Il flop degli estremisti no vax non è solo nelle stazioni ma anche nei tribunali

Claudio Cerasa

No vax e anti green pass sono irrilevanti e pericolosi. Ma mai quanto certi politici (e magistrati) convinti che cavalcare la protesta possa portare consenso. Intanto la Lega vota contro il green pass. Un appello: pragmatismo sì, gratterismo no

I No vax sono pericolosi, sono minacciosi, sono aggressivi e sono spesso intimidatori. Ma, come ci dimostrano i fotogrammi delle proteste organizzate ieri in 54 stazioni ferroviarie dai nemici del green pass, rappresentano anche una parte del paese talmente piccola da risultare alla prova dei fatti semplicemente evanescente, quasi inesistente. Quelle che dovevano essere poderose adunate organizzate per protestare contro la dittatura sanitaria (non tutti i No green pass sono No vax, ma tutti i No vax sono No green pass) si sono trasformate invece in una serie interminabile di giganteschi autogol. E il risultato è che nella giornata di ieri nessun treno è stato bloccato, nessun convoglio è stato disturbato e nessuno scontro, tranne l’episodio di un  manifestante fermato a Torino, è stato registrato dalle autorità giudiziarie. Un formidabile flop.

Speculare a un altro flop registrato negli ultimi mesi in un contesto ancora più delicato delle stazioni italiane, che coincide con l’ambito giudiziario. E anche qui, negli ultimi tempi, ci sono state sorprese. Da mesi, i tribunali di mezza Italia si ritrovano ad affrontare ricorsi su ricorsi di alcuni No vax sanzionati dai loro datori di lavoro. E da mesi, i tribunali di mezza Italia sono lì a dimostrare che i magistrati convinti che i vaccini siano “acqua di fogna”, come da celebre teoria di due noti antivaccinisti come Pasquale Bacco e Angelo Giorgianni, il cui ultimo libro è stato autorevolmente prefato da Nicola Gratteri, sono anche qui una piccola, sparuta e per fortuna irrilevante minoranza.

Piccoli esempi. A Bolzano, a metà agosto, sono stati rigettati i ricorsi presentati da due operatori sanitari che erano stati sospesi dal servizio senza retribuzione perché rifiutavano di vaccinarsi. A Lecce, il 26 agosto, il Tar ha confermato la sospensione dall’esercizio professionale presso la Asl di un medico non vaccinato (“nel giudizio di bilanciamento dei contrapposti interessi, la posizione della ricorrente e il diritto dell’individuo, sotto i vari profili evidenziati, debbono ritenersi decisamente recessivi rispetto all’interesse pubblico sotteso alla normativa, legato al rischio di diffusione della pandemia da Covid-19”). A inizio agosto, a Terni, un altro giudice ha rigettato un ricorso presentato da una operatrice socio-sanitaria contro la sospensione dal lavoro – e dallo stipendio – nei confronti di una lavoratrice che non aveva dato il proprio consenso a sottoporsi alla vaccinazione anti-Covid nella sua azienda. Il 10 agosto, a Ivrea, una dipendente di una Rsa, che si era rifiutata di vaccinarsi e che per questo era stata sospesa, si è vista respingere il ricorso da un altro giudice del lavoro che ha dato piena ragione ai titolari della Rsa affermando che “al singolo lavoratore è  garantita la possibilità di rifiutare il vaccino, seppur con le conseguenze ricadenti sulla prestazione lavorativa, ma in caso di rifiuto il datore di lavoro è tenuto ad adibirlo a mansioni lavorative non rischiose ove disponibili: si tratta di un equo contemperamento tra i diversi diritti e interessi coinvolti”. Ancora ad agosto, a Roma, il tribunale ha dato ragione a un datore di lavoro che, in seguito al rifiuto volontario al vaccino anti Covid-19 di un dipendente, aveva sospeso il lavoratore lasciandolo a casa senza stipendio.

Dalle stazioni fino ai tribunali, passando per le scuole e per gli hub vaccinali, il filo conduttore dell’Italia, da mesi, è lo stesso: il pragmatismo supera il complottismo, compresa la variante del gratterismo, e il cretinismo tende a vivere più nella testa di alcuni politici che nei ragionamenti degli elettori (la Lega, per capirci, ieri in commissione ha votato contro il green pass). I No vax sono pericolosi, certo, ma non sono meno pericolosi  coloro che fingono di non capire che differenza c’è tra una minoranza diabolicamente rumorosa e una maggioranza magnificamente silenziosa. Più pragmatismo, meno complottismo, grazie.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.