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Il Pd si attrezza per il bipolarismo con Meloni mentre Salvini affonda

La leader di FdI inizia a muoversi fuori dal suo recinto per rimediare alla scarsità di personale politico a sua disposizione. Letta osserva, convinto che sarà lei la candidata premier da battere. Ma la preoccupazione principale al Nazareno resta l'alleato grillino, sempre più giù nei sondaggi

La leader di Fratelli d’Italia è diventata l’avversaria preferita del Partito democratico. Infatti, mentre Silvio Berlusconi alla festa del non-matrimonio incorona leader Matteo Salvini, al Pd si lavora già quasi dando per scontato il fatto che alla fine la candidata premier del centrodestra sarà Giorgia Meloni.

 

E infatti al Nazareno, la sede centrale del Pd, si stanno prendendo le misure della nuova avversaria, immaginando nel 2023 uno scontro a due tra Enrico Letta da una parte e la leader di Fratelli d’Italia dall’altra. In questo senso è stata valutata anche la presa di posizione molto ferma di Meloni sull’invasione russa in Ucraina. E, nonostante ci si prepari a combattere la numero uno di FdI, quella mossa è stata molto apprezzata nella logica di un bipolarismo senza gli estremismi e i populismi che caratterizzano invece la Lega e il suo leader.

 

Al Partito democratico sanno anche che Giorgia Meloni, proprio in vista delle elezioni politiche del 2023, si sta muovendo fuori dal recinto stretto del suo movimento, perché la leader di Fratelli d’Italia è consapevole del fatto che il personale politico a sua disposizione, se vuole veramente aspirare al ruolo di candidata alla premiership, non è adatto allo scopo. Ora Meloni punta a mettere nelle liste delle politiche anche personalità culturalmente affini al centrodestra ma senza la tessera di partito in tasca. E ha intenzione di qui a un anno di muoversi, sia all’estero sia in Italia, per accreditarsi nei luoghi che contano e nei cosiddetti salotti buoni.

 

Questo lavorìo della leader di Fratelli d’Italia non sembra però preoccupare il Partito democratico. Al Nazareno infatti sono convinti che nello scontro elettorale tra Meloni e Letta quest’ultimo avrà la meglio perché sa ispirare maggior fiducia agli italiani che in questa fase hanno bisogno di rassicurazioni. Quel che impensierisce invece il Pd è l’alleato grillino che in tutti i sondaggi riservati continua a perdere consensi. Il rischio che alla fine Giuseppe Conte si ritrovi con un partito che ha una percentuale a una cifra viene giudicato assai realistico.

 

Dunque, il timore è, semmai, che la prossima competizione elettorale del 2023 possa risolversi in un pari e patta. Secondo le proiezioni che vengono fatte in questi giorni, basandosi su sondaggi riservatissimi, anche in caso di crollo del Movimento 5 stelle, infatti, il centrodestra potrebbe vincere alla Camera ma non al Senato. E’ chiaro che queste proiezioni vengono fatte sulla base dell’attuale sistema elettorale, sistema che, nonostante le pressioni molto forti che vengono anche dal Pd, al Nazareno pensano che resterà immutato. Le possibilità che alla fine si riesca a giungere a un sistema proporzionale non vengono tenute in gran conto, nonostante anche nel fronte del centrodestra si siano aperte le prime crepe. Sia nella Lega sia in Forza Italia da qualche tempo in qua si stanno muovendo infatti le truppe dei proporzionalisti.

 

Ma se alla fine la partita elettorale del 2023 finisse con un sostanziale pareggio, o meglio, con una non vittoria del centrodestra, che cosa farebbe il Pd? L’interrogativo è tutt’altro che peregrino perché Letta nel suo discorso di insediamento un anno fa aveva detto con grande forza che mai più i dem sarebbero andati al governo senza una vittoria alle elezioni. E di recente il leader del Pd ha ribadito il concetto.