Mario Draghi e Maurizio Landini nella sede della Cgil (Ansa)

Lo sciopero generale

L'azzardo di Landini che sfida Draghi e rompe il fronte sindacale

Ruggiero Montenegro

La manifestazione, annunciata insieme alla Uil contro la legge di Bilancio, irrita il governo e il centrosinistra. La Cisl: "Sbagliato radicalizzare il conflitto".  Lo strappo della Cgil spacca l'unità dei sindacati, come non accadeva dal 2014. E il segretario ora rischia l'effetto boomerang

Otto ore di sciopero generale perché, “pur apprezzando lo sforzo e l’impegno del premier Draghi e del suo esecutivo, la manovra è stata considerata insoddisfacente da entrambe in particolare sul fronte del fisco, delle pensioni, della scuola, delle politiche industriali e del contrasto alle delocalizzazioni, del contrasto alla precarietà del lavoro soprattutto dei giovani e delle donne, della non autosufficienza”. Cgil e Uil hanno annunciato ieri la mobilitazione, prevista per il 16 dicembre. Poco importa quale sia il prezzo di una scelta di questo genere.

  

Non è la prima volta in questi ultimi mesi che i sindacati agitano lo spettro dello sciopero, ma oggi, pare, andranno fino in fondo, anche a costo di perdere i pezzi. La Cisl infatti non ci sarà: si è defilata in quanto “considera sbagliato ricorrere allo sciopero generale e radicalizzare il conflitto in un momento tanto delicato per il paese. Tanto più considerati i rilevanti passi avanti fatti nell'ultimo mese sui contenuti della legge di bilancio", ha fatto sapere attraverso una nota il segretario Luigi Sbarra. La cui contrarietà alla mobilitazione generale non è certo una novità, visto che già a inizio novembre aveva dichiarato: “Evocare lo sciopero continuamente rischia di sminuirne il valore e la portata".

 

Si riferiva, in particolare, a Maurizio Landini e agli strappi annunciati sul green pass prima e sulle pensioni poi. Allarmi tutti rientrati, ricomposti nell'ambito del dialogo tra le parti sociali, attraverso tentativi di “pacificazione” come nel caso dell'assemblea generale di Confindustria, quando il leader Carlo Bonomi sedeva con il capo della Cgil e il premier, in una sorta di rappresentazione simbolica di un'alleanza per il Pnrr. E poi c'era stato anche l'assalto alla Cgil da parte di No vax e No green pass, con la successiva solidarietà di Mario Draghi, a rinsaldare il rapporto tra Landini e il governo.

 

Non è bastato, evidentemente. Ed è anche per questo, allora, che l'ex presidente della Bce è rimasto spiazzato dalla fuga in avanti delle due sigle sindacali. Irritato secondo qualcuno, arrabbiato secondo altri: "La manovra è molto espansiva e accompagna fuori dall'emergenza economica famiglie, lavoratori e pensionati. I numeri e i dati parlano da soli, in questo momento lo sciopero è immotivato, non è comprensibile'', è la posizione fatta filtrare ieri da Palazzo Chigi. Che tuttavia spera ancora di poter ricostruire il quadro, almeno stando a quanto dichiarato questa mattina a Radio 1 dal ministro del Lavoro Andrea Orlando: “Credo ci sia spazio per il dialogo. Non mi sfuggiva che il sindacato avesse dei dubbi ma ho letto le motivazioni e francamente non posso nascondere una certa sorpresa. La manovra come tutte le manovre può avere luci e ombre, ma questa rafforza le garanzie per i lavoratori, aumenta le risorse sul fronte del sociale, degli ammortizzatori e non autosufficienza”, ha detto l'esponente del Pd, senza nascondere un certo disappunto, che non appartiene in realtà solo a Orlando e che rischia di trasformarsi in un boomerang anche per gli stessi sindacati, considerando che tra le forze di centrosinistra la notizia dello sciopero non ha certo riscosso grandi entusiasmi.

  

E non è tutto, perché la scelta di Landini e Bombardieri significa anche rottura dell'unità sindacale, come non accadeva dal 2014, in occasione delle proteste contro il Jobs Act di Matteo Renzi. Una decisione che assume un certo peso dal punto di vista strategico e apre quanto meno una serie di interrogativi sul futuro delle relazioni sindacali. A piazza San Giovanni, nel corso della grande manifestazione seguita all'attacco alla sede della Cgil, Landini aveva rivendicato con forza e orgoglio l'unità delle sigle confederali, la piattaforma attraverso cui rilanciare le istanze di tutti i lavoratori e intorno a cui costruire le nuove forme di concertazione. Cosa succederà ora? Cgil e Uil torneranno sui loro passi o ci saranno altri strappi? Le risposte non ci sono ancora, saranno più chiare tra qualche ora o tra qualche giorni, ma il sospetto è che intanto da questa vicenda il primo a rimetterci sia proprio Landini. E la sua capacità di trattare e mediare, quando c'è ancora molto da decidere.