Il caso

Salvini e i fantasmi di Giorgetti. E spunta un comitato per le liste elettorali

Simone Canettieri

Il leader dopo il pasticcio del viaggio a Mosca si concede un po' di relax con la fidanzata.  Nella Lega monta lo scetticismo. I governatori pronti a inserirsi quando ci sarà da fare le liste per le politiche

 Alla fine Matteo Salvini ha preso per buono il consiglio non richiesto di Guido Crosetto: bagaglio leggero e via per qualche giorno di sole e relax in compagnia della compagna Francesca Verdini.  Il dirigente di Fratelli d’Italia aveva suggerito al leader della Lega di andare “un po’ di ferie, anche dalle dichiarazioni”. Un po’ di “stacco” dopo il pasticcio della visita a Mosca. “Matteo non andrà a San Pietroburgo, ma in Italia”, scherza chi lo conosce bene. Intorno al capo del Carroccio, dentro e fuori dal partito, è tornata una cappa di scetticismo. Meglio dunque farsi un giro. E  inviare oggi al banchetto con i Radicali Roberto Calderoli. 


 A  meno di due settimane dalle amministrative e dai referendum sulla giustizia, tutto fa pensare che Salvini veleggi verso una   disfatta inesorabile e abbastanza già scritta. Superato da Giorgia Meloni nel voto di lista, lontano dal quorum sui referendum sulla giustizia. Intanto vive ore di accerchiamento. Lo attaccano quasi tutti: dal governo agli alleati del centrodestra fino all’Europa. 


E così sono ore di nuovo gravide di  fantasmi, per l’ex ministro dell’Interno. Il primo spauracchio si chiama Giancarlo Giorgetti: poche parole ma puntute, tanti silenzi ma eloquenti.

Il giorno dopo la bocciatura alla missione moscovita del suo leader, il ministro dello Sviluppo economico si esercita in un copione già visto in passato (e che per la verità, al di là dei mugugni non ha mai prodotto risultati). Da una parte dunque G. G. nega dissidi interni, dall’altra  spalanca una finestra sul futuro della Lega: “La situazione del mio partito  è quella che decideranno gli elettori perché sono proprio gli elettori in democrazia che decidono se siamo bravi o no. Ovviamente noi pensiamo di essere i più bravi del mondo ma sono gli elettori che decidono”. 


Parole che gli esegeti del giorgettismo, pratica abbastanza diffusa in Parlamento, hanno interpretato come una messa in mora per Salvini. Per il ciclo: vedremo quanto prenderai alle prossime politiche  e dopo ci sarà, forse, la resa dei conti interna. Alle prossime elezioni manca un anno o giù di lì, e nessuno è in grado di allenarsi in pronostici. Gli scenari, però, non mancano. E questi ultimi scivoloni sembrano indebolire, perfino agli occhi di un bambino, la linea dell’ex Capitano. Tanto che proprio dalle sue parti nessuno si sente di escludere che, salvo sorprese dirompenti, quando ci sarà da scegliere i nomi da mettere in lista scatterà una sorta di “comitato di garanti intorno a Salvini”. A decidere sarà lui, ma supportato da Giorgetti e dai governatori, a partire dal tandem Zaia-Fedriga, passando per il presidente della Lombardia Fontana, l’unico a difendere pubblicamente il quasi viaggio a Mosca del leader. Parole di stima che, secondo i maligni, guardano anche alla ricerca del bis al Pirellone “dell’Attilio”.

Salvini nelle chat dei parlamentari diffonde, ovvio, messaggi di pace. All’insegna del “in una grande squadra ci sono giocatori con caratteri diversi, ma gli obiettivi sono comuni e concreti”. Ma poi nei colloqui privati con i fedelissimi a cui risponde al telefono mette in fila i fatti. Non solo ribadisce la sua buona volontà diplomatica, ma osserva gli effetti di questo ennesimo caso mediatico. Uno porta a Torino, per esempio. E alla mossa di Paolo Damilano, candidato sindaco del centrodestra alle ultime elezioni che giusto quarantotto ore fa ha annunciato di  voler lasciare il centrodestra con il suo movimento in polemica “con una leadership populista e poco credibile”. Dalle parte di Salvini, anche se non lo possono ammettere fra virgolette, sono sicuri di aver trovato l’impronta di Giorgetti, a cui l’imprenditore è molto legato. Lo stesso ministro che “nelle riunioni interne di partito ha sempre criticato Draghi, dall’obbligo vaccinale al green pass, salvo poi non proferire mai verbo”. E così ripartono i sospetti e aleggiano i fantasmi. Non molti si ricordano che alla grande iniziativa di Salvini dello scorso 14 maggio, risposta a quella milanese di Meloni, Giorgetti si collegò da Varese, da Varano Borghi, perché impegnato nella presentazione del libro  “In lacubus territorij nostri” dedicato ai coregoni. Il giorno prima, però, aveva trovato il modo di essere presente all’iniziativa di Mara Carfagna a Sorrento, e ancora prima  aveva detto di sì a quella di Carlo Calenda. Nomi che suscitano in Salvini l’idea di grande centro e l’impressione che il suo vice gli voglia “sbeccare la   leadership”. Già di per sé ammaccata. E in preda alle gaffe. L’ultima su Twitter. “Un plauso al dialogo e alla diplomazia per commentare la prima nave partita dal porto di Mariupol”. Era carica di 2.500 nastri di acciaio rubati dai russi ad Azovstal. 

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.