Giorgia Meloni (foto Ansa)

Il virus uccide un poliziotto no vax e Meloni dà la colpa ai migranti

Annarita Digiorgio

Il dramma di Candido Avezzù e il cortocircuito della destra sovranista che si dimentica di ricordare che non era vaccinato

Taranto. “Candido Avezzù, uno dei poliziotti contagiati all’hotspot di Taranto, non ce l’ha fatta. Non si può morire così, pagando con la vita per l’indisciplinata gestione dell’accoglienza delle istituzioni”. Chissà se con quel “così” Giorgia Meloni intendeva “così, da novax”. “Ci stringiamo alla famiglia per la tragica perdita – continua il post del leader di Fratelli d’Italia – Che la terra ti sia lieve Candido, grazie per il tuo impegno e la tua dedizione nei confronti della collettività”.

Candido detto Chicco Avezzù, poliziotto di 58 anni è morto dopo un mese da quando ha contratto il covid senza vaccino. Lo ha contratto mentre prestava servizio presso l’hotspot di Taranto. Ma Giorgia Meloni da la colpa all’accoglienza migranti, e non al fatto che non fosse vaccinato. Candido faceva parte della Mobile di Padova e aveva prestato servizio a Taranto dal 13 al 23 luglio, al fianco della sua squadra e di quella del reparto mobile di Senigallia. Proprio in quei giorni era scoppiato il focolaio su almeno 30 migranti positivi. L’allarme fu lanciato il 21 luglio dai sindacati di polizia, che da tempo denunciavano le condizioni di insicurezza dell’hotspot di Taranto. A distanza di pochi giorni gli stessi sindacati hanno poi annunciato la positività anche di diversi poliziotti. Di tutto questo non vi sono riscontri nelle comunicazioni ufficiali degli enti locali, nei giorni in cui i sindacati annunciavano la presenza del focolaio all’interno dell’hotspot di Taranto non si ritrovavano registrati questi numeri nel bollettino regionale covid né tra i positivi registrati a Taranto né segnati (come si fa per i migranti) tra i fuori regione. Tantomeno è arrivata successivamente alcuna comunicazione dalla asl locale o dal Sindaco di Taranto, che pure in passato avevano pubblicato comunicati ad hoc per casi di positività nella fabbrica Ilva.

Candido Avezzu ha scoperto di essere positivo 4 giorni dopo il suo rientro a Padova. Come racconta la sua fidanzata al Corriere Veneto si è recato all’ospedale di Jesolo ma gli hanno prescritto una cura antibiotica da fare in casa, le sue condizioni sono peggiorate e tre giorni dopo si è presentato di nuovo davanti ai medici, che solo a quel punto l’hanno trasferito a Dolo per il ricovero. Candido fino all’ultimo diceva di essere più forte del covid, e di riuscire a sconfiggerlo. Mentre aveva paura di una trombosi, per questo non si era voluto vaccinare. Era un convinto no vax dice oggi la fidanzata. Eppure anziché concentrarci su questo, sul fatto che purtroppo il poliziotto è morto perché non era vaccinato, è partito subito lo sciacallaggio sui migranti.

Oltre al post di Giorgia Meloni, anche il tweet di Matteo Salvini: “È morto per covid, dopo un mese, un poliziotto impegnato presso l'hotspot di Taranto, che ospitava 300 migranti, 33 dei quali positivi. Proprio al centro di accoglienza aveva contratto il virus... Intollerabili situazioni del genere. Le nostre Forze dell’Ordine vanno tutelate! Qualcuno ha visto la Lamorgese?”. Forse Salvini vorrebbe chiedere a Lamorgese come si possa mandare a contatto con positivi un poliziotto non vaccinato. Eppure il sindacato di polizia annunciando il decesso di Avezzù ancora una volta si scaglia contro i vaccini: “Ci impongono assurde regole come il Green pass nelle mense e poi ci mandano al macello, in mezzo alla folla, negli hotspot, a contagiarci e a mettere a rischio le nostre famiglie oltre che i nostri colleghi”. Queste le parole di Fabio Conestà, segretario generale del Movimento sindacale autonomo di polizia, che ha dato la notizia della scomparsa del collega.

La notizia drammatica di Avezzù accende poi i riflettori anche su un altro tema che è quello che riguarda l'hotspot di Taranto. Una struttura fantasma realizzata con dei conteiner sul porto nel 2016. Ha ospitato in totale circa 26 mila migranti. Non è una struttura di accoglienza, ma di identificazione, quindi priva dei servizi necessari per la permanenza (dai legali, ai luoghi di culto). Solo la brevità della sosta infatti può giustificare una struttura del genere nella terra di mezzo tra il porto mercantile e l’Ilva, esattamente sotto i nastri trasportatori del minerale di ferro, nonché 400 brande attaccate all’interno di container, anche quelli, come tutta la zona circostante, rossi di polvere a causa del fermo imposto da Ilva alla Cimolai che stava terminando la copertura delle cupole dei parchi minerari. Eppure nei primi anni vista l’emergenza sbarchi i migranti stanziavano nell’hotspot di Taranto, sovraffollato e spoglio, per molti mesi, tanto che la Cedu ha segnalato l’Italia per violazione dei diritti umani. Col calo degli sbarchi, dal 2018, è rimasto quasi vuoto e inutilizzato, diventando sede di smistamento per migranti liberi in uscita da Ventimiglia secondo la strategia di alleggerimento delle frontiere. Finché con una circolare Covid lo scorso anno da centro di prima accoglienza, identificazione e smistamento per non più di 72 ore è stato trasformato in una struttura per il ricovero in quarantena di almeno 14 giorni di migranti già identificati a Lampedusa. Senza averne le caratteristiche di ospitalità sanitaria, di sicurezza e umana adeguate. E senza Green pass. 

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