come premier. Bluff o no, la pazza estate dalla politica italiana passa anche da qui. 

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.