(foto Ansa)

L'antipopulismo dei populisti, il nuovo show da non perdere

Claudio Cerasa

L’imperativo del M5s, che si mostra affidabile certificando l’inaffidabilità della propria vita precedente. Il cammino della Lega, guidata da un leader che andrebbe da tutt’altra parte. E il merito va a Mattarella e Draghi

E’ più o meno dal 5 marzo del 2018 che tutti gli osservatori e tutti i politici allergici alle istanze antisistema cercano con poca fortuna di capire quale tra i partiti presenti in campo potrebbe essere considerato quello giusto per provare a combattere ogni forma di populismo. E’ più o meno da quella data che molti osservatori cercano di capire se l’antipopulismo si trova più al centro o forse più a sinistra o forse più a destra, ed è più o meno da quella data che ogni scommessa antipopulista tende a risultare ben al di sotto delle aspettative. Siamo ottimisti, lo sapete, e pensiamo che prima o poi la destra, la sinistra e persino il centro riusciranno a trovare una formula magica capace di regalare qualche soddisfazione. Ma nell’attesa di poter dire eccolo, eccoci arrivati a quel giorno, c’è una piccola e spassosa verità che per quanto paradossale merita di essere riconosciuta. E la verità è questa: i migliori nemici del populismo sono coloro che il populismo hanno provato a portarlo al governo.

I populisti, nella stagione del governo gialloverde, ci hanno mostrato con evidenza cosa sono capaci di fare e la loro incompetenza li ha portati al punto in cui ci troviamo oggi, in cui per governare hanno bisogno di allearsi con i propri nemici, in cui per governare hanno bisogno di rimuovere ciò che hanno combinato nel passato, in cui per governare hanno bisogno di affidarsi agli stessi competenti che hanno sempre combattuto e in cui per mostrare affidabilità hanno bisogno di dimostrare di non essere più quelli di un tempo. I migliori nemici del populismo sono dunque coloro che il populismo hanno provato a portarlo al governo e per rendersene conto è sufficiente osservare cosa stanno combinando in queste ultime settimane il M5s e la Lega, che per ragioni diverse tra loro stanno offrendo uno show semplicemente formidabile. Da una parte c’è un movimento, come il M5s, che per provare a costruirsi un futuro tenta ogni giorno con fortune alterne di combattere contro ciò che ha contribuito ad alimentare. Succede così che il M5s si scopra improvvisamente garantista (ricordate la piovra del Pd?). Succede così che il M5s si scopra improvvisamente a favore dei vaccini per tutti (ricordate le urla di Paola Taverna contro il vaccino per i bambini?).

Si scopre così che il M5s si scopra improvvisamente contro le fake news (vai avanti tu che a me vien da ridere). Succede così che il M5s si scopra improvvisamente sostenitore in politica dell’uso di un linguaggio non violento (dallo statuto del M5s, già partito del vaffa: “La cura delle parole, l’attenzione per il linguaggio adoperato sono importanti anche al fine di migliorare i legami di integrazione e di rafforzare la coesione sociale”). Succede così che il M5s si scopra improvvisamente interessato non a distruggere i partiti ma a utilizzare la forma del partito per provare a salvare il movimento (è il compito di Giuseppe Conte). L’imperativo è sempre lo stesso: mostrare affidabilità certificando l’inaffidabilità della propria vita precedente. E in un certo modo, seppure con sfumature diverse, lo stesso processo sta avvenendo all’interno della Lega di Matteo Salvini, con una differenza importante: mentre il M5s ha scelto di farsi guidare da un leader deputato a far dimenticare tutto ciò che il M5s ha fatto negli ultimi anni, la Lega si ritrova guidata da un leader costretto a seguire una linea che appare sempre più diversa da quella che lui vorrebbe. L’euro, lo sappiamo, è reversibile per Salvini ma non lo è per la Lega che appoggia Draghi in Consiglio dei ministri. L’Europa, lo sappiamo, è un nemico da cui scappare per Salvini ma non lo è per la Lega che appoggia Draghi in Consiglio dei ministri.

I vaccini per tutti, anche per gli under 40, sono sconsigliati da Salvini ma sono invece consigliati da tutti i governatori di regione che se la intendono con la Lega che appoggia Draghi in Consiglio dei ministri. Il green pass, come sappiamo, Salvini non avrebbe voluto estenderlo per fare qualsiasi cosa, come è successo venerdì scorso in Consiglio dei ministri, mentre la Lega che se la intende con Draghi in Cdm il green pass lo vorrebbe per tutto. E’ un movimento carsico, sottile, quotidiano, che difficilmente, come successo nel M5s, si tradurrà in un rovesciamento di leadership ma che ha un effetto non diverso da quello messo in mostra dal grillismo: l’affidabilità dei partiti populisti è direttamente proporzionale alla capacità che quei partiti hanno di cancellare le tracce di ciò che sono stati. Il piccolo capolavoro del mandato di Sergio Mattarella, in fondo, è tutto qui: aver messo i populisti di fronte ai loro errori e ai loro orrori e aver contribuito a trasformare i partiti un tempo populisti nei peggiori nemici di ciò che sono stati. E l’antipopulismo dei populisti, arrivato al suo apice con il sostegno degli ex nemici di Draghi al governo Draghi, è forse lo spettacolo più spassoso di questa pazza legislatura. Il populismo non si batterà così, ma per il momento lo show è di fronte a noi e vale la pena non perdersi nemmeno una scena.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.