(foto Ansa)

modesta proposta

Perché chiedere alle imprese di finanziare i tamponi è una buona idea

Claudio Cerasa

Spinta alla vaccinazione, protezione dell’economia, screening del paese e tregua sociale. Green pass e pacificazione: ok, come si fa? La soluzione passa dagli stessi imprenditori

Non sarebbe un passo indietro, non sarebbe un cedimento, non sarebbe un’autosconfessione ma sarebbe al contrario un modo intelligente per trovare un compromesso utile per tenere insieme tutto: la spinta alla vaccinazione, la lotta contro la pandemia, la sicurezza nei luoghi di lavoro, la protezione dell’economia, lo screening del paese e un briciolo di pace sociale. Il  green pass, come sappiamo, da oggi diventerà obbligatorio per andare a lavorare e l’Italia, da oggi, sarà un paese ancora una volta all’avanguardia rispetto al resto del mondo nella lotta contro la pandemia: siamo stati all’avanguardia, sfortunatamente, nel marzo del 2020, quando l’Italia è stato il primo paese democratico dell’occidente a sperimentare un lockdown; siamo stati all’avanguardia nel febbraio del 2021, quando l’Italia è diventato il primo grande paese democratico dell’occidente ad avere affrontato la gestione della pandemia con una grandissima coalizione; siamo stati all’avanguardia nel marzo del 2021 quando l’Italia è stato il primo grande paese democratico dell’occidente ad aver reso obbligatorio il vaccino per il personale sanitario; siamo stati all’avanguardia negli ultimi mesi con una percentuale di vaccinati che in Europa è seconda solo a Norvegia e Danimarca; e siamo all’avanguardia anche oggi con la trasformazione del green pass, unico caso al mondo, in uno strumento necessario per andare al lavoro.

L’Italia ha dimostrato in questi mesi di avere una tenuta sociale da far invidia a molti paesi europei ed è probabile che alla fine dei conti anche la gestione della fase due del green pass possa incontrare meno resistenze del previsto (solo ieri sono stati scaricati quasi 600 mila nuovi certificati: wow!). Ma se si entra nella logica che il processo di pacificazione del paese non è un tema secondario rispetto al processo di vaccinazione del paese si capirà bene perché la proposta avanzata ieri dal segretario della Cgil Maurizio Landini merita di essere considerata con attenzione. Anche da parte del governo. E la ragione è semplice. Landini ha detto di aver sollecitato il presidente del Consiglio sulla necessità di un abbassamento molto forte del costo dei tamponi. E poi ha aggiunto che sarebbe molto importante che tutte le imprese, non solo qualcuna, assumessero l’onere del pagamento del tampone per tutti i lavoratori. A prima vista, la proposta di Landini potrebbe sembrare controproducente rispetto all’obiettivo di far vaccinare più persone possibili: se dai un tampone gratuitamente a chi non si vuole vaccinare l’obiettivo di far vaccinare più persone possibili rischia di essere mancato. Se si osserva però con uno spirito diverso la proposta di Landini si capirà che eliminare il tema del “dover pagare per non perdere il lavoro” può aiutare a separare con nettezza il fronte dei nemici non estremisti del green pass da quello dei più estremisti (i rivoltosi del porto di Trieste, alla notizia dei possibili tamponi gratis, si sono divisi), può aiutare i lavoratori misteriosamente scettici sui vaccini a non sentirsi discriminati  (con la consapevolezza che dopo un certo periodo di tempo fare tre tamponi a settimana potrebbe diventare per il proprio fisico uno sforzo superiore a quello di farsi un vaccino già utilizzato da miliardi di persone) e può aiutare a non mettere in pericolo i propri colleghi vaccinati (più green pass uguale più libertà, sì, ma meno scioperi uguale meno tensioni e anche più lavoro). E in tutto questo la ragione per cui sarebbe cosa buona e giusta che fossero le aziende a occuparsi dei tamponi, e anche del loro costo, non sarebbe una decisione punitiva per gli imprenditori (che avrebbero tutto il diritto di chiedere gli sgravi dello stato) ma sarebbe al contrario un’occasione ulteriore per le imprese di fare un investimento sulla sicurezza dei propri lavoratori finalizzato a far sentire i propri dipendenti più sicuri e più protetti e offrendo ai propri dipendenti una piccola lezione di responsabilità e di buon welfare  aziendale. Viva il green pass, viva la corsa alla vaccinazione, viva la saggezza delle aziende, viva la pacificazione. La sfida contro gli estremismi, in fondo, oggi passa anche da qui. 

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.