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la strategia

Moderati, progressisti e Cl: il partito di Draghi in Lombardia che guarda alle regionali

Andrea Emmanuele Cappelli

A un anno dalle regionali in Lombardia il sottobosco della politica è particolarmente movimentato e tra compagnie di ventura e cavalieri solitari in più di uno potrebbe andare alla ricerca del premier

Sono trascorse poco più di ventiquattr’ore dalla visita del premier a Milano ma - a giudicare dalle voci - pare che nel tragitto verso Roma abbia lasciato dietro di sé una scia luminosa. Il curriculum internazionale, il prestigio personale e il peso del ruolo che ricopre potrebbero avere attratto parecchi notabili del nord nella sua orbita: è possibile che in Lombardia possa prendere vita un soggetto politico riconducibile all’attuale presidente del Consiglio? E soprattutto, chi ne farebbe parte?

La verità è che dopo gli ultimi sommovimenti interni al centrodestra sono proprio i moderati a guardare a Draghi. Gli appartenenti a Comunione e liberazione alle ultime amministrative e alle regionali del 2018 si sono presentati all’interno della lista Noi con l’Italia, formazione di centro guidata da Maurizio Lupi. Oggi il partito vale più o meno il 2% a livello nazionale (ultima rilevazione a cura di Noto Sondaggi per il programma televisivo ‘Porta a Porta’) e in terra lombarda ha permesso a Matteo Forte di essere rieletto in Consiglio comunale a Milano nelle amministrative dell’ottobre 2021, con la bella cifra di 2.629 preferenze personali. Anche in Regione la piccola formazione centrista ha i suoi rappresentanti: in giunta siede infatti l’assessore all’Ambiente Raffaele Cattaneo e il Consigliere regionale Luca Del Gobbo (6.550 preferenze alle regionali del 2018 e attuale candidato sindaco di Magenta, nell’hinterland milanese). In vista del prossimo anno una parte di questo mondo potrebbe tentare di confluire nel centrodestra ma la ‘fusione’ con Forza Italia presenta più di una criticità. Il partito di Berlusconi è ben presidiato dai suoi leader locali e gli spazi rischiano di essere sempre più risicati per eventuali innesti. Tra gli altri possibili “draghiani” Manfredi Palmeri, che nel 2018 è riuscito nell’impresa di entrare al Pirellone con la lista ‘Energie per l’Italia' di Stefano Parisi e che oggi cerca un nuovo soggetto politico in cui accasarsi. Per tutti loro l’alternativa valida potrebbe essere creare ex novo un contenitore politico di centro, attraente quanto basta per garantire ai suoi candidati (a cui non mancano le preferenze personali) di restare in sella.

Sul versante di sinistra, invece, resta da chiarire se il Pd riuscirà a riunire all’interno di una coalizione il variegato mondo progressista che va dal Movimento 5Stelle a +Europa, dai Verdi ad Azione di Calenda e che comprende anche il civismo di sinistra, oggi rappresentato all’interno del Consiglio regionale da Elisabetta Strada (Lombardi Civici Europeisti). A tentare di attrarre queste formazioni all’interno di un’eventuale ‘lista Draghi’ potrebbe essere Gianfranco Librandi, che di esperimenti politici se ne intende (ex Pdl, Fi, Scelta Civica e Pd, dal 2019 approdato in Italia Viva). L’imprenditore di Saronno vanta numerose amicizie nel campo progressista: sostenitore di Matteo Renzi, il deputato di Iv è vicino anche a Beppe Sala e Carlo Calenda. A questo proposito il leader di Iv, nella sua ultima incursione milanese - avvenuta la scorsa settimana - non ha risparmiato fendenti a Carlo Cottarelli (“Come candidato del centrosinistra in Lombardia non lo vedrei bene”), riservando al contrario parole al miele per Beppe Sala, che secondo l’ex premier dovrebbe addirittura “pensare a un ruolo nazionale”.

Che il messaggio in bottiglia per il primo cittadino di Milano fosse un invito a costituire un fronte progressista con Verdi, azionisti e renziani, e magari con Mario Draghi a fare da garante? Una simile coalizione, infatti, potrebbe ambire a raggiungere il 7 - 8%, ponendosi come “terza gamba” del mondo progressista assieme a Pd e M5S. In Lombardia, del resto, gli uomini di Calenda hanno dichiarato pubblicamente di non voler far parte di un’alleanza che comprenda al suo interno i “famigerati grillini”. In definitiva, un ipotetico esperimento “draghiano” potrebbe trovare sponde tanto a destra quanto a sinistra, portando queste forze a convergere simultaneamente verso il centro. Vero è che gli ultimi esperimenti di questo tipo (vedi Mario Monti con la sua Scelta Civica, durata lo spazio di una campagna elettorale) non hanno mai portato a grandi risultati: resta quindi da capire se le piccole ma agguerrite milizie che da destra a sinistra solcano le valli lombarde in cerca di un approdo riusciranno a montare sul dorso del Draghi.

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