verso il campidoglio

A Roma le elezioni sono una commedia: dal timido Gualtieri a sor Carletto

Gianluca De Rosa

Tra Michetti "il telecomandato", Virginia "mamma Roma" e gli altri due candidati al Campidoglio, la campagna elettorale si trasforma in uno show 

Chi lo avrebbe mai detto che, a un certo punto, persino la citofonata sarebbe diventata una categoria della politica. Qualche campagna elettorale fa, in Emilia-Romagna, la inaugurò Salvini. Dlin dlon. “Scusi ma è lei il pusher?”, intimò a favore di telecamere il leader della Lega a un minorenne che, girava voce, spacciasse. Ieri pomeriggio Carlo Calenda ha cercato di dare un nuovo significato al format. Si cercano elettori, non spacciatori. La partenza è la stessa. Dlin dlon. Cambia il seguito. “Sono il candidato sindaco Carlo Calenda, posso salire per fare quattro chiacchere con lei?”. Campagna porta a porta, all’americana, cominciata a San Giovanni con schiera di supporter con le t-shirt brandizzate “Calenda sindaco” al seguito. Già la modalità dice tanto di come il candidato e leader di Azione si pone con la gente che incontra in campagna elettorale. Totale informalità, empatia quasi esagerata (“Ah, ha la sciatica, nessuno la capisce come me sono stato due mesi al letto, un incubo!”). Calenda non si arrende neanche davanti a chi di votarlo non ha alcuna intenzione. “Mio marito la vota, ma, mi perdoni, a me proprio non convince, mi sembra lontano dalla gente”. “Ma come signora sono diventato padre a 16 anni, lavoro da sempre… dai prenda il cellulare facciamo insieme un video per suo marito… Signore qui sua moglie non si fida, mi aiuti lei, confido nella sua capacità di persuasione”. Quando poi il leader di Azione sente odore di veracità popolare, allora si trasforma nel sor Carletto, tirando fuori un romanesco forzato, convinto, si direbbe, di aumentare le chances di persuadere i suoi interlocutori: “Ahò signora io gliel’ho detto, se vuole risolvè ‘sto problema della monnezza un’idea ce l’ho però votà sta a voi”.
 
Solo Virginia Raggi è ancora più brava di lui nell’incassare rimproveri e nel replicare senza paura (o con faccia tosta, dipende dai punti di vista). La sindaca è scafata sul punto. Sa aggiustare toni e linguaggio del corpo, si atteggia a Mamma Roma. Pronta ad ascoltare, rassicurare, promettere.  E così al pensionato che si lamenta di non arrivare a fine mese, accarezza la spalla, ricorda che i municipi sono sempre presenti, che i servizi sociali funzionano (bah). È materna anche con coloro che potrebbero essere i suoi nonni. Le vecchine le prende sotto braccio – “Facciamoci un giretto insieme –, ci posa per una fotografia: “Ecco qui, ha visto che bella?”. Ma il massimo sono i bambini. Quando in giro c’è una famiglia, Raggi sa come agire. “Ciao bello, come ti chiami? Che classe fai? Ma lo sai che anche io ho un figlio che è un po’ più grandicello di te, ma anche lui fa il tifo per la Lazio”. Dietro di lei c’è sempre la fida segretaria personale Francesca e quando le lamentele – marciapiedi rotti, strade dissestate, rifiuti che non vengono raccolti in questa o in quella via – diventano davvero troppe, c’è sempre quel rifugio. “Aspetti, aspetti dica tutto a Francesca che così poi quando noi torniamo in ufficio controlliamo e cerchiamo di risolvere”.
 

L’informalità e la fisicità di Calenda e Raggi fanno letteralmente a pugni con il profilo freddo, serio istituzionale di Roberto Gualtieri, il timido di questa campagna elettorale. Il suo staff ha scelto per i tour elettorali del candidato un approccio semplice, qualche militante al seguito e volantinaggi. Nelle strade come, nei mercati. E lui, va detto, ci prova. Sorride, a chi non lo conosce ricorda i suoi trascorsi da ministro e consegna i volantini con la sua faccia. Dà la sensazione, però, di non trovarsi propriamente al suo posto. Con qualcuno che entra nello specifico di quello o quel tema, dai rifiuti all’urbanistica, si ringalluzzisce. Studia tutti i quartieri che va a visitare e quindi è pronto a fermarsi e parla volentieri, anche un quarto d’ora. Ma se si tratta di chiacchera informale, entra in confusione anche se davanti a lui ci sono militanti dem. Racconta una signora che lo ha conosciuto durante l’apertura della campagna elettorale a Primavalle: “Me lo hanno presentato, mi ha stretto la mano e non mi ha neanche detto ‘piacere di conoscerla’, ‘lei che fa nella vita’, che ne so, una frase per far capire che era interessato a sapere qualcosa di me”. Per empatia, insomma, Gualtieri non brilla. Il candidato del centrosinistra però cerca di sopperire con la serietà. E quindi eccolo lì impeccabile e concentrato che si posa su un automobile o su un muretto per prendere appunti sulle beghe di quartiere di signore e signori. Senza pacche sulle spalle, sorrisi o frasi di rassicurazione, ma con una dedizione secchiona che, chissà, qualcuno potrebbe anche apprezzare. Dicono, in particolare gli anziani, “Si vede che è una persona seria”.

 
L’aspirante tribuno della plebe Enrico Michetti, invece, almeno per adesso, sembra più quello della vendita al dettaglio. I suoi incontri sono per lo più con commercianti e professionisti, ma anche quando ci sono residenti, si tratta di persone già preselezionate dai partiti. Bagno di folla sì, ma militante. La caratteristica principale dei suoi giri è la costante presenza di Giorgia Meloni. D’altronde, la leader di Fratelli d’Italia lo ha ribadito anche oggi annunciando la manifestazione in piazza del Popolo del 18 settembre: “Sarò con Enrico in tutti e 15 i municipi di Roma, chi voleva me come sindaco si deve fidare di me e votarlo”. La brillante campagna di comunicazione “Michetti chi?”, con tanto di manifesti in tutta Roma, non ha avuto gli effetti sperati. Michetti è ancora ignoto ai più. E così si trova ad essere un candidato trascinato, portato a presso dalla leader. Come oggi pomeriggio a Laurentino 38 dove è arrivato con Meloni. Lei, stringe mani, scatta selfie, dispensa consigli e auguri, ma spesso si dimentica anche solo di presentare il candidato che così si ritrova a seguire dietro. Mischiato e confuso con il codazzo di staff, fotografi e giornalisti. Un bel problema. Prova a rifarsi quando le sue competenze di avvocato possono rendersi utili. Arriva un volontario della protezione civile e allora Michetti, all’inseguimento di Giorgia, tenta: “Sulla questione dei locali serve una convenzione con l’ente locale, lo strumento giuridico lo dobbiamo ancora capire, ma lo faremo, glielo assicuro”. Poi però si riperde. E così, mentre dentro un alimentari (che ha offerto pizzette ai nuovi arrivati) un giovane fruttivendolo egiziano chiede una foto con la Meloni, Michetti tentenna, si guarda intorno, poi, prova. Come un photobomber qualsiasi si piazza dietro ai due per apparire anche lui nello scatto. È tutto molto complicato. D’altronde, lo ha spiegato lui stesso: “Gli altri candidati vogliono un confronto tv? Per me non c’è problema, ma prima mi devono conoscere i cittadini, la Raggi da 5 anni sanno tutti chi è, a me prima della campagna elettorale non conosceva nessuno”.