Bandire il gas russo?

"Embargo totale giusto e possibile". Parla Irene Tinagli, vicesegretario del Pd

Agire ora, quando c'è possibilità di indebolire Putin compatti

Marianna Rizzini

Siamo disposti a lasciare che un dittatore capovolga l'ordine mondiale? E abbiamo considerato bene l'altro scenario, quello della guerra prolungata, con crisi alimentari e ondate di profughi? Colloquio con la dirigente dem

Mosca è “fuori dalle regole”, “nessuna incertezza è possibile”, ha detto ieri il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Fino a dove spingersi? Si può dire “embargo totale” per il gas russo? O è un tabù per la politica italiana ed europea? Non lo è per Irene Tinagli, vicesegretaria Pd ed europarlamentare. “E’ un tema caldo in tutta Europa, viste le possibili ricadute economiche. Ma sappiamo anche che il potenziale impatto di un’interruzione delle forniture può essere mitigato cercando fonti alternative di approvvigionamento, accelerando le procedure amministrative per le rinnovabili. L’Italia in questo è molto attiva, e come Pd abbiamo sottolineato l’importanza di un’azione in questo senso, difficile ma necessaria, perché, se fatta tutti insieme, potrebbe essere l’arma decisiva per fermare Putin”.

 

Anche il Parlamento europeo si è pronunciato in maniera netta “per l’embargo su tutte le fonti energetiche russe”, dice Tinagli, “con un consenso ampio e trasversale tra i gruppi. Certo, alcuni paesi sono più cauti, come la Germania. Ma anche la Germania ha dato l’ok all’embargo sul carbone, ha più che dimezzato la dipendenza dal petrolio russo, e sta lavorando anche sul gas. Ci sono poi visioni diverse su che cosa significhi prolungare la guerra, e c’è chi esprime dubbi sul fatto che l’embargo possa avvicinarci alla fine del conflitto. È difficile avere certezze, ma temo che questi distinguo siano più che altro alibi. Si è visto come agisce Putin, l’inasprimento delle azioni militari, il rifiuto del dialogo. Penso quindi che le condizioni per l’embargo siano mature”.

 

L’Europa ha sempre cercato una soluzione diplomatica. Appare però sempre più evidente che Putin non intende dialogare ma solo raggiungere il suo obiettivo. “Come dice il cancelliere tedesco Olaf Scholz”, osserva Tinagli, “Putin vuole imporre una pace dittatoriale. Questa non può essere la soluzione. Vorrei che lo capissero anche alcuni presunti pacifisti di casa nostra: concedere a Putin una pace alle sue condizioni vuol dire non solo la resa dell’Ucraina, ma la resa del mondo occidentale a un modo di imporre la forza nelle relazioni internazionali, al sovvertimento di ogni ordine mondiale”.

 

L’Europa cerca, ancora oggi, di mantenere aperto un canale di dialogo con Putin, ma “di fronte alla sua indisponibilità”, dice Tinagli, “l’embargo potrebbe essere l’unica arma per indebolirlo e costringerlo a negoziare. Non ci sono certezze, quelle che invece hanno alcuni signori che vanno in tv, ma neanche alternative. Tra l’altro anche Putin può usare l’arma dell’energia in modo selettivo e mirato con l’obiettivo subdolo di ricattare e dividere l’Europa, e proprio in questi giorni ha iniziato a farlo. L’Europa non può subire questa strategia, ma deve giocare d’anticipo in modo compatto, restando unita. L’alternativa, cioè una qualche forma di resa, non è una soluzione. Mi sorprende quando sento dire ‘non facciamo innervosire Putin’. E che cosa dovremmo fare: accettare il sopruso di un dittatore che ha invaso un paese libero e che ha come obiettivo di annientare le nostre democrazie liberali?”.

 

La preoccupazione per le conseguenze economiche resta. “Quello che però spesso non si considera”, dice la vicesegretaria del Pd, “è lo scenario che verrebbe a configurarsi non imponendo l’embargo. C’è chi pensa o spera  che la guerra finisca a breve, chi tra due mesi. Ma se non si impone l’embargo, visto il comportamento di Putin, l’alternativa non è la fine rapida della guerra. L’alternativa, non facendo nulla, sarebbe con grande probabilità un conflitto che si prolunga, magari per anni, con Putin che chiude a intermittenza i rubinetti del gas, carenze sempre maggiori di materie prime, crisi alimentari senza precedenti nel mondo e ancora più massicce ondate di rifugiati dai paesi poveri. Stiamo valutando bene questo scenario? Io credo che le nostre carte vadano giocate ora, quando sono più efficaci. Dire a Putin ‘forse mettiamo l’embargo tra un anno’ è assurdo e inutile. Ricordiamo tutti l’inizio della pandemia, quando c’era riluttanza verso le chiusure. Ed era comprensibile, viste le possibili conseguenze economiche, ma poi abbiamo capito che per minimizzare i danni nel lungo periodo bisognava sacrificarsi nel breve. Ecco, anche ora dobbiamo fare un sacrificio, comunque meno gravoso per noi di quello che abbiamo fatto durante la pandemia, ma per difendere la democrazia e la libertà”.

 

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.