(foto Ansa)

Il buon predellino leghista

Claudio Cerasa

Può esistere un centrodestra desideroso di investire su un’agenda non sovranista? Le carte di Salvini, i test per crescere, l’Ucraina e quel bivio per la Lega: o cambiare la rotta o cambiare i timonieri

Non sarà certamente lo scenario che ha in mente Matteo Salvini, che ieri ha riunito in un consiglio federale molto acceso i vertici della Lega per provare a leccarsi le ferite post Quirinale, ma l’idea di un predellino leghista, di un superamento cioè degli attuali confini del più importante partito del centrodestra, è un’idea che meriterebbe di essere presa sul serio ed è un’idea che a certe condizioni potrebbe persino aiutare il sistema politico a fare un passo in avanti verso un futuro non da incubo. Proviamo a orientarci. La Lega di Matteo Salvini, lo abbiamo scritto, esce a pezzi dalla partita quirinalizia. Salvini aveva promesso che questa volta sarebbe toccato alla destra scegliere il presidente (“tocca a noi”) e invece la destra altro non è riuscita a fare che dividersi, lacerarsi, bruciare candidature su candidature, rafforzare gli avversari e rieleggere il presidente già scelto dal Pd sette anni fa (“tocca a loro”).

Matteo Salvini, ieri, poco prima di presentarsi alla riunione della Lega, ha riconosciuto la presenza di alcune difficoltà nel centrodestra ma nonostante tutto e nonostante le critiche ha rivendicato la scelta fatta sabato scorso di guidare un pezzo di centrodestra verso il sì alla riconferma di Mattarella anche a costo di allontanarsi in modo vedremo quanto reversibile da un partito (Fratelli d’Italia) che si candida a essere il vero erede politico del M5s. E in questo senso, la nascita di una Lega per così dire mattarelliana, che cerca di trasformare la sua esperienza nel governo Draghi in un’occasione di riscatto e provando a dare una degna rappresentanza alla Lega dei territori provando a federarsi con ciò che resta di Forza Italia anche per differenziarsi dal Movimento 5 Meloni, è una notizia che potrebbe rientrare all’interno di una logica positiva sempre che la notizia non sia una delle tante utilizzate da Salvini solo per coprire mediaticamente il suo flop quirinalizio.

Non è detto che il predellino di Salvini conduca a questo esito, non è detto che il rapporto tra la Lega e Forza Italia possa diventare qualcosa di simile al rapporto che hanno in Germania la Cdu e la Csu, non è detto che come sperano Renato Brunetta e Giancarlo Giorgetti la Lega possa fare un passo verso il Ppe, non è detto che Salvini abbia davvero voglia in Europa di emanciparsi dagli estremisti da quattro soldi con cui è gemellato in giro per il continente, ma quello che è certo è che negli ultimi undici mesi la Lega è cambiata. E’ una Lega meno di lotta e più di governo. E’ una Lega più simile a quella dei governatori che a quella del Papeete. E’ una Lega che in Europa prima vota sì al Recovery, nel febbraio 2021. Poi, sempre a febbraio, vota sì al governo Draghi. Poi, pochi mesi dopo, vota sì a Roberta Metsola, nuovo presidente del Parlamento europeo, insieme con il Pse oltre che con il Ppe. Infine, tre giorni fa, vota al Quirinale lo stesso presidente della Repubblica diventato negli anni un simbolo dell’europeismo e dell’antisovranismo. E’ possibile che Salvini, come si dice, abbia votato Sergio Mattarella solo per evitare di ritrovarsi al Colle Pier Ferdinando Casini, ma se la Lega avesse il coraggio di trarre fino in fondo delle conseguenze dalle mosse compiute negli ultimi mesi non dovrebbe avere dubbi su quali passi compiere nel futuro. Prendere atto che il sì al Pnrr è un fatto politico non reversibile. Prendere atto che l’appartenenza al governo Draghi è un fatto politico non rovesciabile. Prendere atto che il voto su Mattarella è un fatto politico non cancellabile. Prendere atto che la Lega governa già oggi regioni che valgono circa la metà del pil italiano. E prendere atto che arrivati a questo punto della storia la Lega ha di fronte a sé due strade. La prima  è quella che porta Salvini a capire che la Lega è cambiata (viva il predellino, viva il proporzionale). La seconda strada è quella che porta la Lega a capire che o si cambia la rotta o si cambia Salvini. E per capire quale strada potrà prendere la Lega i passaggi da osservare sono due. Il primo è politicistico: che fine farà il predellino. Il secondo è strategico: che cosa farà la Lega se l’Europa proporrà sanzioni contro la Russia in caso di invasione dell’Ucraina? Salvini lo sa. O si prende atto che la Lega è cambiata o alla fine la Lega dovrà trovare un modo per cambiare Salvini.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.