Giorgia Meloni e Matteo Salvini (Ansa)

il richiamo della foresta

Altre bancarotte intellettuali dei liberali per Meloni e Salvini sul Green pass

Pasquale Annichino

Le posizioni dei due leader, e degli "intellettuali" che li sostengono, impongono un ragionamento sullo stato dell’arte delle idee della destra italiana, che appare spesso in preda al confusionismo fusariano della miglior specie

Nelle ultime ore Giorgia Meloni e Matteo Salvini si sono espressi contro l'obbligatorietà del Green Pass per partecipare ad alcuni eventi o per entrare in luoghi pubblici (bar; ristoranti, etc.). Le parole utilizzate da entrambi sono abbastanza eloquenti. Per Giorgia Meloni: “L’idea di utilizzare il green pass per partecipare alla vita sociale è raggelante, è l’ultimo passo verso la realizzazione di una società orwelliana. Una follia anticostituzionale che Fratelli d’Italia respinge con forza. Per noi la libertà individuale è sacra e inviolabile”. Per Matteo Salvini: “Vaccino, tampone o Green Pass per entrare in bar e ristoranti? Non scherziamo”.

 

Secondo tale ricostruzione, e in quella di alcuni “intellettuali di destra” che a ruota hanno immediatamente seguito, questa sarebbe una posizione da rivendicare in nome dell'opposizione al "controllo statalista" della sinistra. Sarebbe possibile offrire argomenti di fatto e di opportunità per rigettare tale posizione, infatti questo sta già avvenendo nel dibattito pubblico. È però forse opportuno concentrarsi sullo stato dell’arte delle idee della destra italiana che appare spesso in preda al confusionismo fusariano della miglior specie. La posizione di Salvini e Meloni, e di questi “intellettuali”, non è infatti “di destra” o conservatrice. Al massimo è un classico esempio di bancarotta intellettuale. Questo non può non destare preoccupazione se affrontiamo un’analisi di medio periodo in cui le forze politiche della destra italiana si preparano a governare il Paese. Siccome le idee hanno delle conseguenze, quello che pensano Giorgia Meloni e Matteo Salvini è destinato ad avere un impatto rilevante sul futuro del Paese. È una questione che non interessa solo la destra italiana, ma tutti.

 

Se è vero che spesso l’apparato dei poteri pubblici si mostra invasivo rispetto alle libertà degli individui è innegabile che un ritorno a misure restrittive delle libertà personali andrebbe ad incidere pesantemente proprio su quegli elettori che Meloni e Salvini pretendono di rappresentare (basti pensare al mondo della piccola imprenditoria e degli autonomi). Cosa è dunque “di destra” se non sacrificare, in base a requisiti di proporzionalità e ragionevolezza che andranno opportunamente valutati, una parte della propria libertà individuale in nome del bene collettivo? È comprensibile che il richiamo della foresta e il ricorso al confusionismo rappresenti una comoda alternativa rispetto alla strutturazione di un pensiero complesso. Allo stesso tempo lo sloganismo da social fomenta l’ansia da prestazione dei leader. Ma l’ultima stagione politica dovrebbe averci insegnato le conseguenze di queste scelte. Come ha ricordato David Puente su Open, nel 2018 un’influente esponente politico della destra italiana scriveva che “Sui vaccini occorre avere l’umiltà di affidarsi alla comunità scientifica (…) È un tema che non va affrontato a livello ideologico: lasciamo stabilire a chi ha competenze quali siano i vaccini necessari e obbligatori”. Quell’esponente politico era Giorgia Meloni.

 

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