Enrico Michetti (foto Ansa)

cintura di contenimento

Michetti si è trasformato in Houdini

Salvatore Merlo

La geniale strategia dei “rianimatori” al capezzale del candidato a Roma: farlo sparire

Lunedì tutti lo cercavano in centro, perché doveva partecipare a un convegno. E invece Enrico Michetti, mitologico candidato sindaco del centrodestra a Roma, se n’era andato a Tor Bella Monaca, in periferia, senza dire niente a nessuno. I giornalisti tutti di qua, e lui tutto di là.  “Meno lo si vede, meglio è”, pensano i suoi.  Così il giorno prima, domenica 12, per dire, televisioni e giornali lo aspettavano in un centro commerciale a Battistini. E invece lui, puff, è comparso al ghetto ebraico, tomo tomo cacchio cacchio. Dribblando quelle iene dattilografe dei cronisti e scortato dall’intero staff della comunicazione, cioè i ragazzi che tra loro usano chiamarsi con tenero compatimento infermieristico “i rianimatori”. C’era ovviamente pure un cameraman personalizzato, ché se per caso al candidato gli scappa un’altra citazione di Romolo Augustolo, quello la taglia via subito dal video. E’ la strategia Houdini. Apparire e scomparire. Esserci ma non esserci. E soprattutto non parlare mai di fronte a microfoni, e dispositivi digitali in genere, che non siano nel totale controllo del  portavoce, Daniele Di Mario, dell’abile spin doctor, Luigi Di Gregorio, delle due agenzie di comunicazione che lo (in)seguono, Wengage e AlphaOmega, e del social media manager Enrico Maria Casini. Oggi si entra nel vivo della campagna elettorale con un appuntamento  a piazza del Popolo. Alle 16.30. Come viene reclamizzato? Così: COMIZIO DI GIORGIA MELONI. Segue scritta in carattere assai minuscoli: “Per Michetti sindaco”. E infatti lui c’è, ma anche no.  

 

Il 9 settembre, alle 16.45, lo si attendeva in una libreria di viale Somalia, avevano chiamato tutti a raccolta, e considerato il simbolismo del luogo già si pregustavano citazioni sulla vocazione imperiale di Roma, ascari e Negus…  Ma ancora una volta – abracadabra – Michetti è scomparso per riapparire dall’altra parte della città, cioè in via Gregorio VII. Houdini, appunto. Il fatto, si diceva,  è che il simpatico avvocato non deve apparire disarmato  di fronte a un pericoloso giornalista. Ma soprattutto: è decisivo  che il simpatico avvocato dica solo quello che gli viene scritto. Cosa che, per la verità, non sempre succede, anzi quasi mai. L’altro giorno questa perla: “Augusto non faceva dpcm”.

Dicono, ma è certo una malizia, che Michetti non si sia del tutto accorto della strategia da cintura di contenimento  che gli hanno messo intorno. E che insomma non abbia ben capito che i suoi “rianimatori” distribuiscono alle agenzie di stampa, ogni giorno, una finta agenda di appuntamenti mentre in realtà ne seguono un’altra parallela e segreta. Difatti pare che ieri, proprio  mentre parlava per strada con un macellaio, circondato soltanto dal cordone del suo staff e dalla solita telecamera che gli confeziona le clip per Facebook, Michetti abbia chiesto, sorpreso,  ai suoi: “Ma com’è che non ci sono mai giornalisti?”. Seguiva un’espressione attonita e satolla.  Chissà se è vero. Certamente è vero che l’avvocato è convinto di vincere. Certissimo. E di vincere addirittura al primo turno, niente meno.  Senza ballottaggio. Ecco infatti  una sua frase tipica di questi giorni, pronunciata col tono di chi ha dalla sua parte una logica inoppugnabile, se non addirittura la verità: “La gente mi ama”. Appunto. Quando Michetti dice così di fronte ai “rianimatori” che Fratelli d’Italia gli ha disposto al capezzale,  quelli sorridono, con l'infinita pazienza di Cristo verso Tommaso. E mentre lo sospingono verso l’appuntamento successivo, ma non quello pubblicato su internet bensì quello segreto e protetto, gli dicono “sì sì” con un cenno del capo.

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  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi erasmiana a Nottingham. Un tirocinio in epoca universitaria al Corriere del Mezzogiorno (redazione di Bari), ho collaborato con Radiotre, Panorama e Raiuno. Lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.