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Discoteche chiuse, scuole aperte

Claudio Cerasa

No: non è un rischio ragionato riaprire spazi dove il droplet viaggia a una velocità di crociera consistente. La lezione olandese e quella di Singapore. E un’opzione per evitare disastri (anche con le scuole)

La prossima eccitantissima polemica che sembra profilarsi con insistenza all’orizzonte della nostra pandemia è una polemica al centro della quale si trova una parola destinata a diventare particolarmente divisiva nelle prossime ore, quando buona parte della destra italiana la trasformerà nel simbolo estremo di una nuova libertà negata: le discoteche.

Ci vogliono togliere tutto, diranno. Ci vogliono togliere il futuro, ci vogliono togliere la pace, ci vogliono togliere il benessere, ci vogliono togliere il divertimento e noi – affermeranno con gagliardo e virile orgoglio i politici che considerano le restrizioni contro il virus ormai più pericolose del virus – combatteremo con tutte le nostre forze per evitare questo sopruso e difendere la vostra libertà. Matteo Salvini, naturalmente, lo ha già fatto da tempo e fottendosene allegramente di quello che purtroppo sta succedendo in giro per l’Europa – la Corte Superiore di Giustizia della Catalogna ha autorizzato la reintroduzione del coprifuoco notturno tra l’una di notte e le sei del mattino, l’Olanda ha decretato un nuovo coprifuoco a partire da mezzanotte e ha scelto di richiudere, dopo che le aveva aperte, le discoteche e i night club – ha detto che “tenere ancora chiuse in Italia le sale da ballo, le discoteche non ha senso né medico né scientifico, umano, economico, culturale”. Dunque, basta allarmismo, dice Salvini, l’emergenza non c’è più, il grande pericolo è alle spalle e l’imperativo non può che essere quello: divertirsi, divertirsi, divertirsi.

Problema: ma siamo sicuri sia una buona idea? E siamo sicuri sia un rischio ragionato quello di riaprire degli spazi in cui per forza di cose la diffusione dei droplet viaggia a una velocità di crociera molto consistente? Alcune piccole storie possono aiutare a riflettere.

Una prima storia è quella che arriva dall’Olanda dove a fine giugno, nella città di Enschede, nei Paesi Bassi orientali, un’importante discoteca ha scelto di fare un esperimento: aprire i propri spazi a tutti coloro in grado di presentare un certificato di vaccino o un test negativo fatto nelle 48 ore precedenti. In pratica: si entra solo con un green pass. Risultato: in discoteca sono entrati in 650. Giorni dopo si è scoperto che tra quei 650 sono risultate positive 165 persone. E a dieci giorni di distanza la città di Enschede ha registrato un aumento dei casi pari al 145 per cento.

Una seconda storia interessante è quella che arriva da un paese virtuoso nella gestione della pandemia: Singapore. A Singapore due giorni fa le autorità sanitarie hanno sospeso le attività di buona parte dei locali notturni dopo una serie di cluster rilevati in alcune discoteche e sale da karaoke.

Il problema è sempre lo stesso: senza un’immunità di gregge completa ci sono alcuni rischi ragionati che si possono correre (andare a mangiare al ristorante) e altri rischi che è preferibile non correre (urlarsi in faccia in discoteca). Non si tratta, come vorrebbe qualcuno, di voler dare uno schiaffo in nome dell’anti briatorismo ai martoriati gestori dei locali notturni. Si tratta solo di provare a fare un piccolo ragionamento che brutalmente potremmo sintetizzare così: se si assume che la priorità per i prossimi mesi sia evitare la diffusione di contagi in un momento cruciale per la vaccinazione e se si assume che una priorità per i prossimi mesi sia  evitare che il ritorno a scuola possa essere pregiudicato da un aumento incontrollato dei contagi tra i più giovani non varrebbe la pena usare un po’ di quel tesoretto messo da parte dal governo sui ristori bis (circa 4 miliardi) per foraggiare i gestori dei locali notturni chiedendogli di restare chiusi ancora per una stagione? O, in alternativa, visto ciò che è successo in Olanda dove i tamponi non sono stati sufficienti per tenere il virus fuori dalle sala da ballo, non si potrebbe pensare a una riapertura dei locali notturni solo ed esclusivamente per i vaccinati e per i guariti? Il tema c’è, il guaio è evidente e le opzioni ci sono. E senza una soluzione in grado di scavallare il problema è difficile oggi non dire: disco chiuse (e foraggiate), scuole aperte (e salvate). Pensarci, please.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.