Mauro Scrobogna /LaPresse 

L'intervista

“L'Italia non ha nulla da temere da una relazione speciale con la Francia", dice Sandro Gozi

Annalisa Chirico

Domani Draghi sottoscrive il Trattato del Quirinale con Macron. "O si ricostruisce l’Europa su un treppiede – Roma, Berlino, Parigi – oppure l’Ue non ce la farà", dice l'ex sottosegretario agli Affari Europei nei governi Renzi e Gentiloni

“La cooperazione tra Italia e Francia va strutturata e formalizzata, non può dipendere dalle personalità presenti di volta in volta all’Eliseo e a Palazzo Chigi”, la pensa così l’europarlamentare Sandro Gozi, ex sottosegretario agli Affari europei nei governi Renzi e Gentiloni, attuale componente del gruppo Renew Europe che ha contribuito a fondare. Gozi esprime un giudizio positivo sul Trattato del Quirinale che giovedì il presidente del Consiglio Mario Draghi sottoscriverà solennemente insieme al capo dello stato Emmanuel Macron. “L’Italia non ha nulla da temere da una relazione speciale con la Francia. Gli interessi dei nostri paesi non sono mai stati così convergenti. Dalle priorità europee alla transizione ambientale, dalla riforma del Patto di stabilità alla rivoluzione digitale, italiani e francesi hanno compreso che farsi la guerra serve a poco, meglio cooperare a monte dei processi anziché accusarsi reciprocamente a valle. Pensate alla Libia dove Roma e Parigi, agendo in un’ottica competitiva l’una contro l’altra, hanno preparato l’arrivo di russi e turchi, paradossale”.

Il Trattato del Quirinale si articola in undici capitoli, uno è dedicato alla difesa. C’è il rischio che l’Italia finisca nell’area di influenza dell’unica potenza nucleare Ue? “Lo escludo, Italia e Francia sono due grandi paesi alla pari, con una storia e un’industria di enorme prestigio. Dobbiamo metterci in testa che o si ricostruisce l’Europa su un treppiede – Roma, Berlino, Parigi – oppure l’Europa non ce la farà. Nel campo della difesa c’è la necessità di una cooperazione rafforzata che unisca italiani, francesi, tedeschi, spagnoli e, speriamo presto, polacchi per investire in un’industria europea sempre più competitiva su scala globale”. La cooperazione europea nel campo della difesa diventa vieppiù rilevante dopo l’esclusione della Francia dall’accordo Aukus nel Pacifico? “Indubbiamente, la partita assume una priorità ancora maggiore se pensiamo che da gennaio la presidenza Ue passerà proprio alla Francia. Nel corso dell’incontro bilaterale tra Joe Biden e Macron al G20 di Roma, gli Usa hanno riconosciuto il valore dell’autonomia strategica e di difesa francese in ambito europeo, rimediando in parte alle tensioni dovute alla crisi dei sommergibili. C’è poi lo scacchiere mediorientale dove l’Italia coltiva numerosi interessi, seppure non forti come quelli francesi in Libano”.

Il presidente della Commissione Esteri della Camera Piero Fassino ha fatto notare che la Francia è il nostro secondo partner commerciale, dopo la Germania, e che il numero di aziende italiane operanti oltralpe uguaglia quello delle francesi attive in Italia. “La bilancia commerciale è in attivo per l’Italia, in altre parole vendiamo ai francesi più di quanto compriamo da loro, le nostre aziende creano migliaia di posti di lavoro in Francia, l’aeroporto di Nizza è gestito da italiani. Non vedo il rischio di colonizzazione francese: Philippe Donnet, francese, guida un gruppo internazionale come Generali ben radicato in Italia. Luca De Meo, italianissimo, è ceo di Renault”. I francesi di Vivendi sono il primo azionista di un’azienda strategica come Tim, adesso nel mirino del fondo Kkr. “È solo una questione di calendario. Quella di Tim è una vicenda di mercato ma i francesi di Vincent Bolloré, come abbiamo visto, non seguono certo l’agenda del presidente Macron. È tuttavia indubitabile che in questi anni abbiamo assistito a contrasti forti tra Parigi e Roma, per esempio sull’acquisizione di Stx da parte di Fincantieri (saltata per volontà francese), sul dossier Euronext e non solo. Il Trattato del Quirinale consentirà di appianare le divergenze a monte, con un meccanismo di concertazione e dialogo regolare, al fine di scongiurare malintesi e tensioni a valle. Meglio discutere vivamente nella fase iniziale anziché recriminare pubblicamente dopo”.

Il Trattato ricalca il meccanismo già in vigore tra Parigi e Berlino grazie al trattato dell’Eliseo del 1963, rinnovato ad Aquisgrana nel 2019 tra Macron e Merkel. “Esatto, è un meccanismo che funziona. Lo vedo ogni giorno al Parlamento europeo: francesi e tedeschi non concordano su tutto ma il dialogo permanente li aiuta a superare le divergenze anziché metterle in piazza quando è troppo tardi”. Matteo Renzi e Carlo Calenda sono entrambi al lavoro per il cantiere del centro che verrà. Lei segue il progetto? “Lo reputo assolutamente necessario dal momento che in Italia non esistono più centrodestra e centrosinistra, il Pd rincorre i populisti a cinque stelle mentre la destra è schiacciata dal fronte sovranista. Ci vuole un’alleanza politica che veda in Draghi un’opportunità e non un male necessario. Il nostro paese ha bisogno di un progetto ‘Italia 2030’, sulla falsariga di ‘Francia 2030’, annunciato da Macron a ottobre”. Troppi leader per un unico contenitore? “In questi casi servono generosità e lungimiranza. Dopo il disastro di Giuseppe Conte e dell’uno vale uno, dobbiamo ristabilire il principio del merito e della competenza. Occupiamoci dei contenuti, poi si deciderà il portavoce o la portavoce. Se fosse donna, sarebbe meglio”.